Ricorso Patteggiamento: I Limiti Stretti Imposti dalla Cassazione
Il patteggiamento è una scelta processuale che chiude il procedimento in modo rapido, ma quali sono le possibilità di contestare la sentenza che ne deriva? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 12444/2024) chiarisce i confini molto stretti entro cui è ammesso il ricorso patteggiamento, sottolineando come non tutte le doglianze possano essere portate all’attenzione dei giudici di legittimità. Questo caso offre spunti fondamentali per comprendere la logica dietro la riforma che ha limitato le impugnazioni di questo tipo di sentenze.
Il Caso: Appello contro una Sentenza di Patteggiamento
Un imputato, condannato con rito di applicazione della pena su richiesta per plurime violazioni in materia di stupefacenti (art. 73, comma 1, D.P.R. 309/1990), decideva di presentare ricorso in Cassazione. La difesa lamentava due aspetti principali della sentenza emessa dal Giudice per l’Udienza Preliminare: una presunta erronea qualificazione giuridica dei fatti e un vizio di motivazione riguardo alla confisca di una somma di denaro.
I Motivi del Ricorso Patteggiamento: Qualificazione e Confisca
I motivi del ricorso si concentravano su due punti specifici:
1. Errata Qualificazione Giuridica: Secondo la difesa, il giudice avrebbe dovuto applicare la fattispecie di reato più lieve, prevista dal comma 5 dell’art. 73, relativa ai fatti di lieve entità. La contestazione, tuttavia, veniva mossa in modo generico.
2. Vizio di Motivazione sulla Confisca: L’imputato contestava la confisca di una somma di denaro, ritenendo che la motivazione fosse insufficiente o viziata.
Queste argomentazioni miravano a rimettere in discussione elementi chiave della sentenza concordata tra le parti e ratificata dal giudice di primo grado.
La Decisione della Corte: Perché il Ricorso è Inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambe le censure sollevate dalla difesa. La decisione si fonda su una rigorosa interpretazione delle norme che regolano l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento.
Il Limite dell’Art. 448, comma 2-bis c.p.p.
La Corte ha ribadito che, a seguito della riforma introdotta con la legge n. 103 del 2017, il ricorso patteggiamento è consentito solo per un numero chiuso di motivi. Questi includono:
* Difetti nell’espressione della volontà dell’imputato.
* Mancata correlazione tra la richiesta e la sentenza.
* Errata qualificazione giuridica del fatto.
* Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
Nel caso di specie, la doglianza sull’errata qualificazione giuridica è stata giudicata generica e, soprattutto, non macroscopica o evidente ictu oculi (a colpo d’occhio). Per essere accolto, un simile motivo deve basarsi su un errore palese, non su una diversa valutazione che richiederebbe un’analisi approfondita del merito, preclusa in sede di legittimità e incompatibile con la natura stessa del patteggiamento.
La Questione della Confisca
Anche il secondo motivo è stato ritenuto inammissibile. La Corte ha chiarito che la confisca non era stata disposta ai sensi dell’art. 240 c.p., come erroneamente indicato dal ricorrente, ma ai sensi dell’art. 240-bis c.p. (confisca allargata). Questa norma permette di confiscare beni di cui l’imputato non può giustificare la provenienza lecita, a fronte di una condanna per determinati reati, tra cui quelli in materia di stupefacenti. La misura era quindi legittima, data la pluralità di contestazioni a carico dell’imputato.
Le Motivazioni della Corte
Le motivazioni della Suprema Corte si basano sul principio che l’accordo tra le parti nel patteggiamento implica un’accettazione del quadro accusatorio e della qualificazione giuridica del fatto, a meno che non emerga un errore palese e immediatamente riscontrabile. Consentire un’impugnazione per motivi generici o che richiedano una nuova valutazione del merito svuoterebbe di significato l’istituto stesso del patteggiamento, nato per deflazionare il carico giudiziario. Il legislatore ha volutamente ristretto le maglie del ricorso per evitare che il patteggiamento si trasformi in una mera tappa interlocutoria del processo. Per quanto riguarda la confisca, la motivazione si fonda sulla corretta applicazione dell’art. 240-bis c.p., che risponde a una logica di contrasto all’accumulazione di patrimoni illeciti.
Conclusioni
Questa ordinanza conferma un orientamento consolidato: l’accesso al ricorso per Cassazione avverso una sentenza di patteggiamento è eccezionale e limitato a vizi specifici e gravi. Non è sufficiente un semplice dissenso sulla qualificazione giuridica o sulla motivazione di una misura accessoria; è necessario dimostrare un errore manifesto o un’illegalità palese. La decisione rafforza la stabilità delle sentenze emesse ex art. 444 c.p.p. e ricorda agli operatori del diritto che la scelta del rito speciale comporta precise conseguenze, inclusa una significativa limitazione del diritto di impugnazione.
È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
No, il ricorso è possibile solo per un elenco tassativo di motivi previsto dall’art. 448, comma 2-bis del codice di procedura penale, come l’errata qualificazione giuridica del fatto, l’illegalità della pena o un difetto nella formazione della volontà dell’imputato.
Perché il motivo sull’errata qualificazione giuridica del reato è stato respinto?
È stato respinto perché la contestazione era generica e non evidenziava un errore palese e riconoscibile ‘ictu oculi’ (a colpo d’occhio), che è il requisito richiesto dalla giurisprudenza per poter sindacare la qualificazione giuridica in un ricorso contro una sentenza di patteggiamento.
Per quale motivo è stata confermata la confisca della somma di denaro?
La confisca è stata confermata perché disposta correttamente ai sensi dell’art. 240-bis del codice penale. Tale norma permette di confiscare beni di valore sproporzionato rispetto al reddito di cui il condannato non può giustificare la lecita provenienza, ed è applicabile in caso di condanna per reati di droga.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12444 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12444 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME ( CODICE_FISCALE ) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/10/2023 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di VERCELLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che il ricorso di COGNOME NOME, avverso la sentenza di applicazione di pena ex art. 444 cod.proc.pen. in relazione a plurime violazioni dell’art. 73 comma 1 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, è inammissibile perchè l’impugnazione risulta proposta per motivi non consentiti, ai sensi dell’art.448, comma 2-bis, cod. proc. pen., per le sentenze emesse ai sensi dell’art.444 cod. proc. pen.
Secondo quanto previsto dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. disposizione introdotta con la legge 23 giugno 2017, n. 103 -, il pubblico ministero e l’imputato possono ricorrere per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato stesso, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Nel caso in esame il ricorrente, con il primo motivo, ha allegato la errata qualificazione giuridica in relazione alla mancata configurazione dell’art. 73 comma 5 in via del tutto generica, e comunque non risultante ictu oculi. Quindi, il ricorrente non ha posto a sostegno del suo ricorso alcuna della ipotesi per le quali è attualmente consentito il ricorso per cassazione avverso sentenze di applicazione della pena su richiesta.
Ritenuto che il secondo motivo di ricorso con cui deduce il vizio di motivazione in relazione alla confisca della somma di denaro ai sensi dell’art. 240 cod.pen. è inammissibile perché la confisca è stata disposta ai sensi dell’art. 240 bis cod.pen. avuto riguardo all’assenza di giustificazione di un lecito possesso a fronte di plurime contestazioni di detenzione a fini di spaccio/cessione di droga.
Rilevato che pertanto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso in Roma, il 15 marzo 2024
Il Presidente