Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20738 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20738 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 05/10/2005
avverso la sentenza del 13/02/2025 del GIUDICE COGNOME PRELIMINARE di PAVIA
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all parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza emessa in data 13 febbraio 2025, secondo il rito di cui all’art. 444 cod. proc. pen., il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Pavia ha applicato a NOME COGNOME la pena di anni tre e mesi due di reclusione per il delitto di tentato omicidio, commesso in data 25/01/2024.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME per mezzo del proprio difensore avv. NOME COGNOME articolando un unico motivo, con il quale denuncia l’erronea qualificazione del reato, essendo la condotta sussumibile nel reato di lesioni personali.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, trattandosi di impugnazione proposta avverso una sentenza di applicazione della pena, pronunciata dopo l’entrata in vigore della novella di cui alla legge n. 103/2017, al di fuori dei casi previsti dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen..
Tale norma, introdotta dall’art. 1, comma 50, legge n. 103/2017, limita la ricorribilità in cassazione delle sentenze emesse ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., ai «motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza». E’ di tutta evidenza che il ricorrente, pur affermando di denunciare l’erronea qualificazione del reato, chiede una nuova e diversa valutazione del fatto e delle relative prove, peraltro limitandosi, genericamente, a sostenere l’assenza dell’animus necandi, senza peraltro indicare quali prove dimostrerebbero tale assenza, ovvero quali elementi sarebbero stati erroneamente valutati o preternnessi dal giudice.
Deve perciò applicarsi il principio dettato da questa Corte, secondo cui «In tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, anche successivamente alla introduzione della previsione dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo l’erronea qualificazione giuridica del fatto è limitata ai soli casi di qualificazione palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, con conseguente inammissibilità della denuncia di errori valutativi in diritto che non risultino evidenti dal testo de provvedimento impugnato» (Sez. 3, n. 23150 del 17/04/2019, Rv. 275971; vedi anche Sez. 4, n. 13749 del 23/03/2022, Rv. 283023). Nel caso di specie, dall’imputazione emerge che il ricorrente è accusato di avere trattenuto la vittima, sferrandole violenti calci e pugni, insieme ad altri, consentendo così ad un ulteriore complice di colpirla con numerose coltellate in zone vitali del corpo, e di avere cessato l’azione solo per avere creduto ormai deceduta la vittima
stessa: la qualificazione di questa condotta come un tentativo di omicidio volontario, pertanto, non è eccentrica rispetto al capo di imputazione, né viziata
da palesi errori di diritto.
4. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod.
proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in
mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», al
versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in data 08 maggio 2025
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Il Consigliere estensore
Il Presidente