Ricorso Patteggiamento: i Limiti Imposti dalla Cassazione
Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è uno strumento processuale che permette di definire il processo in modo più rapido. Tuttavia, la scelta di questo rito comporta significative limitazioni al diritto di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione analizza i confini del ricorso patteggiamento, chiarendo quando e come si possa contestare una sentenza emessa a seguito di accordo tra le parti.
I Fatti del Caso
Nel caso in esame, il difensore di un imputato ha proposto ricorso davanti alla Corte di Cassazione avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Bari. La condanna riguardava il reato di detenzione di sostanze stupefacenti, specificamente cocaina e hashish, ai sensi dell’art. 73, comma 1, del d.P.R. 309/1990.
I motivi del ricorso si basavano su due principali argomenti: la presunta violazione dell’art. 129 del codice di procedura penale (che prevede l’obbligo di prosciogliere l’imputato in presenza di determinate cause di non punibilità) e un vizio di motivazione relativo alla qualificazione giuridica del fatto. Secondo la difesa, la qualificazione giuridica adottata dal giudice non era corretta.
La Decisione della Corte: il Ricorso Patteggiamento è Inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, senza necessità di formalità, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale. Questa decisione si fonda sulle rigide limitazioni imposte dalla legge per l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento.
La Corte ha inoltre condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende, non ravvisando ragioni per esonerarlo da tale condanna.
Le Motivazioni della Suprema Corte
Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma elenca tassativamente i motivi per cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento in Cassazione. I motivi sollevati dal ricorrente, tuttavia, non rientravano in questo elenco.
In particolare, la Corte ha ribadito un principio consolidato: la possibilità di ricorrere per erronea qualificazione giuridica del fatto è estremamente circoscritta. È ammessa solo in presenza di un ‘errore manifesto’, ovvero un errore che sia ‘palesemente eccentrico’ rispetto ai fatti descritti nel capo di imputazione. L’errore deve essere così evidente da risultare con ‘indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità’.
Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che la contestazione della difesa fosse generica, non autosufficiente e non evidenziasse un errore di tale macroscopica entità. Di conseguenza, l’impugnazione che denuncia una violazione di legge non immediatamente riscontrabile dal tenore dell’imputazione e dalla motivazione è da considerarsi inammissibile.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza della Cassazione conferma la natura deflattiva del patteggiamento. Chi sceglie questo rito accetta una definizione rapida del processo in cambio di una pena ridotta, ma rinuncia a un’ampia facoltà di impugnazione. La possibilità di contestare la sentenza in Cassazione è un’eccezione, non la regola, e limitata a vizi specifici e gravi.
Per gli operatori del diritto, questa pronuncia serve come monito: il ricorso patteggiamento non può essere utilizzato per rimettere in discussione valutazioni di merito o qualificazioni giuridiche opinabili. È necessario dimostrare un errore palese e inconfutabile, una soglia probatoria molto difficile da superare. La scelta del patteggiamento deve essere quindi ponderata attentamente, tenendo conto delle sue significative preclusioni processuali.
È sempre possibile impugnare in Cassazione una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. L’impugnazione è consentita solo per i motivi tassativamente previsti dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
In quali casi si può contestare la qualificazione giuridica del fatto in un ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
La contestazione della qualificazione giuridica è ammessa solo in presenza di un ‘errore manifesto’. Questo significa che l’errore deve essere palese, immediatamente riconoscibile e non soggetto a margini di opinabilità, emergendo chiaramente dal capo di imputazione.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie con una sanzione di quattromila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23175 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23175 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/01/2024 del TRIBUNALE di BARI
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Il difensore di NOME NOME NOME proposto ricorso con difensore avverso la senten la quale il Tribunale di Bari ha recepito l’accordo delle parti su una pena per il reat 73, comma 1, d.P.R. n. 309/1990, relativamente alla detenzione di diversi involucri c sostanze stupefacenti ;
ritenuto che il ricorso é inammissibile, per causa che può essere dichiarata senza ai sensi dell’art. 610 comma 5-bis cod. proc. pen., aggiunto dall’art. 1, comma 62, della l 23 giugno 2017, n. 103, in vigore a decorrere dal 3 agosto 2017;
che, in particolare, si tratta di ricorso avverso sentenza applicativa di pena motivi (dedotti violazione dell’art. 129, cod. proc. pen. e vizio della motivazione in presupposti per una pronuncia ai sensi dell’art. 129, cod. proc. pen., nonché in re qualificazione giuridica della condotta, viceversa chiaramente rilevabile dalla imputaz deducibili ai sensi dell’art. 448 comma 2-bis cod. proc. pen. (inserito dall’art. 1, comma 50, de legge 103/2017 citata), essendosi già chiarito che, in tema di applicazione della pena delle parti, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo, ai sensi dell’art. bis, cod. proc. pen., l’erronea qualificazione giuridica del fatto contenuto in sentenz ai soli casi di errore manifesto, configurabile quando tale qualificazione risulti, immediatezza e senza margini di opinabilità, palesemente eccentrica rispetto al cont capo di imputazione, sicché è inammissibile l’impugnazione che denunci, in modo aspec non autosufficiente, una violazione di legge non immediatamente evincibile dal tenore di imputazione e dalla motivazione della sentenza (tra le altre, sez. 4, n. 13749 del Gamal, Rv. 283023-01; sez. 2, n. 14377 del 31/3/2021, COGNOME, Rv. 281116-01);
che alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al p delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle a non ravvisandosi ragioni di esonero in ordine alla causa di inammissibilità (Cor 186/2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese pro della somma di euro quattromila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
Deciso il 29 maggio 2024
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