Ricorso Patteggiamento: Quando l’Errata Qualificazione Giuridica non Basta
L’istituto del patteggiamento è uno strumento cruciale per la deflazione del carico giudiziario, ma quali sono i limiti per la sua impugnazione? Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce i confini del ricorso patteggiamento presentato per un’asserita erronea qualificazione giuridica del fatto. La Suprema Corte ha ribadito che tale motivo di ricorso è percorribile solo in casi eccezionali, quando l’errore è talmente evidente da emergere ictu oculi dalla sola lettura del capo di imputazione.
Il caso: Uso di un veicolo sequestrato e la controversia sulla qualificazione del reato
Il caso analizzato trae origine da una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (patteggiamento) emessa dal Tribunale di Tempio Pausania. Un imputato aveva raggiunto un accordo con la pubblica accusa per una pena relativa al reato di sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro, previsto dall’art. 334 del codice penale. L’imputato, in sostanza, aveva utilizzato un veicolo che era stato sottoposto a sequestro amministrativo.
Contro questa sentenza, il Procuratore generale presso la Corte d’appello ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che i fatti contestati non integrassero il reato penale, ma esclusivamente l’illecito amministrativo previsto dall’art. 213, comma 4, del Codice della Strada, che sanziona la semplice circolazione con un veicolo sequestrato.
I motivi del ricorso patteggiamento del Procuratore Generale
Il cuore dell’argomentazione del Procuratore si basava sulla distinzione tra la condotta penalmente rilevante e quella meramente amministrativa. Secondo la tesi accusatoria, la condotta dell’imputato si era limitata alla mera circolazione del mezzo e al suo correlato deterioramento per usura. Mancava, a suo avviso, un’attività ulteriore finalizzata a distruggere, disperdere o sottrarre definitivamente il bene alla sua funzione di garanzia, elemento che caratterizza il reato di cui all’art. 334 c.p.
Di conseguenza, il Procuratore chiedeva alla Cassazione di annullare la sentenza per l’errata qualificazione giuridica, che avrebbe dovuto appunto ricadere nell’ambito dell’illecito amministrativo, con conseguenze sanzionatorie ben diverse.
La Decisione della Corte di Cassazione: i limiti del ricorso patteggiamento
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fondando la sua decisione sull’interpretazione dell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta dalla c.d. Riforma Orlando, limita in modo significativo le ragioni per cui è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento.
In particolare, il ricorso per erronea qualificazione giuridica del fatto è consentito solo quando tale errore risulta “palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione”.
Le motivazioni della Corte
La Corte ha spiegato che, per dichiarare l’illegittimità della qualificazione giuridica in sede di ricorso contro un patteggiamento, l’errore deve essere immediatamente percepibile, ictu oculi, senza alcuna necessità di compiere valutazioni di merito o di analizzare le prove. Nel caso di specie, il capo di imputazione contestava esplicitamente, oltre alla circolazione abusiva, anche il “deterioramento del mezzo”. Il deterioramento è una delle condotte tipiche previste dall’art. 334 c.p. Pertanto, la qualificazione giuridica adottata nella sentenza non era affatto “palesemente eccentrica” rispetto a quanto contestato.
Stabilire se tale deterioramento sia effettivamente avvenuto e in che misura è una valutazione che attiene al merito della vicenda e alla prova dei fatti, un’analisi preclusa sia al giudice del patteggiamento (che opera una verifica sommaria) sia, a maggior ragione, alla Corte di Cassazione in sede di giudizio di legittimità. Di conseguenza, non emergendo un errore palese e macroscopico, il ricorso è stato respinto.
Conclusioni
Questa sentenza consolida un principio fondamentale in materia di impugnazioni delle sentenze di patteggiamento. La stabilità di tali accordi processuali è tutelata da una limitazione stringente dei motivi di ricorso. L’errata qualificazione giuridica può essere censurata solo in casi estremi, dove la discrepanza tra il fatto descritto nell’imputazione e la norma applicata è lampante e non richiede alcuna indagine fattuale. Per gli operatori del diritto, ciò significa che l’accordo sul patteggiamento cristallizza non solo la pena, ma anche la qualificazione giuridica del fatto, a meno di errori giuridici macroscopici e immediatamente rilevabili.
È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per errata qualificazione giuridica del fatto?
No, la possibilità di ricorso per cassazione è limitata. Secondo l’art. 448, comma 2-bis del codice di procedura penale, è possibile solo quando l’errata qualificazione risulta palesemente eccentrica ed immediatamente evidente dal capo di imputazione, senza necessità di valutare le prove.
Perché in questo caso specifico il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la qualificazione del reato (art. 334 c.p.) non era palesemente errata. Il capo di imputazione contestava correttamente il “deterioramento” del veicolo sequestrato, un elemento previsto dalla norma. Valutare se tale deterioramento sia effettivamente avvenuto è una questione di fatto, non di legittimità, e quindi non esaminabile in sede di ricorso contro una sentenza di patteggiamento.
Qual è la differenza tra l’illecito penale di cui all’art. 334 c.p. e l’illecito amministrativo per l’uso di un veicolo sequestrato?
L’illecito amministrativo (art. 213 Codice della Strada) punisce la mera circolazione abusiva di un veicolo sequestrato. L’illecito penale (art. 334 c.p.) richiede una condotta ulteriore, come la sottrazione, la soppressione, la distruzione, la dispersione o il deterioramento del bene, volta a pregiudicarne la funzione di garanzia per la successiva confisca.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 4604 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 4604 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da Procuratore generale presso la sezione distaccata di Corte di appello di Sassari nei confronti di COGNOME nato in Albania il 04/12/1962
avverso la sentenza del 07/05/2024 del Tribunale di Tempio Pausania visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procurat generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricor
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Tempio Pausania, su accordo delle parti, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. ha applicato all’imputato NOME COGNOME la pena concordata in relazione al reato di cui all’art. 334 cod. pen..
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica deducendo con unico motivo erronea qualificazione giuridica del fatto contestato, non sussumibile nell’ambito della ritenuta fattis incriminatrice, integrando esclusivamente l’illecito amministrativo di cui all 213, comma 4. C.d.s., non risultando, oltre la mera circolazione del mezzo e correlato deterioramento per usura, senza alcuna ulteriore attività finalizza distruggere o disperdere il bene o comunque a sottrarlo definitivamente all’esecuzione della confisca amministrativa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto proposto per ragioni non consentite dall’art. 448, comma 2-bis cod proc. pen., involgendo la prova del fatto ascritto.
Secondo consolidato orientamento di legittimità, In tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, la possibilità di ricorrere per cas deducendo, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis cod. proc. pen., introdotto dall’ 1, comma 50 della legge 23 giugno 2017 n. 103, l’erronea qualificazione del fatt contenuto in sentenza è limitata ai casi in cui tale qualificazione risult indiscussa immediatezza, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, con conseguente inammissibilità dell’impugnazione che denunci errori valutativi in diritto che non risultino evidenti dalla contesta (Sez. 5, n. 33145 del 08/10/2020, Cari, Rv. 279842).
Nella specie non emerge ictu ()culi la dedotta illegittimità in quanto, nell’ambito del capo di imputazione ex art. 334 cod. pen. formulato a carico dell’imputato, è correttamente contestato il deterioramento del mezzo fat abusivamente circolare, la valutazione della cui sussistenza è sottratta al giud di legittimità.
Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso il 14/01/2025.