Ricorso Patteggiamento: i Limiti Imposti dalla Cassazione sull’Erronea Qualificazione del Fatto
Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è una procedura che consente di definire il processo penale in modo rapido. Ma cosa succede se, dopo l’accordo, ci si accorge di un errore nella qualificazione giuridica del reato? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i ristretti confini entro cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento per questo motivo, sottolineando la necessità di un ‘errore manifesto’.
I Fatti del Caso: dalla Condanna per Autoriciclaggio al Ricorso
Il caso analizzato prende le mosse da una sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Nocera Inferiore. Un imputato aveva concordato con il Pubblico Ministero una pena di 2 anni e 10 mesi di reclusione, oltre a una multa di 3.800,00 euro, per il reato di autoriciclaggio, previsto dall’art. 648-ter.1 del codice penale.
Nonostante l’accordo, il difensore dell’imputato decideva di impugnare la sentenza, presentando ricorso per cassazione. La difesa sosteneva che la qualificazione del fatto come autoriciclaggio fosse errata e che la responsabilità del proprio assistito non fosse stata correttamente affermata, poiché mancavano gli accertamenti necessari a dimostrare un effettivo ostacolo all’identificazione della provenienza illecita del denaro.
La Disciplina del Ricorso Patteggiamento e i Suoi Limiti
La difesa ha tentato di far valere le proprie ragioni, ma si è scontrata con i rigidi paletti normativi che regolano l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. La Corte di Cassazione ha infatti dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione sull’interpretazione dell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
Questa norma, introdotta dalla c.d. Riforma Orlando (L. 103/2017), limita drasticamente la possibilità di ricorrere contro una sentenza di patteggiamento. In particolare, per quanto riguarda l’erronea qualificazione giuridica del fatto, il ricorso è ammesso solo se l’errore è ‘manifesto’.
Cosa si Intende per ‘Errore Manifesto’?
La Corte ha ribadito un principio consolidato nella sua giurisprudenza: l’errore non deve essere oggetto di complesse interpretazioni o di valutazioni opinabili. Deve essere, invece, palesemente evidente e immediatamente riscontrabile dalla semplice lettura del provvedimento impugnato. L’errore deve apparire ‘eccentrico’ rispetto al capo di imputazione, senza alcuna possibilità di diversa interpretazione.
Nel caso di specie, il ricorso è stato giudicato generico perché non evidenziava un errore così palese, ma mirava piuttosto a una riconsiderazione del merito della valutazione giuridica fatta in prima istanza. Un’operazione, questa, preclusa in sede di legittimità e, a maggior ragione, nel contesto di un ricorso patteggiamento.
Le Motivazioni della Corte
La Suprema Corte ha spiegato che la possibilità di contestare la qualificazione giuridica in un ricorso contro una sentenza di patteggiamento è circoscritta a situazioni eccezionali. L’errore deve essere così evidente da non richiedere alcuna analisi approfondita. La denuncia di errori valutativi che non emergono con chiarezza dal testo della sentenza stessa rende il ricorso inammissibile.
La Corte ha sottolineato che l’impugnazione appariva generica, in quanto non specificava quale palese errore fosse stato commesso nella qualificazione giuridica dei fatti, specialmente considerando che l’imputato stesso aveva richiesto l’applicazione della pena con il consenso del pubblico ministero. Pertanto, il tentativo di rimettere in discussione la valutazione giuridica, già accettata con il patteggiamento, non può trovare spazio nel giudizio di cassazione.
Le Conclusioni
La decisione in commento conferma il rigore con cui la giurisprudenza interpreta i limiti all’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. La scelta di accedere a questo rito processuale comporta una sostanziale rinuncia a contestare nel merito le accuse e le relative qualificazioni giuridiche, salvo casi di errori macroscopici e indiscutibili. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, questa ordinanza rappresenta un monito importante: la via del patteggiamento deve essere ponderata attentamente, poiché le possibilità di rimetterla in discussione sono estremamente ridotte. La conseguenza dell’inammissibilità è stata, come previsto dall’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, quantificata in 3.000,00 euro.
È sempre possibile fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
No, il ricorso è limitato a specifici motivi previsti dalla legge (art. 448, comma 2-bis, c.p.p.), come l’espressione della volontà dell’imputato, il difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, l’erronea qualificazione giuridica del fatto solo se manifesta, e l’illegalità della pena.
Cosa si intende per ‘errore manifesto’ nella qualificazione giuridica del fatto?
Per ‘errore manifesto’ si intende un errore palesemente evidente e immediatamente riconoscibile dalla sola lettura della sentenza, senza margini di opinabilità o necessità di complesse analisi giuridiche. Deve essere una qualificazione palesemente eccentrica rispetto ai fatti descritti nell’imputazione.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, il cui importo è stabilito equitativamente dalla Corte.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27035 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 27035 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a POMPEI il 14/09/1971 avverso la sentenza dell’11/02/2025 del GIP del TRIBUNALE di NOCERA INFERIORE;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Nocera Inferiore, con sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. in data 11 febbraio 2025, applicava a Padovano Gaetano la pena concordata tra le parti di anni 2, mesi 10 di reclusione ed € 3800,00 di multa, in ordine al delitto allo stesso contestato di cui all’art. 648 ter 1 cod. pen..
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, avv.to COGNOME deducendo, con unico motivo qui riassunto ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen., erronea qualificazione del fatto e violazione dell’art. 606 lett. b) cod. proc. pen. quanto all’affermazione di responsabilità per il delitto di autoriciclaggio contestato; deduceva in particolare la difesa ricorrente, non essere stati effettuati i necessari accertamenti sull’effettivo ostacolo all’identificazione della provenienza delittuosa del denaro movimentato a seguito
dei bonifici su conti correnti incriminati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è proposto avverso sentenza di patteggiamento per motivi non deducibili e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile con procedura de plano ai sensi dell’art. 610 comma 5bis cod. proc.pen..
Ed invero secondo la costante interpretazione della corte di legittimità in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo, ai sensi dell’art. 448, comma 2bis , cod. proc. pen., introdotto dall’art. 1, comma 50, della legge 23 giugno 2017, n. 103, l’erronea qualificazione del fatto contenuto in sentenza è limitata ai soli casi di errore manifesto, con conseguente inammissibilità della denuncia di errori valutativi in diritto che non risultino evidenti dal testo del provvedimento impugnato (Sez. 1, n. 15553 del 20/03/2018, COGNOME, Rv. 272619); più recentemente il principio è stato ribadito da altre pronunce secondo cui in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo, ai sensi dell’art. 448, comma 2bis , cod. proc. pen., l’erronea qualificazione giuridica del fatto contenuto in sentenza è limitata ai soli casi di errore manifesto, configurabile quando tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, sicché è inammissibile l’impugnazione che denunci, in modo aspecifico e non autosufficiente, una violazione di legge non immediatamente evincibile dal tenore dei capi di imputazione e dalla motivazione della sentenza (Sez. 4, n. 13749 del 23/03/2022, Gamal, Rv. 283023 -01; ed anche Sez. 2, n. 14377 del 31/03/2021, Rv. 281116 – 01).
Nel caso di specie il ricorso si profila affetto da genericità nella misura in cui non deduce quale palese errore si profili nella qualificazione giuridica dei fatti a fronte della ricostruzione degli stessi contenuta nel capo di imputazione e, rispetto ai quali, risulta essere stata avanzata dallo stesso imputato la richiesta di applicazione pena con il consenso del p.m..
In conclusione, l ‘ impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606 comma terzo cod.proc.pen.; alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 cod.proc.pen., la condanna de l ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in € 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Roma, 11 luglio 2025