Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 18643 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 18643 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 15/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 07/05/1989
avverso la sentenza del 28/01/2025 del TRIBUNALE di RAGIONE_SOCIALE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, limitatamente alla determinazione della pena;
letta la memoria dell’avv. NOME COGNOME del foro di Sanremo, che ha concluso l’accoglimento dei motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 28 gennaio 2025 / il Tribunale di Imperia, in composizione monocratica, ha applicato a NOME COGNOME, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena di anni 1 di reclusione ed euro 800,00 di multa, per aver detenuto a fini di cessione sostanza stupefacente del tipo cocaina (capo 1) e per il reato di resistenza a un pubblico ufficiale (capo 2).
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio della motivazione, per non avere il giudice riconosciuto la particolare tenuità del fatto, con conseguente pronuncia ex art. 129 cod. proc. pen., avuto riguardo alla quantità di stupefacente detenuto ed al carattere “passivo” della resistenza opposta in occasione dell’arresto.
2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge in relazione alle modalità di computo della pena detentiva, poiché mentre in motivazione si indica la riduzione del rito nella misura di un terzo, la pena di anni 1 e mesi 2 di reclusione (ottenuta dopo l’aumento ex art. 81 cod. pen.) risulta poi determinata, in esito alla riduzione, nella misura di anni 1.
Ciò è reso ancor più evidente dal fatto che, con riguardo alla pena pecuniaria, la pena risulta effettivamente ridotta nella misura di un terzo. –
2.3. Con il terzo motivo / deduce violazione di legge e vizio della motivazione, per non avere il Tribunale disposto, d’ufficio, la sostituzione della pena detentiva con quella pena pecuniaria ex art. 20-bis cod. pen., senza fornire alcuna motivazione.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, e le parti hanno formulato, per iscritto, le conclusioni come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.1. Il primo motivo è inammissibile, poiché non consentito.
Ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., il pubblico ministero e l’imputato possono ricorrere per cassazione contro la sentenza di applicazione di pena su richiesta delle parti solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato stesso, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea
qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Sono dunque inammissibili le censure relative a vizi differenti da quelli tassativamente indicati nel citato comma 2-bis (Sez. 5, n. 19425 del 19/04/2021, Cocó, in motivazione; Sez. F, n. 28742 del 25/8/2020, Messnaoui, Rv. 279761-01; Sez. 6, n. 1032 del 7/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 27833701), e quindi, più in generale, i vizi relativi alla affermazione della penale responsabilità, nonché quelli relativi alla (mancata) applicazione dell’art. 131-bis cod. pen..
Il Collegio intende ribadire l’insegnamento, già espresso da questa Sezione, secondo il quale deve ritenersiCa inammissibile il ricorso per cassazione avverso ?,t,t GLYPH t7f,e,4 (Isentenza di patteggiamento ,sul , 039, 9v5L– 1 r mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto, in quanto siffatta causa di non punibilità non rientra nel novero delle ragioni di immediato proscioglimento previste dall’art. 129 cod. proc. pen., alla cui insussistenza è subordinata la pronuncia che accoglie la richiesta di applicazione di pena concordata (Sez. 4, n. 9204 del 01/02/2018, COGNOME, Rv. 272265 – 01, che ha rilevato come l’istituto introdotto dall’art. 131bis cod. proc. pen. esigoa un apprezzamento di merito, finalizzato al riscontro dei presupposti applicativi, incompatibile con la natura del rito; conf., Sez. 4, n. 43874 del 06/10/2016, COGNOME, Rv. 267926 – 01).
1.2. Il secondo motivo è inammissibile, poiché non consentito.
Il ricorrente lamenta l’erronea riduzione della pena detentiva, in misura inferiore ad un terzo.
Osserva innanzitutto il Collegio che non si è in presenza di alcun difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, avendo il Tribunale applicato la pena come esattamente concordata tra le parti, per come emerge dagli atti (verbale udienza del 28 gennaio 2025; richiesta del 27 dicembre 2024, con in calce il consenso del Pubblico ministero).
Inoltre, nel caso in esame non si è certo in presenza di una ipotesi di pena illegale: il Tribunale, ratificando l’accordo, ha ridotto la pena pecuniaria nella misura di un terzo, e quella detentiva in misura inferiore, in linea con quanto previsto dall’art. 444, comma 1, cod. proc. pen., che appunto consente di ridurre la pena fino ad un terzo.
Va quindi ribadito il principio secondo cui anche dopo l’introduzione dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. ad opera della legge 23 giugno 2017, n. 103, non sono deducibili con il ricorso per cassazione gli errori commessi nelle operazioni di calcolo funzionali alla determinazione della pena concordata, se il risultato finale non si discosta da quello concordato dalle parti e non si traduce in una pena illegale (Sez. 5, n. 18304 del 23/01/2019, COGNOME, Rv. 275915 – 01,
in un caso in cui l’aumento per la ritenuta recidiva era stato erroneamente computato sulla pena già incrementata per la continuazione).
1.3. Anche il terzo ed ultimo motivo è inammissibile, poiché non consentito.
Il giudice del patteggiamento può applicare una delle pene sostitutive di cui agli artt.
20-bis cod. pen. e 53, legge 24 novembre 1981, n. 689 solo se tale
sostituzione sia stata oggetto dell’accordo (Sez. 7, n. 11521 del 28/02/2025,
COGNOME non mass.; Sez. 7, n. 2942 del 18/12/2024, dep. 2025, COGNOME non mass.; Sez. 6, ord. n. 30767 del 28/04/2023, COGNOME, Rv. 284978 – 01).
Ove tale accordo manchi, come nella specie, il giudice non ha alternativa tra l’accoglimento ed il rigetto della richiesta.
2. Stante l’inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n.
186/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 15 aprile 2025
Il Pr sidente