Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 45006 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 5 Num. 45006 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 26/06/1987
avverso la sentenza del 24/06/2024 del TRIBUNALE di FERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Fermo in composizione monocratica, con la sentenza emessa in data 24 giugno 2024, applicava a COGNOME pena concordata di mesi due di reclusione in ordine al delitto di lesioni personali aggravate dall’uso dell’arma e porto dell’arma.
Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di NOME COGNOME consta di unico motivo, enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il motivo deduce violazione di legge penale e mancanza di motivazione quanto alla qualificazione giuridica della condotta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’impugnata sentenza, pronunciata ai sensi dell’art. 444 e ss. cod. proc. pen., è stata applicata la pena indicata al ricorrente.
Il ricorso va dichiarato inammissibile, giacché proposto al di fuori dei casi previsti dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., come introdotto dalla legge n. 103 del 2017, che ha stabilito che il ricorso avverso la sentenza di patteggiannento è proponibile solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Infatti, va considerato che questa Corte, già prima dell’introduzione (con l’art. 1, comma 50, della legge 23 giugno 2017, n. 103) dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., aveva affermato che, in caso di patteggiamento ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., l’accordo intervenuto esonera l’accusa dall’onere della prova e comporta che la sentenza che recepisce l’accordo fra le parti sia da considerare sufficientemente motivata con una succinta descrizione del fatto (ben deducibile dal capo d’imputazione, come nel caso in esame), con l’affermazione della correttezza della qualificazione giuridica di esso, con il richiamo all’art. 129 cod. proc. pen. per escludere la ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste, con la verifica della congruità della pena patteggiata ai fini e nei limiti di cui all’art. Cost. (Sez. 4, n. 34494 del 13/07/2006, P.G. in proc. Koumya, Rv. 234824), come accaduto nel caso in esame,
La dedotta erroneità non si confronta con la motivazione della sentenza che evidenzia come la condotta sia correttamente qualificata dalle parti, risultando motivazione assolutamente congrua in quanto correlata alla rispondente imputazione, che già in sé delinea la corretta qualificazione giuridica.
D’altro canto, in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo, ai sensi dell’art. 448, comma 2bis, cod. proc. pen., l’erronea qualificazione giuridica del fatto contenuto in sentenza è limitata ai soli casi di errore manifesto, configurabile quando tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, sicché è inammissibile l’impugnazione che denunci, in modo aspecifico e non autosufficiente, come è nel caso in esame, una violazione di legge non immediatamente evincibile dal tenore dei capi di imputazione e dalla motivazione della sentenza (Sez. 4, n. 13749 del 23/03/2022, Gamal, Rv. 283023 – 01; mass. Conf. N. 33145 del 2020 Rv. 279842 – 01, N. 15553 del 2018 Rv. 272619 – 01,
N. 3108 del 2018 Rv. 272252 – 01, N. 25617 del 2020 Rv. 279573 – 01, N. 14377 del 2021 Rv. 281116 – 01).
Ne consegue, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, senza formalità di procedura, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., e che il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 01/10/2024