Ricorso Patteggiamento: i Limiti Imposti dalla Cassazione sulle Sanzioni Sostitutive
L’istituto del patteggiamento rappresenta una delle vie più percorse per la definizione celere dei procedimenti penali. Tuttavia, la sua natura di accordo tra le parti impone precisi limiti alle successive possibilità di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con forza questi confini, chiarendo perché un ricorso patteggiamento non possa essere utilizzato per contestare la mancata applicazione di sanzioni sostitutive non incluse nell’accordo iniziale. Analizziamo la decisione e le sue importanti implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso: Dal Patteggiamento al Ricorso in Cassazione
Il caso ha origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal GIP del Tribunale di Torre Annunziata. Un imputato, accusato di reati connessi al traffico di sostanze stupefacenti, aveva concordato con la Procura una pena di tre anni di reclusione e 15.000 euro di multa.
Successivamente alla sentenza, l’imputato ha deciso di proporre ricorso per cassazione. La contestazione non riguardava l’accordo sulla pena, ma un aspetto differente: la difesa lamentava la violazione di legge e il difetto di motivazione per la mancata applicazione della sanzione sostitutiva dei lavori di pubblica utilità e per non aver instaurato un contraddittorio su questo specifico punto.
I Motivi del Ricorso Patteggiamento: Sanzione Sostitutiva e Contraddittorio
Il nucleo del ricorso si basava sull’idea che il giudice, anche in sede di patteggiamento, avrebbe dovuto considerare la possibilità di sostituire la pena detentiva con una sanzione alternativa, come i lavori di pubblica utilità. In particolare, si faceva leva sulle novità introdotte dalla Riforma Cartabia (d.lgs. 150/2022), che ha rafforzato l’istituto delle sanzioni sostitutive.
Secondo la difesa, il giudice avrebbe omesso di motivare la sua scelta di non applicare una misura alternativa e, ancor prima, di non aver sollecitato un dibattito tra le parti su tale eventualità. Si trattava, in sostanza, di un tentativo di estendere al rito speciale del patteggiamento garanzie procedurali tipiche del giudizio ordinario.
La Decisione della Corte di Cassazione: L’Inammissibilità del Ricorso
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6482/2024, ha respinto categoricamente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso patteggiamento inammissibile. La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa delle norme che regolano l’impugnazione delle sentenze di applicazione della pena su richiesta.
Le Motivazioni: Perché il Ricorso Patteggiamento è Stato Respint
La Suprema Corte ha ancorato la sua decisione a due pilastri normativi fondamentali.
In primo luogo, ha richiamato l’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma elenca in modo tassativo i motivi per cui l’imputato e il pubblico ministero possono ricorrere contro una sentenza di patteggiamento. Essi sono:
1. Erronea espressione della volontà dell’imputato.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza.
3. Errata qualificazione giuridica del fatto.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
La Corte ha evidenziato come la richiesta di applicazione di una sanzione sostitutiva non rientri in nessuna di queste categorie. Di conseguenza, il motivo del ricorso era, in partenza, estraneo ai limiti consentiti dalla legge per questo tipo di impugnazione.
In secondo luogo, i giudici hanno affrontato la questione relativa all’art. 545-bis c.p.p., introdotto dalla Riforma Cartabia. Tale articolo impone al giudice, nel giudizio ordinario, di dare avviso alle parti della possibilità di convertire una pena detentiva breve in sanzioni sostitutive. La Cassazione ha chiarito che questa disposizione, per ragioni testuali e sistematiche, è esclusivamente applicabile al giudizio ordinario e non al patteggiamento. Il patteggiamento è un accordo: se le parti non hanno incluso la sanzione sostitutiva nel loro patto, il giudice non ha l’obbligo né il potere di introdurla d’ufficio in un secondo momento. Il contraddittorio su questo punto, quindi, non era dovuto.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
L’ordinanza della Cassazione offre una lezione cruciale per la prassi legale: l’accordo di patteggiamento deve essere completo e onnicomprensivo fin dall’inizio.
