LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricorso Patteggiamento: quando è inammissibile?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro una sentenza di patteggiamento per reati di droga. L’ordinanza sottolinea i limiti stringenti per l’impugnazione, stabiliti dall’art. 448 co. 2-bis c.p.p., e la necessità di contestare specificamente le motivazioni del giudice, in questo caso relative alla confisca di una somma di denaro ritenuta sproporzionata rispetto al reddito dell’imputato. Il ricorso è stato giudicato infondato e generico.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: la Cassazione ne definisce i rigidi confini

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito i limiti invalicabili per l’impugnazione di una sentenza emessa a seguito di patteggiamento. Il caso in esame offre uno spunto cruciale per comprendere quando un ricorso patteggiamento può essere presentato e, soprattutto, quali motivi possono essere considerati validi. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, condannato per detenzione di stupefacenti e altri reati, mettendo in luce la specificità delle censure ammesse dalla legge.

I fatti di causa

Il Tribunale di Lecce, su richiesta concorde delle parti, aveva applicato a un giovane imputato una pena di sei mesi di reclusione e 800 euro di multa, con sospensione condizionale. La condanna riguardava i reati di detenzione di sostanze stupefacenti per fatti di lieve entità (art. 73, co. 5, D.P.R. 309/1990), porto abusivo di armi e possesso ingiustificato di chiavi alterate. Oltre alla pena, il giudice aveva disposto la confisca del denaro e di altri beni sequestrati.

Contro questa sentenza, la difesa dell’imputato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando due presunte violazioni di legge: la prima relativa a un presunto vizio nell’espressione della volontà di patteggiare, la seconda riguardante l’erronea applicazione della norma sulla confisca del denaro.

I limiti al Ricorso Patteggiamento secondo la legge

La difesa sosteneva che non fosse stato adeguatamente accertato il consenso dell’imputato alla definizione del processo tramite patteggiamento. Inoltre, contestava la legittimità della confisca del denaro, ritenendola non applicabile al reato di mera detenzione di stupefacenti.

Questi motivi, tuttavia, si sono scontrati con i paletti normativi che regolano l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno chiarito due principi fondamentali.

In primo luogo, hanno ricordato che, a seguito della riforma del 2017, l’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale elenca tassativamente i motivi per cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento. Essi sono:
1. Difetti nell’espressione della volontà dell’imputato;
2. Mancata correlazione tra la richiesta e la sentenza;
3. Errata qualificazione giuridica del fatto;
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza.

Il primo motivo sollevato dalla difesa, secondo la Corte, non rientrava in nessuna di queste categorie, risultando quindi inammissibile.

In secondo luogo, riguardo alla confisca, la Corte ha giudicato il motivo inammissibile non solo per la sua genericità, ma soprattutto perché non si confrontava con la reale motivazione della sentenza impugnata. Il giudice di primo grado, infatti, non aveva confiscato il denaro come profitto del reato di detenzione, ma perché la somma era risultata ‘sproporzionata rispetto al reddito’ dell’imputato, il quale si era dichiarato disoccupato. La difesa, nel suo ricorso, ha omesso di contestare questo specifico punto, concentrandosi su argomenti non pertinenti alla decisione del giudice. Questo ha reso il motivo di ricorso inefficace e inammissibile.

Conclusioni

L’ordinanza in commento è un monito importante: il ricorso contro una sentenza di patteggiamento non è un terzo grado di giudizio aperto a qualsiasi contestazione. È uno strumento limitato a specifici vizi di legalità, chiaramente definiti dal legislatore. Chi intende impugnare una sentenza di questo tipo deve formulare censure precise e pertinenti, confrontandosi punto per punto con la motivazione del provvedimento, pena l’inammissibilità del ricorso e la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
No. L’art. 448, comma 2-bis del codice di procedura penale limita la possibilità di ricorso a specifici motivi: problemi nell’espressione della volontà dell’imputato, mancanza di correlazione tra richiesta e sentenza, errata qualificazione giuridica del fatto e illegalità della pena o della misura di sicurezza. Altri motivi non sono ammessi.

La confisca del denaro è sempre legittima in caso di detenzione di stupefacenti?
No, non per il solo reato di detenzione. La sentenza specifica che la confisca del denaro non è consentita per la mera detenzione di stupefacenti, poiché manca un nesso diretto tra il denaro e il reato. Tuttavia, può essere disposta per altre ragioni, come in questo caso, in cui è stata giustificata dalla sproporzione tra la somma sequestrata e il reddito dell’imputato, che si era dichiarato disoccupato.

Perché il motivo di ricorso sulla confisca è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché generico e non pertinente alla motivazione della sentenza originale. Il giudice di primo grado aveva basato la confisca sulla sproporzione del denaro rispetto allo stato di disoccupazione dell’imputato. Il ricorso, invece, non ha affrontato questo specifico argomento, rendendo la contestazione inefficace.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati