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Ricorso Patteggiamento: quando è inammissibile?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro una sentenza di patteggiamento per tentato furto. La decisione sottolinea che il ricorso patteggiamento è consentito solo per motivi tassativamente previsti dalla legge, escludendo contestazioni sull’entità della pena o sul bilanciamento delle circostanze. I ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese e di una sanzione.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: la Cassazione Fissa i Paletti

L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una delle vie più comuni per la definizione dei procedimenti penali. Tuttavia, la possibilità di contestare la sentenza che ne deriva è estremamente limitata. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce con forza i confini invalicabili del ricorso patteggiamento, chiarendo quali motivi possono essere sollevati e quali no, con conseguenze importanti per chi tenta di forzare la mano.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una sentenza del Tribunale di Roma, che aveva applicato a due imputati la pena concordata di cinque mesi e dieci giorni di reclusione e 200,00 euro di multa per il reato di tentato furto aggravato in concorso. Gli imputati, non soddisfatti dell’esito, decidevano di presentare ricorso per Cassazione.

I Motivi del Ricorso e le Lamentele degli Imputati

Gli imputati hanno fondato il loro ricorso su un unico motivo: un presunto vizio di motivazione riguardo all’entità della pena inflitta. Nello specifico, lamentavano il mancato riconoscimento della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche. A sostegno della loro tesi, adducevano il carattere episodico del fatto, dettato da una carenza di mezzi di sussistenza, il buon comportamento processuale tenuto e la resipiscenza manifestata.

La Disciplina del Ricorso Patteggiamento

La Corte di Cassazione, nell’analizzare il caso, ha immediatamente dichiarato il ricorso inammissibile de plano, ovvero senza neppure la necessità di una discussione in udienza. La decisione si fonda su una regola procedurale chiara e restrittiva, contenuta nell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che il ricorso patteggiamento è proponibile solo per un elenco tassativo di motivi, tra cui:

1. Problemi relativi all’espressione della volontà dell’imputato.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza.
3. Errata qualificazione giuridica del fatto.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

Come evidente, le lamentele degli imputati, incentrate sulla congruità della pena e sul bilanciamento delle circostanze, non rientrano in nessuna di queste categorie.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha quindi applicato la legge alla lettera. Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché proposto per motivi non consentiti. L’inammissibilità ha comportato due conseguenze negative per i ricorrenti: la condanna al pagamento delle spese processuali e, in aggiunta, il versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione aggiuntiva deriva dal principio, stabilito dalla Corte Costituzionale, secondo cui chi propone un ricorso senza colpa nella determinazione della causa di inammissibilità non dovrebbe essere sanzionato, ma in questo caso la Corte ha ritenuto che non vi fossero elementi per escludere la colpa.

le motivazioni

Le motivazioni della Corte sono puramente giuridiche e si basano su un’interpretazione letterale delle norme procedurali. Il legislatore ha voluto limitare drasticamente le possibilità di impugnazione delle sentenze di patteggiamento per garantire la stabilità e la rapidità di questo rito alternativo. L’accordo tra accusa e difesa sulla pena cristallizza il trattamento sanzionatorio, che non può essere rimesso in discussione in sede di legittimità sulla base di valutazioni discrezionali, come quelle relative alla prevalenza delle attenuanti. Il controllo della Cassazione è limitato a vizi macroscopici e predeterminati, che intaccano la legalità dell’accordo o la volontà delle parti, non l’opportunità della pena concordata.

le conclusioni

Questa ordinanza serve da monito: il ricorso patteggiamento non è uno strumento per rinegoziare la pena. La scelta di accedere a questo rito comporta una sostanziale rinuncia a contestare nel merito la decisione sulla sanzione. Chi intende impugnare una sentenza di patteggiamento deve attentamente verificare che i propri motivi rientrino nell’elenco tassativo previsto dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., per non incorrere in una declaratoria di inammissibilità e nelle conseguenti sanzioni economiche.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per motivi legati all’entità della pena?
No, la sentenza chiarisce che le contestazioni sull’entità della pena o sul mancato riconoscimento delle attenuanti generiche non rientrano tra i motivi ammessi per il ricorso avverso una sentenza di patteggiamento.

Quali sono i motivi per cui si può fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
Il ricorso è consentito solo per motivi specifici previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., ovvero: vizi nella formazione della volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto e illegalità della pena o della misura di sicurezza.

Cosa succede se un ricorso contro un patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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