Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 22576 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 5 Num. 22576 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/04/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME NOME il DATA_NASCITA
NOME COGNOME NOME il DATA_NASCITA
NOME NOME a MILANO il DATA_NASCITA
NOME NOME il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/12/2023 del GIP TRIBUNALE di MILANO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 18 dicembre 2023 il G.i.p. del Tribunale di Milano – per quel che qui rileva – ha applicato a NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME ex art. 444 cod. proc. pen. la pena su richiesta (determinata in due anni e quattro mesi di reclusione, con il beneficio della sospensione condizionale, per i primi due; in quattro anni di reclusione per i COGNOME) per i delitti aggravati di rissa e lesioni personali a loro ascritti (rispettivamente, B., C. e D. della rubrica), concesse a NOME COGNOME, NOME COGNOME le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza.
I difensori degli imputati hanno proposto ricorso per cassazione, articolando i motivi di seguito esposti (nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, d. att. cod. proc. pen.).
2.1. Nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME, con un unico atto, è stata denunciata la violazione della legge penale in relazione al capo C. della rubrica, poiché sarebbe stata applicata la pena senza un’effettiva verifica dei presupposti per provvedere ai sensi dell’art 129 cod. proc. pen., mancando del tutto la prova della presenza dei ricorrenti allorché hanno avuto luogo i fatti (rispetto ai quali ricorrerebbe la desistenza volontaria), senza un vaglio de sua qualificazione giuridica e della conseguente congruità della pena.
2.2. Nell’interesse del COGNOME si è dedotto che il Giudice avrebbe potuto ritenere sussistenti i presupposti per la concessione delle circostanze attenuanti generiche in considerazione del comportamento processuale dell’imputato e, dunque, ritenere congrua una pena inferiore.
I ricorsi sono inammissibili.
3.1. Invero:
contro
la sentenza di applicazione della pena su richiesta il ricorso per cassazione è consentito «solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difett correlazione fra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto ed illegalità della pena o della misura di sicurezza» (art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen.) ed è «inammissibile» – poiché non rientra nelle predette ipotesi – «il ricorso per cassazione, avverso la sentenza di patteggiamento, con il quale si deduca l’omessa valutazione da parte del giudice delle condizioni per pronunziare sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.» (Sez. 2, n. 4727 del 11/01/2018, Oboroceanu, Rv. 272014 – 01);
«in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, la possibilità di ricorr per cassazione deducendo, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis cod. proc. pen. , l’erronea qualificazione del fatto contenuto in sentenza è limitata ai casi in cui tale qualificazione ri con indiscussa immediatezza, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, con conseguente inammissibilità dell’impugnazione che denunci errori valutativi in diritto che non risultino evidenti dalla contestazione» (Sez. 5, n. 33145 del 08/10/2020, Cari Rv. 279842 – 01); difatti, «in tema di patteggiamento, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo l’erronea qualificazione del fatto contenuto in sentenza, deve essere limitata
ai casi di errore manifesto, ossia ai casi in cui sussiste l’eventualità che l’accordo sulla pena si trasformi in un accordo sui reati»; e «la ricorribilità per cassazione in caso di patteggiament facendo valere l’erronea qualificazione del fatto contenuto in sentenza è esclusa nel caso in cui l’impugnazione richiami, quale necessario passaggio logico del motivo di ricorso, aspetti in fatto e probatori che non risultino con immediatezza dalla contestazione» (Sez. 5, n. 33145/2020, che richiama Sez. 3, n. 46373 del 26/1/2017, Kanow, Rv. 271789, Sez. 7, n. 39600 del 10/9/2015, Casarin, Rv. 264766, e Sez. 6, n. 15009 del 27/11/2012, dep. 2013, Bisignani, Rv. 254865).
3.2. Ne deriva che i ricorsi sono stati proposti fuori dai casi consentiti, il che è a anche in relazione all’impugnazione nell’interesse di COGNOME e NOME COGNOME nella parte in cui ha prospettato l’erronea qualificazione del fatto di lesioni personali di cui al capo C., per pure è stata applicata la pena, richiamando elementi di fatto il cui apprezzamento avrebbe dovuto condurre il G.i.p. a non applicare la pena per esso per difetto della prova della lor presenza allorché il reato è stato commesso.
L’inammissibilità deve essere dichiarata «con ordinanza de plano ex art. 610, comma 5-bis cod. proc. pen.» (Sez. 2, n. 4727/2018, cit.).
Ne consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro quattromila, atteso che l’evidente inammissibilità delle impugnazioni impone di attribuire loro profili di colpa (cfr. Corte cost., sent. n. 186 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, Rv. 267585 – 01).
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 09/04/2024.