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Ricorso patteggiamento: quando è inammissibile?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso patteggiamento presentato da due imputati condannati per reati legati agli stupefacenti. I ricorrenti lamentavano la mancata valutazione da parte del giudice di primo grado delle cause di non punibilità. La Suprema Corte ha stabilito che, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., tale motivo di ricorso non è consentito avverso una sentenza di patteggiamento, in quanto si traduce in una critica alla motivazione, preclusa dalla norma. Di conseguenza, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: La Cassazione Fissa i Limiti all’Impugnazione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini stringenti entro cui è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento. La decisione sottolinea come il ricorso patteggiamento non possa essere utilizzato per contestare la valutazione del giudice sulla responsabilità penale, mascherando una critica alla motivazione. Questo principio è fondamentale per comprendere la natura e i limiti di questo rito alternativo.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da una sentenza del Tribunale di Spoleto, che aveva applicato a due soggetti la pena concordata di tre anni di reclusione e dodicimila euro di multa per un delitto previsto dalla legge sugli stupefacenti (art. 73 d.P.R. 309/1990). In sostanza, gli imputati avevano scelto il rito del patteggiamento, accordandosi con la pubblica accusa sulla sanzione da scontare.

I Motivi del Ricorso e la Disciplina del Ricorso Patteggiamento

Nonostante l’accordo raggiunto, i difensori degli imputati hanno presentato ricorso per cassazione. La loro doglianza si basava su una presunta violazione di legge: a loro dire, il Tribunale avrebbe omesso di valutare la possibile presenza di cause di non punibilità, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale. Quest’ultimo articolo impone al giudice di pronunciare una sentenza di proscioglimento immediato qualora ne ricorrano le condizioni, anche in caso di patteggiamento.

Tuttavia, la disciplina del ricorso patteggiamento è stata significativamente ristretta dalla legge n. 103 del 2017, che ha introdotto il comma 2-bis all’art. 448 del codice di procedura penale. Tale norma limita drasticamente i motivi per cui si può impugnare una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, fornendo una chiara interpretazione della normativa vigente. I giudici hanno spiegato che, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., non è ammissibile un ricorso che deduca l’omessa valutazione da parte del giudice delle condizioni per il proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p.

Secondo la Corte, una simile censura si risolve, in realtà, nella denuncia di un vizio di motivazione. I ricorrenti, infatti, non stavano contestando un errore di diritto, ma il modo in cui il giudice di merito aveva valutato gli elementi a disposizione per ritenere la loro responsabilità e la congruità della pena. La motivazione della sentenza di patteggiamento, seppur sintetica e strutturata in forma enunciativa, era sufficiente a giustificare la decisione.

I motivi del ricorso sono stati definiti “intrinsecamente generici”, in quanto si limitavano a contestare l’esito della valutazione del giudice, uscendo dai binari consentiti per l’impugnazione di una sentenza di patteggiamento.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La pronuncia ha importanti conseguenze pratiche. Chi sceglie la via del patteggiamento deve essere consapevole che le possibilità di impugnare la sentenza sono estremamente limitate. Non è possibile utilizzare il ricorso per cassazione come un terzo grado di giudizio per rimettere in discussione la propria responsabilità.

L’inammissibilità del ricorso ha comportato, per gli imputati, la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa nell’aver proposto un’impugnazione infondata. Questa decisione serve da monito: il ricorso patteggiamento è uno strumento eccezionale, da utilizzare solo in presenza di specifici vizi di legge e non per contestare genericamente la valutazione del giudice.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento lamentando che il giudice non ha verificato le cause di proscioglimento?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, rende inammissibile un ricorso per cassazione avverso una sentenza di patteggiamento con cui si deduce l’omessa valutazione delle condizioni per una sentenza di proscioglimento ex art. 129 c.p.p.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile contro una sentenza di patteggiamento?
In caso di inammissibilità, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. Nel caso di specie, tale somma è stata quantificata in tremila euro.

Perché il ricorso è stato considerato un tentativo di contestare la motivazione della sentenza?
Perché, lamentando l’omessa valutazione delle cause di proscioglimento, i ricorrenti stavano di fatto contestando il giudizio sulla loro responsabilità e sulla congruità della pena, aspetti coperti dalla motivazione (seppur sintetica) del giudice di primo grado. Questo tipo di contestazione sulla motivazione è espressamente escluso dai motivi di ricorso ammessi contro le sentenze di patteggiamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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