Ricorso Patteggiamento: I Limiti Imposti dalla Cassazione
Il ricorso patteggiamento rappresenta una delle questioni più delicate della procedura penale, specialmente dopo le modifiche legislative che ne hanno ristretto l’ambito di applicazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 18797/2024, torna sul tema, confermando un orientamento ormai consolidato: non si può impugnare una sentenza di patteggiamento per un semplice vizio di motivazione. Analizziamo insieme la vicenda e le sue importanti implicazioni pratiche.
Il Caso in Esame: Un Appello per Motivazione Carente
La vicenda trae origine dalla decisione di un imputato di presentare ricorso presso la Corte di Cassazione avverso una sentenza di applicazione della pena su richiesta (il c.d. “patteggiamento”) emessa dal GIP del Tribunale di Roma. L’imputato era stato condannato per un reato previsto dalla normativa sugli stupefacenti (art. 73 del d.P.R. 309/90). L’unico motivo di doglianza sollevato dalla difesa era il vizio di motivazione della sentenza, ritenuta carente e illogica.
La Decisione della Corte e l’Inammissibilità del Ricorso Patteggiamento
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su una precisa norma procedurale: l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa disposizione, introdotta con la cosiddetta “Riforma Orlando” (legge n. 103 del 2017), ha drasticamente limitato le ragioni per cui è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento.
La Corte ha constatato che il motivo addotto dal ricorrente – la mancanza e manifesta illogicità della motivazione – non rientra in nessuno dei casi tassativamente previsti dalla legge. Di conseguenza, il ricorso non poteva superare il vaglio di ammissibilità, portando alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Le Motivazioni
Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. La Corte Suprema ha chiarito che il legislatore, con la riforma del 2017, ha voluto circoscrivere il controllo di legittimità sulle sentenze di patteggiamento a vizi specifici e di particolare gravità. Il ricorso patteggiamento è oggi consentito esclusivamente per i seguenti motivi:
1. Vizi relativi all’espressione della volontà dell’imputato: ad esempio, se il consenso al patteggiamento non è stato espresso liberamente e consapevolmente.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza: se il giudice ha emesso una decisione che non corrisponde all’accordo raggiunto tra le parti.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto: quando il reato è stato inquadrato in una fattispecie normativa sbagliata.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza: se la sanzione applicata è contraria alla legge o non prevista per quel tipo di reato.
La Corte ha sottolineato che qualsiasi altro motivo, inclusa la critica alla motivazione della sentenza, è escluso. Questo vale anche per il difetto di motivazione riguardo alla possibile sussistenza di cause di proscioglimento immediato (art. 129 c.p.p.), un tempo motivo frequente di impugnazione. La giurisprudenza citata (Sez. 4, n. 24514 del 2018) conferma questo rigoroso orientamento.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale per chi opera nel diritto penale: la scelta del patteggiamento è una decisione strategica con conseguenze definitive sull’impugnabilità della sentenza. La possibilità di contestare la decisione del giudice è estremamente limitata e non può fondarsi su una generica critica all’apparato motivazionale. Per la difesa, ciò significa che ogni valutazione sull’opportunità del rito speciale deve tenere conto di questa quasi totale cristallizzazione della sentenza. L’attenzione deve essere massima nella fase delle indagini e dell’accordo con il pubblico ministero, poiché gli spazi per un ripensamento successivo in sede di legittimità sono, di fatto, quasi inesistenti.
È possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento per un vizio di motivazione?
No. Secondo l’ordinanza, a seguito della riforma introdotta con la legge n. 103 del 2017, il ricorso contro una sentenza di patteggiamento non è più ammesso per motivi legati al vizio di motivazione, anche se ritenuto manifesto o illogico.
Per quali motivi si può impugnare una sentenza di patteggiamento?
Il ricorso è consentito solo per quattro motivi tassativamente elencati dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale: problemi relativi all’espressione della volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra la richiesta delle parti e la sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto, e illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
Cosa succede se si presenta un ricorso per motivi non consentiti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Come avvenuto nel caso esaminato, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, non potendosi escludere una colpa nella proposizione dell’impugnazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18797 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18797 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/10/2023 del GIP TRIBUNALE di ROMA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RG. n.
Rilevato che il ricorso proposto da COGNOME NOME, nei cui confronti è stata emessa sentenza di applicazione della pena per il reato di cui all’art. 73, d.P.R. 309/90, deduce il vizio di motivazione;
Rilevato che il ricorso avverso sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. (da trattarsi ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis cod. proc. pen.) è inammissibile, atteso che, secondo quanto previsto dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. disposizione introdotta con la legge 23 giugno 2017, n. 103 -, il pubblico ministero e l’imputato possono ricorrere per Cassazione contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato stesso, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza;
Considerato che, nel caso in esame, il ricorrente ha dedotto vizi che attingono la sentenza di applicazione della pena unicamente sotto il profilo della mancanza e manifesta illogicità della motivazione, ma non ha posto a sostegno del suo ricorso alcuna della ipotesi richiamate per le quali è attualmente consentito il ricorso per Cassazione e che conseguentemente si tratta di doglianze avverso sentenze di applicazione della pena su richiesta non consentite nel giudizio di legittimità;
Rilevato, in particolare, che per pacifica giurisprudenza di questa Corte, in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, in forza del comma 2-bis dell’articolo 448 del Cpp, introdotto dalla legge n. 103 del 2017, in vigore dal 3 agosto 2017, il ricorso per cassazione contro la sentenza di patteggiamento è proponibile solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazion tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione del fatto e all’illegalità d pena o della misura di sicurezza. Da ciò deriva che, in relazione alla sentenza di patteggiamento, il difetto di motivazione – persino quello in ordine alla insussistenza delle condizioni per la pronuncia del proscioglimento ai sensi dell’articolo 129 del Cpp – non rientra più tra i casi per i quali è ammesso il ricorso per cassazione (Sez. 4, n. 24514 del 9 maggio 2018, COGNOME, n.m.);
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella
proposizione del ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso, il 1° marzo 2024
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Il Presidente