Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 45875 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 45875 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME CorradoCOGNOME nato a Napoli il 04/02/1959 avverso la sentenza del 28/03/2024 del G.i.p. del Tribunale di Asti visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 28 marzo 2024 il G.i.p del Tribunale di Asti, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., applicava a NOME COGNOME la pena concordata dalle parti (tre anni e sei mesi di reclusione) per il reato previsto dall’art. 416 cod. pen. e per vari reati-fine.
Ha proposto ricorso l’imputato, a mezzo del proprio difensore, chiedendo l’annullamento della sentenza per violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla individuazione del reato più grave, alla qualificazione giuridica del fatto, al mancato proscioglimento dell’imputato ex art. 129 cod. proc. pen., avuto particolare riguardo all’assenza di un concorso punibile da parte del ricorrente.
Il ricorso è inammissibile, ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione a quanto previsto dall’art. 448, comma 2 -bis, del codice di rito, inserito dalla legge 23 giugno 2017 n. 103, che consente l’impugnazione «solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza», intesa come sanzione non prevista dall’ordinamento giuridico ovvero eccedente, per specie e quantità, il limite legale e non già i profili commisurativi della pena stessa, discendenti dalla violazione dei parametri di cui all’art. 133 cod. pen. ovvero attinenti alla sussistenza di circostanze del reato ovvero al loro bilanciamento o ancora alla misura delle diminuzioni conseguenti alla loro applicazione.
Già prima della richiamata modifica legislativa, poi, era consolidato nella giurisprudenza il principio secondo il quale la motivazione della sentenza in relazione alla mancanza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen. può anche essere, come nel caso di specie, meramente enunciativa; la sentenza del giudice di merito che applichi la pena su richiesta delle parti, escludendo che ricorra una delle ipotesi di proscioglimento può essere oggetto di controllo di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, soltanto se dal testo della sentenza impugnata appaia evidente la ricorrenza di una delle cause di non punibilità di cui al suddetto articolo (Sez. 2, n. 41785 del 06/10/2015, COGNOME, Rv. 264595; Sez. 5, n. 31250 del 25/06/2013, Fede, Rv. 256359; Sez. 2, n. 6455 del 17/11/2011, dep. 2012, Alba, Rv. 252085).
Il principio è stato ribadito dalla costante giurisprudenza di legittimità successiva alla entrata in vigore della suddetta norma (v., ad es., Sez. 5, n. 21497 del 12/03/2021, COGNOME, Rv. 281182; Sez. F, n. 28742 del 25/08/2020,
COGNOME, Rv. 279761; Sez. 6, n. 1032 del 07/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278337; Sez. 2, n. 39159 del 10/09/2019, COGNOME, Rv. 277102).
Infine, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo l’erronea qualificazione giuridica del fatto deve essere limitata ai casi di errore manifesto, vale a dire quando tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione (Sez. 4, n. 13749 del 23/03/2022, COGNOME, Rv. 283023; Sez. 2, n. 14377 del 31/03/2021, COGNOME, Rv. 281116; Sez. 5, n. 33145 del 08/10/2020, Cari, Rv. 279842; Sez. 6, n. 25617 del 25/06/2020, COGNOME, Rv. 279573; Sez. 3, n. 23150 del 17/04/2019, COGNOME, Rv. 275971).
Nel caso di specie la qualificazione giuridica non è affatto eccentrica e il ricorrente, peraltro, neppure ha indicato quale sarebbe stata la corretta definizione giuridica dei fatti.
All’inammissibilità dell’impugnazione proposta segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 22/10/2024.