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Ricorso patteggiamento: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso patteggiamento inammissibile perché le motivazioni addotte dall’appellante, relative a una presunta carenza di motivazione della sentenza, non rientravano nei casi tassativamente previsti dalla legge. La decisione ribadisce i rigidi limiti all’impugnazione delle sentenze di patteggiamento, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso contro il Patteggiamento: La Cassazione e i Limiti di Ammissibilità

L’istituto del patteggiamento rappresenta una delle forme più comuni di definizione alternativa del processo penale, ma quali sono le reali possibilità di contestare la sentenza che ne deriva? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini entro cui è possibile muoversi, confermando che un ricorso patteggiamento inammissibile è una conseguenza quasi certa quando i motivi non sono quelli tassativamente previsti dalla legge. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Un imputato, a seguito di una sentenza di patteggiamento per un reato legato agli stupefacenti (art. 73 d.P.R. 309/90), decideva di presentare ricorso per Cassazione. Attraverso il suo difensore, lamentava una presunta ‘carenza di motivazione’ da parte del giudice di primo grado. In sostanza, si sosteneva che il giudice non avesse adeguatamente giustificato la propria decisione, omettendo di valutare la possibile sussistenza di cause di proscioglimento immediato, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La Corte ha agito ‘de plano’, ovvero senza la necessità di un’udienza formale, applicando una procedura semplificata prevista per i casi di manifesta inammissibilità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di quattromila euro alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: I Limiti al Ricorso Patteggiamento Inammissibile

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto con la riforma del 2017. Questa norma ha drasticamente limitato i motivi per cui è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento. La Suprema Corte ha ricordato che il ricorso è consentito esclusivamente per le seguenti ragioni:

1. Vizi nella manifestazione della volontà dell’imputato: ad esempio, se il consenso al patteggiamento non è stato espresso liberamente e consapevolmente.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza: se il giudice ha emesso una decisione che non corrisponde a quanto concordato tra le parti.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato è stato classificato in modo palesemente sbagliato.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata: se la sanzione è contraria alla legge per specie o quantità.

Nel caso in esame, la lamentela del ricorrente riguardava la ‘carenza di motivazione’, un motivo che non rientra in questo elenco tassativo. La Cassazione ha sottolineato che tale doglianza è palesemente estranea ai limiti imposti dal legislatore. Pertanto, il ricorso patteggiamento inammissibile è stata l’unica conclusione possibile. La Corte ha inoltre specificato che la pronuncia impugnata, seppur sinteticamente, aveva comunque escluso la presenza di cause di proscioglimento immediato, rendendo la censura difensiva infondata anche nel merito.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per chi si approccia al rito del patteggiamento: la scelta di questo percorso processuale comporta una significativa rinuncia al diritto di impugnazione. La sentenza che ne deriva acquista una stabilità quasi paragonabile a quella di un giudicato, potendo essere messa in discussione solo per vizi specifici e gravi. Non è possibile, quindi, utilizzare il ricorso per Cassazione come un terzo grado di giudizio per riesaminare aspetti discrezionali o la congruità della motivazione, che nel patteggiamento è fisiologicamente semplificata. La decisione serve da monito: prima di accedere al patteggiamento, è cruciale valutare attentamente ogni aspetto del procedimento, poiché le vie d’uscita successive sono estremamente limitate e un ricorso infondato comporta solo ulteriori costi.

Quando è possibile fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
Il ricorso è possibile solo per motivi specifici previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p.: problemi relativi all’espressione della volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto, o illegalità della pena o della misura di sicurezza.

La mancanza di motivazione della sentenza è un motivo valido per impugnare un patteggiamento?
No, secondo la decisione in esame, la carenza di motivazione non rientra nell’elenco tassativo dei motivi per cui è ammesso il ricorso contro una sentenza di patteggiamento, rendendo un’impugnazione basata su tale presupposto inammissibile.

Cosa succede se un ricorso contro un patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso infondato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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