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Ricorso Patteggiamento: quando è inammissibile?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso patteggiamento, ribadendo che, dopo la riforma del 2017, l’impugnazione è consentita solo per motivi tassativamente previsti. La mancata valutazione sull’eventuale proscioglimento non rientra tra questi, comportando la condanna del ricorrente alle spese e a una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: La Cassazione e i Limiti Stretti dell’Impugnazione

Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è un istituto fondamentale del nostro sistema processuale penale che consente di definire il processo in modo più rapido. Tuttavia, la scelta di questo rito comporta delle significative limitazioni sul diritto di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’importante occasione per fare chiarezza su quando un ricorso patteggiamento è ammissibile e quando, invece, è destinato a essere respinto.

I Fatti del Caso: La Sentenza di Patteggiamento

Il caso trae origine da una sentenza del Tribunale di merito, con la quale un’imputata, tramite accordo con la pubblica accusa, otteneva l’applicazione di una pena di sei mesi di reclusione e 200,00 euro di multa per il reato previsto dall’art. 493 ter del codice penale. Si tratta di una tipica sentenza di patteggiamento, emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale.

Nonostante l’accordo raggiunto, la difesa dell’imputata decideva di presentare ricorso per cassazione contro tale decisione.

Le Ragioni del Ricorso Patteggiamento

Il difensore lamentava un vizio di motivazione della sentenza. A suo dire, il giudice di primo grado avrebbe omesso di valutare la possibile sussistenza dei presupposti per un proscioglimento immediato dell’imputata, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale. Quest’ultimo impone al giudice di dichiarare d’ufficio determinate cause di non punibilità in ogni stato e grado del processo. Secondo la tesi difensiva, questa omissione costituiva una violazione di legge che giustificava il ricorso alla Suprema Corte.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. La decisione si fonda su una norma chiave, introdotta con la riforma del 2017: l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa disposizione ha delimitato in modo tassativo i motivi per cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento.

Secondo la legge, l’appello contro una sentenza di patteggiamento è consentito solo ed esclusivamente per motivi attinenti a:

1. L’espressione della volontà dell’imputato: ad esempio, se il consenso all’accordo non è stato prestato liberamente.
2. Il difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza: se il giudice ha emesso una decisione che non corrisponde all’accordo tra le parti.
3. L’erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato è stato classificato in modo sbagliato.
4. L’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata: se la sanzione è contraria alla legge o non prevista.

La Corte ha chiarito che il motivo addotto dalla ricorrente – ossia la carente motivazione sulla possibilità di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. – non rientra in nessuna di queste categorie. Si tratta di un vizio di motivazione, non di una violazione di legge nei termini ristretti previsti dall’art. 448, comma 2-bis. Di conseguenza, il ricorso è stato ritenuto inammissibile senza nemmeno entrare nel merito della questione.

Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Decisione

La pronuncia in esame conferma un orientamento ormai consolidato: la via del patteggiamento, se da un lato offre il vantaggio di una pena ridotta e di un processo rapido, dall’altro chiude quasi del tutto la porta a successive impugnazioni. La scelta di questo rito deve essere ponderata attentamente, poiché la possibilità di contestare la sentenza è limitata a vizi specifici e gravi, che non includono la generale critica alla motivazione del giudice.

L’inammissibilità del ricorso ha comportato per la ricorrente non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria serve a disincentivare ricorsi proposti per ragioni non consentite dalla legge, evidenziando la colpa della parte nel promuovere un’impugnazione priva di fondamento giuridico.

È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. Il ricorso è consentito solo per i motivi specifici e tassativamente indicati dall’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

Quali sono i motivi validi per impugnare una sentenza di patteggiamento?
I motivi validi riguardano esclusivamente: problemi nell’espressione della volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto, e illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un ricorso basato su motivi non consentiti dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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