Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 36763 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 36763 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/09/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME, nato a PALERMO il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a BOSCOREALE il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a CASTELLAMMARE DI STABIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/04/2024 del GIP TRIBUNALE di VERONA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; Ricorsi trattati de plano
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, a mezzo dei rispettivi difensori di fiducia, ricorrono per cassazione avverso la sentenza resa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. dal Tribunale di Verona in data 23/04/2024, con la quale è stata applicata agli imputati la pena di giustizia in ordine ai reati lo rispettivamente ascritti.
I primi due ricorrenti deducono la violazione di legge riguardo alla derubricazione del reato di cui al capo a) della rubrica in esercizio arbitrario delle proprie ragioni ex art. 393 cod. pen., con conseguente improcedibilità dell’azione penale per mancanza di querela. La difesa di COGNOME NOME deduce anche l’assenza di prova del coinvolgimento dell’imputato nei fatti di causa.
Il terzo ricorrente lamenta con il primo motivo l’erronea applicazione della legge penale (artt. 582-585 cod. pen.) in riferimento alle circostanze del fatto e, con il secondo motivo la mancanza di motivazione sulla richiesta difensiva di applicazione della pena sostitutiva.
I ricorsi sono inammissibili.
Quanto ai ricorsi dei primi due imputati, sebbene, in tema di patteggiamento, con il ricorso per cassazione possa denunciarsi, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., anche l’erronea qualificazione giuridica del fatto, così come prospettata nell’accordo negoziale e recepita dal giudice, in quanto la qualificazione giuridica è materia sottratta alla disponibilità delle parti l’errore su di essa costituisce errore di diritto rilevante ai sensi dell’art. 6 comma 1, lett. b) cod. proc. pen., nondimeno, l’errore sul nomen iuris deve essere manifesto.
Infatti, per consolidato orientamento di questa Corte di legittimità, espresso a Sezioni Unite (sentenza n. 5838 del 28/11/ 2013, dep. 6/02/2014, in motivazione) e ribadito anche a seguito della novella di cui alla legge n. 131 del 2017, tale vizio è deducibile nei soli casi in cui sussista l’eventualità che l’accordo sulla pena si trasformi in accordo sui reati, mentre deve essere esclusa tutte le volte in cui la diversa qualificazione presenti margini di opinabilità (cfr. Sez. 6, or n. 3108 dell’8/1/2018, Rv. 272252 anche sulla legittimità del ricorso alla procedura de plano nei casi di genericità del motivo).
Nel caso di specie, la deducibilità dell’invocato errore deve essere esclusa, non risultando prima facie erronea o strumentale la qualificazione giuridica dei fatti, così come proposta dalle parti e positivamente delibata dal giudice a quo.
Inammissibile, poi, è il motivo dedotto dalla difesa dell’imputato NOME
in ordine all’affermazione di responsabilità, trattandosi di profilo di merito non consentito in sede di legittimità ai sensi del disposto di cui all’art. 445, comma 2bis, cod. proc. pen., a mente del quale il ricorso per cassazione contro la sentenza di patteggiamento può essere proposto soltanto per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misu di sicurezza.
Quanto al ricorso del terzo imputato, il primo motivo investe profili di merito in ordine all’affermazione di responsabilità e, dunque, non è consentito in questa sede, per come evidenziato a proposito del coimputato COGNOME, ai sensi dell’art. 445, comma 2-bis, cod. proc. pen.
Il secondo motivo, invece, è del tutto generico, in quanto soltanto indicato nel titolo dei motivi di ricorso e financo privo di alcuna allegazione.
All’inammissibilità dei ricorsi consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 10 settembre 2024.