Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9290 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 9290 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto nell’interesse di: NOME nato in Marocco il 18/08/2008;
avverso la sentenza del 26/11/2024 del TRIBUNALE di TORINO;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
IN FATTO E IN DIRITTO
In data 26 novembre 2024 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino applicava all’imputato -oggi ricorrente- la pena concordata, ai sensi degli artt. 44 e ss. cod. proc. pen., con il Pubblico ministero, in relazione ai reati di rapina aggravat concorso e riunione, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali; reati tutti unif dal vincolo della continuazione, con le circostanze attenuanti generiche e quella di cui all’art. 62, primo comma, n. 6, stimate prevalenti rispetto alle riconosciute aggravanti.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo genericamente il difetto di argomentazioni logiche atte a sostenere la decisione sulla responsabilità e sulla misura della sanzione applicata.
Il ricorso proposto è inammissibile, giacché proposto fuori dai casi previsti dalla legge L’applicazione della pena su richiesta delle parti è infatti un meccanismo processuale in virtù del quale l’imputato ed il Pubblico ministero si accordano sulla qualificazio giuridica della condotta contestata, sulla sussistenza e concorrenza di circostanze, sulla comparazione fra le stesse e sull’entità della pena. Da parte sua, il Giudice ha il poter dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti giuridici e la congruità della pe richiesta e di applicarla.
Consegue che – una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena ex art. 444 cod. proc. pen. – l’imputato non può rimettere in discussione profili oggettivi o soggett della fattispecie, perché essi sono coperti dall’accordo negoziale di diritto pubblico concluso non essendo stato manifestato – in sede di merito- dubbio alcuno sulla valenza degli elementi ricostruttivi, né essendo stata proposta una lettura alternativa delle risultanze fatto ovvero della qualificazione giuridica dei fatti contestati.
Dunque, è evidente che la ricostruzione del fatto nel patteggiamento è -in larga misura- non realizzata in senso proprio dal Giudice, bensì affidata alla «non contestazione» delle risultanze delle indagini da parte del soggetto imputato, che si accorda con la part pubblica sull’esito del processo.
Ciò determina la piena ragionevolezza di una motivazione che non si pone certo l’obiettivo di rappresentare expressis verbis la sussistenza dei presupposti fattuali della penale responsabilità, al di là di ogni ragionevole dubbio.
Il ricorso, che non tiene conto dell’accordo raggiunto con la parte pubblica proprio in ordine alla sussistenza, alla qualificazione giuridica dei fatti ed alla misura della sanz applicata, deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
3.1. Tale inammissibilità può essere delibata con procedura de plano, atteso che la qualificazione giuridica del fatto contestato, sulla quale le parti hanno raggiunto l’accor processuale recepito dal Giudice, non è affatto “palesemente eccentrica” rispetto alla
condotta materiale descritta in imputazione, ma, al contrario, ne “veste” di abito giuridic i precisi connotati ontologici (nei termini: Sez. 5, n. 33145 del 8/10/2020, Rv. 279842 Sez. 2, n. 14377 del 31/3/2021, Rv. 281116; Sez. 4, n. 13749 del 23/3/2022, Rv. 283023; Sez. 6, n. 3108 del 8/1/2018, Rv. 272252).
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna de ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost., sent. n. 186 del 2000), al versamento a favore della Cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 20 febbraio 2025.