Ricorso Patteggiamento: Quando l’Impugnazione è Inammissibile
L’istituto del patteggiamento rappresenta una delle vie più comuni per la definizione dei procedimenti penali, ma quali sono i limiti per contestare la sentenza che ne deriva? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini del ricorso patteggiamento, specificando quando questo risulta inammissibile. Comprendere questi limiti è fondamentale per evitare impugnazioni destinate al fallimento e a ulteriori costi.
Il caso: un ricorso contro la sentenza di patteggiamento
Il caso in esame trae origine dal ricorso presentato da un imputato contro una sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale di Salerno per il reato di evasione (art. 385 c.p.). L’imputato, attraverso il suo difensore, lamentava una violazione di legge, in particolare per l’omessa motivazione riguardo alla determinazione della pena applicata.
In sostanza, il ricorrente non contestava l’accordo raggiunto con la pubblica accusa, ma il modo in cui il giudice aveva giustificato la pena finale nella sentenza. Tuttavia, questa doglianza si è scontrata con i rigidi paletti imposti dalla normativa vigente.
I limiti del ricorso patteggiamento secondo la Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo un principio consolidato in materia. La legge, con l’introduzione dell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, ha volutamente limitato la possibilità di impugnare le sentenze di patteggiamento a un elenco chiuso e tassativo di motivi.
Le censure mosse dal ricorrente, definite “generiche” dalla Corte, non rientravano in nessuna delle categorie ammesse dalla norma. La contestazione sulla motivazione della pena non è, infatti, un valido motivo per un ricorso patteggiamento.
I motivi di ricorso tassativamente previsti
L’articolo 448, comma 2-bis, c.p.p. stabilisce che il ricorso è ammesso esclusivamente per contestare:
1. L’espressione della volontà dell’imputato: ad esempio, se il consenso al patteggiamento è stato viziato.
2. Il difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza: se il giudice ha deciso su qualcosa di diverso da quanto concordato.
3. L’erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato è stato classificato in modo palesemente sbagliato.
4. L’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata: se la sanzione è contraria alla legge (es. una pena superiore al massimo edittale).
Qualsiasi motivo al di fuori di questo elenco non può essere preso in considerazione dalla Corte.
Le motivazioni della Corte
La decisione della Cassazione si fonda sulla chiara volontà del legislatore di definire rapidamente i processi basati su un accordo tra le parti, limitando le impugnazioni a controlli di pura legalità su aspetti specifici e cruciali. La motivazione sulla quantificazione della pena, essendo il frutto di un accordo tra accusa e difesa, non rientra tra questi aspetti, a meno che non sfoci in una pena palesemente illegale.
La Corte ha specificato che il controllo di legalità ammesso riguarda solo le violazioni indicate. Pertanto, il ricorso è stato dichiarato inammissibile senza formalità di rito, con una trattazione non partecipata, come previsto dall’art. 610, comma 5-bis, c.p.p. per i casi di manifesta infondatezza.
Le conclusioni: le implicazioni pratiche della decisione
L’ordinanza ha conseguenze pratiche immediate per il ricorrente, che è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di 3.000 euro alla cassa delle ammende. Questa sanzione aggiuntiva serve a disincentivare ricorsi esplorativi o basati su motivi non consentiti dalla legge.
In conclusione, questa pronuncia rafforza un principio cardine: chi accede al patteggiamento accetta un accordo sulla pena e può contestarlo solo per vizi gravi e specificamente previsti. Non è possibile utilizzare il ricorso per Cassazione come un terzo grado di giudizio per rimettere in discussione aspetti, come la congruità della pena, che sono il cuore stesso dell’accordo processuale.
È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento?
No, l’impugnazione è possibile solo per i motivi tassativamente elencati dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, che non includono una generica contestazione sulla motivazione della pena.
La mancanza di motivazione sulla pena è un valido motivo per il ricorso patteggiamento?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che questo motivo non rientra tra quelli previsti dalla legge. Le censure devono riguardare vizi specifici come l’espressione della volontà, la qualificazione giuridica o l’illegalità della pena.
Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, come nel caso di specie, al versamento di una somma di denaro a favore della cassa delle ammende per aver presentato un ricorso basato su ragioni non consentite dalla legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8550 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8550 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 07/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 20/02/1978
avverso la sentenza del 16/09/2024 del GIUDICE COGNOME PRELIMINARE di SALERNO
dato avy)st(aTle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso presentato dal difensore di NOME COGNOME contro la sentenza n. 354/2024, con cui il Tribunale di Salerno ha applicato in data 16/09/2024 la pena ex art. 444 cod. proc pen. per il reato di ci all’art. 385 cod. pen., è inammissibile.
Con il ricorso si impugna l’anzidetta sentenza di patteggiamento, deducendo violazione di legge per omessa motivazione in punto di 129 cod.proc.pen. e di determinazione della pena.
Le censure articolate, in modo peraltro generico, nel ricorso sono inammissibili perché non rientrano all’evidenza fra i casi previsti dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen.
La nuova previsione di legge, in deroga ai casi di ricorso regolati dalla disciplina generale di all’art. 606 cod. proc. pen., delimita l’impugnazione riducendola ai soli casi tassativament indicati che attengono ad ipotesi specifiche di violazione di legge, ammettendo il controllo legalità solo quando siano state violate le disposizioni che riguardano l’espressione dell volontà dell’imputato, il difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, l’erronea qualifica giuridica del fatto, l’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
L’inammissibilità del ricorso va dichiarata senza formalità di rito e con trattazione camerale no partecipata, con ordinanza ex art. 610, comma 5-bis cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 4727 del 11/01/2018, Rv. 272014; Sez. 6, n. 8912 del 20/02/2018, Rv. 272389).
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ex art. 616 cod. proc. pen., al versamento della somma di euro tremila a favore della cassa delle ammende, che si ritiene equa considerando che il ricorso è stato esperito per ragioni non più consentite dalla legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro 3000,00 in favore della cassa delle ammende
Così deciso il giorno 7 febbraio 2025
Il presidente