Chi intende beneficiare di una sanzione sostitutiva deve farne esplicita richiesta e includerla nell’accordo negoziato con il Pubblico Ministero. Non è possibile, in un secondo momento, utilizzare il ricorso patteggiamento per lamentare la mancata applicazione di misure non concordate.
Agire diversamente significa non solo presentare un ricorso destinato all’inammissibilità, ma anche esporsi al rischio concreto, come avvenuto nel caso di specie, di essere condannati al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria alla Cassa delle Ammende. La via del patteggiamento richiede, quindi, una strategia difensiva chiara e definita sin dalla fase delle trattative.
È possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento per chiedere l’applicazione di una sanzione sostitutiva non concordata?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che i motivi di ricorso contro una sentenza di patteggiamento sono tassativamente elencati nell’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., e tra questi non rientra la mancata applicazione di una sanzione sostitutiva che non era stata oggetto dell’accordo tra imputato e pubblico ministero.
L’obbligo del giudice di avvisare le parti sulla possibilità di convertire la pena detentiva in una sanzione sostitutiva (art. 545-bis c.p.p.) si applica anche al patteggiamento?
No. Secondo l’ordinanza, tale obbligo, introdotto dalla Riforma Cartabia, è previsto esclusivamente per il giudizio ordinario e non si estende al procedimento speciale del patteggiamento, che si basa su un accordo tra le parti.
Cosa succede se si propone un ricorso per cassazione contro un patteggiamento per motivi non consentiti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, come previsto dall’art. 616 c.p.p.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6482 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6482 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a GRAGNANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/07/2023 del GIP TRIBUNALE di TORRE ANNUNZIATA
ef-ate-av« , A-%-a4-1.e-ig,34i;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Con sentenza del 12 luglio 2023 il Tribunale di Torre Annunziata h applicato a COGNOME NOMENOME su richiesta ai sensi dell’art. 444 cod. proc. la pena di anni tre di reclusione ed euro 15.000,00 di multa, per il reato agli artt. 81 comma 2 cod. pen. e 73, commi 1 e 4 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309.
Avverso tale sentenza – allegando vizio di legittimità – è stato pro ricorso per cassazione, in forza del quale sono state dedotte la violazi legge e l’omessa motivazione con riferimento alla mancata applicazione del sanzione sostitutiva dei lavori di pubblica utilità, e alla mancata instauraz contraddittorio sul punto da parte del Giudice.
Il ricorso (da trattarsi ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis cod. proc. pen.) è inammissibile.
Deve invero rammentarsi che, secondo quanto previsto dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. peri. – disposizione introdotta con la legge 23 giugno 20 103 -, il Pubblico ministero e l’imputato possono ricorrere per cassazione c la sentenza di applicazione della pena su richiesta solo per motivi att all’espressione della volontà dell’imputato stesso, al difetto di correlaz richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’ della pena o della misura di sicurezza.
In relazione al proposto motivo di censura, questa Corte di legíttimi affermato che la disposizione di cui all’art. 545-bis, comma 1, cod. proc. introdotto con d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che, nel caso di pronun condanna a una pena detentiva non superiore a quattro anni, prevede l’obbl del giudice di dare avviso alle parti della possibilità di convertirla nelle sostitutive, non si applica al procedimento che conduce alla definizione giudizio con pena patteggiata, trattandosi di norma dettata, per ragi carattere testuale e sistematico, esclusivamente per il giudizio ordinario ( n. 32357 del 09/05/2023, Rv. 284925 – 01), sicchè il motivo proposto n risulta tra quelli proponibili ai sensi dell’art. 448 comma 2 bis cod.proc.pe avendo chiesto nell’accordo la pena sostitutiva, ed è comunque manifestamen ” infondato con riferimento alla mancata iitaurazione del contraddittorio. i
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Co costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elemen ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa determinazione della causa di inammissibilità», alla declarat dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pe
l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma il 12 gennaio 2024
Il Consiglier sore
Il Presidente