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Ricorso patteggiamento: motivi di inammissibilità

Un individuo ha impugnato una sentenza di patteggiamento per un reato legato agli stupefacenti, lamentando un difetto di motivazione. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso patteggiamento inammissibile, ribadendo che, a seguito della riforma del 2017, l’impugnazione di tali sentenze è consentita solo per motivi specifici e tassativi, tra i quali non rientra il vizio di motivazione. L’imputato è stato condannato al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: i Limiti Tassativi per l’Impugnazione

L’istituto del patteggiamento è uno strumento centrale nel nostro sistema processuale penale, ma quali sono i confini per contestare la sentenza che ne deriva? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’importante delucidazione sui motivi che rendono un ricorso patteggiamento ammissibile, sottolineando le significative modifiche introdotte dalla Riforma Orlando del 2017. Il caso in esame riguarda un ricorso dichiarato inammissibile perché fondato su un presunto vizio di motivazione, un motivo non più previsto dalla legge per questo tipo di impugnazione.

I Fatti del Caso: L’Impugnazione per Vizio di Motivazione

Il caso ha origine da un ricorso presentato avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal GIP del Tribunale di Treviso per un reato previsto dall’art. 73 del D.P.R. 309/1990, in materia di stupefacenti. L’imputato, attraverso il suo difensore, lamentava un vizio di motivazione della sentenza impugnata. In particolare, si sosteneva che il giudice di primo grado avesse utilizzato mere “formule di stile”, omettendo una reale valutazione circa la possibile sussistenza di cause di proscioglimento, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale.

Secondo la difesa, tale carenza motivazionale rendeva la sentenza illegittima e meritevole di annullamento da parte della Suprema Corte.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile senza neppure la necessità di formalità di rito, applicando l’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale. La Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: i Limiti del Ricorso Patteggiamento dopo la Riforma

La decisione della Corte si fonda su una rigorosa interpretazione della normativa vigente, così come modificata dalla Legge n. 103 del 23 giugno 2017 (nota come Riforma Orlando). A partire dal 3 agosto 2017, la possibilità di presentare ricorso per cassazione contro una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti è stata drasticamente limitata.

La legge stabilisce che l’impugnazione è consentita esclusivamente per i seguenti motivi:

1. Vizi relativi all’espressione della volontà dell’imputato: ad esempio, se il consenso al patteggiamento non è stato espresso liberamente e consapevolmente.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza: quando il giudice si pronuncia su fatti o circostanze diverse da quelle concordate tra le parti.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato contestato è stato inquadrato in una fattispecie giuridica sbagliata.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata: qualora la sanzione irrogata sia contraria alla legge per tipo o misura.

La Corte ha evidenziato come il “vizio di motivazione”, motivo principale del ricorso in esame, non rientri in questo elenco tassativo. Di conseguenza, è “agevole rilevare” che tale doglianza non può costituire un valido fondamento per un ricorso avverso una sentenza di patteggiamento. L’elenco previsto dalla riforma ha natura chiusa e non ammette interpretazioni estensive.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per gli operatori del diritto: la strategia difensiva in sede di impugnazione di una sentenza di patteggiamento deve essere estremamente mirata e rigorosa. Non è più possibile contestare genericamente la motivazione della sentenza, ma è necessario individuare uno dei quattro specifici vizi previsti dalla legge. Proporre un ricorso patteggiamento basato su motivi non consentiti, come il vizio di motivazione, espone il ricorrente non solo a una sicura dichiarazione di inammissibilità, ma anche a significative conseguenze economiche, quali la condanna alle spese processuali e al pagamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. Per la difesa, ciò significa ponderare con estrema attenzione i presupposti dell’impugnazione, per evitare di incorrere in esiti processuali sfavorevoli e dannosi per l’assistito.

È possibile presentare un ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento lamentando una motivazione carente o illogica?
No. A seguito della riforma introdotta dalla Legge n. 103/2017, il vizio di motivazione non rientra più tra i motivi per cui è ammesso il ricorso per cassazione avverso una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti.

Quali sono gli unici motivi per cui si può fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
I motivi, tassativamente previsti dalla legge, sono: problemi relativi all’espressione della volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto, e illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

Cosa succede se si propone un ricorso contro una sentenza di patteggiamento per motivi non consentiti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Il ricorrente viene di conseguenza condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, determinata secondo equità, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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