Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 12027 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 12027 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/02/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME nato il 06/07/1975 a NAPOLI avverso la sentenza in data 07/10/2024 del GIP del TRIBUNALE DI MO- visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
letta la nota fatta pervenire dall’Avvocato NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME per il tramite del proprio procuratore speciale, impugna la sentenza pronunciata in data 07/10/2024 del G.i.p. del Tribunale di Modena sensi dell’art. 444 cod. proc. pen..
Deduce:
COGNOME
I
1.1. Violazione di legge in relazione all’art. 129 cod. proc. pen. e agli artt. 640 e 628 cod. pen., per erronea qualificazione giuridica del fatto contestato al capo A).
Il ricorrente contesta la genericità della motivazione sulla possibilità di pronunciare una sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. in relazione al capo A). Si sostiene che la condotta relativa a tale imputazione doveva ritenersi assorbita nel capo B), in quanto la sottrazione del tentativo di rapina impropria ivi contestato si era realizzata con la truffa.
1.2. Violazione di legge in relazione all’art. 129 cod. proc. pen. e alla continuazione esterna ritenuta con la sentenza emessa dal Tribunale di Trieste “per erroneità della volontà dell’imputato e per difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza e per contraddittorietà della motivazione”.
In questo caso, per come indicato nell’intitolazione, il ricorrente si duole della “erroneità della volontà dell’imputato e per difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza”. Denuncia, inoltre, la contraddittorietà della motivazione, che non riporta gli aumenti di pena per ogni singolo reato ritenuto in continuazione, per come invece puntualmente specificato nella richiesta di patteggiamento.
1.3. Violazione di legge in relazione all’art. 129 cod. proc. pen. e all’art. 368 cod. pen. per l’erronea qualificazione giuridica del fatto contestato al capo L) della rubrica.
Si sostiene che la condotta calunniosa contestata al capo L) costituisce legittimo esercizio del diritto di difesa e, in quanto tale, scriminato, così dovendosi pronunciare una sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen..
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è complessivamente infondato, nel senso di seguito specificato.
1.1. Sono inammissibili le doglianze genericamente enunciata in tutti e tre i motivi d’impugnazione, con i quali si denuncia la violazione di legge per l’omessa motivazione circa la sussistenza di una causa di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen..
A tale proposito, questa Corte ha più volte spiegato che «in tema di patteggiamento, è inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza applicativa della pena con cui si deduca il vizio di violazione di legge per la mancata verifica dell’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod., atteso che l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge 23 giugno 2017 n. 103, limita l’impugnabilità della pronuncia alle sole ipotesi di violazione di legge in esso tassativamente indicate» (Sez. 6, n. 1032 del 07/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278337 – 01; Sez. F, n. 28742 del 25/08/2020, Messnaoui, Rv. 279761 – 01);
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1.2. Risulta infondata, invece, la denuncia del vizio di violazione di legge sollevata in relazione ai capi A) e B), al cui riguardo si deduce l’assorbimento della truffa nel reato di rapina impropria.
Seppur vero, infatti, che in relazione alla rapina impropria, l’impossessamento del bene possa avvenire con condotte diverse dalla violenza o minaccia (cfr. in tal senso Sez. 2, n. 23779 del 28/04/2021, COGNOME, Rv. 281460 – 01; Sez. 2, n. 14241 del 26/11/2021, dep. 2022, COGNOME, non massimata) e, quindi, anche con artifici e/o raggiri, ciò non comporta l’assorbimento della truffa nel delitto di rapina impropria, configurandosi, invece, il concorso tra i due reati, attesa la distinta materialità tra gli artifici e/o i raggiri -strumentali all’induzione in errore e, quindi, all’impossessamento del bene, inteso come ingiusto profitto- e la successiva condotta violenta o minacciosa perpetrata per consolidare il profitto proditoriamente conseguito, come avvenuto nel caso in esame.
Da ciò l’infondatezza dell’assunto difensivo.
1.3. Manifestamente infondata e, perciò, inammissibile, risulta -invece- la denuncia del vizio di violazione di legge esposta in relazione al capo L).
In questo caso si assume che la calunnia quivi contestata doveva considerarsi espressione del legittimo esercizio del diritto di difesa e, perciò, scriminata ai sensi dell’art. 51 cod. pen..
L’assunto è manifestamente infondato, ove si consideri il principio di diritto più volte affermato da questa Corte, a mente del quale «le dichiarazioni accusatorie rese dall’indagato, in sede di interrogatorio, a carico di terzi, nella consapevolezza della loro innocenza, non sono scriminate dall’esercizio del diritto di difesa, ai sensi dell’art. 51 cod. pen. (In motivazione, la Corte ha precisato che la mancata inclusione del delitto di calunnia nel novero di quelli per i quali opera la causa di esclusione della colpevolezza di cui all’art. 384, comma primo, cod. pen., comporta che la difesa attuata mediante incolpazioni calunniose non esclude, “a fortiori”, l’antigiuridicità della condotta)» (così, Sez. 6, n. 48749 del 15/11/2023, COGNOME, Rv. 285637 – 01; Sez. 5, n. 38729 del 01/06/2023, COGNOME, Rv. 285447 – 02; Sez. 2, n. 17705 del 31/01/2022, COGNOME Rv. 283336 – 02).
1.4. Il ricorrente denuncia, ancora, “l’erroneità della volontà dell’imputato e il difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza” quanto alla riconosciuta continuazione con la sentenza emessa dal Tribunale di Trieste oltre che la mancata indicazione degli aumenti di pena applicati per ogni reato.
A parte l’evidente genericità dell’assunto, esso si mostra altresì manifestamente infondato, perché tutte le statuizioni non illegittime, concordate dalle parti e recepite in sentenza, in quanto manifestazione di un generale potere dispositivo che la legge riconosce alle parti e che il giudice ratifica, non possono essere dalle stesse parti rimesse in discussione con il ricorso per cassazione, così che, a loro riguardo, l’obbligo di motivazione deve ritenersi assolto con la semplice
affermazione dell’effettuata verifica e positiva valutazione dei termini dell’accordo tra esse intervenuto.
Nella motivazione della sentenza impugnata il giudice ha dato atto di avere effettuato detta verifica, ripercorrendo i contenuti dell’accordo raggiunto dalle parti, con specifico riguardo ai passaggi indicati per la determinazione della pena, ivi compresi i singoli aumenti applicati per i reati ritenuti in continuazione.
Tanto vale a significare che il giudice ha pienamente assolto il proprio obbligo di motivazione, convalidando l’accordo raggiunto dalle parti sia sulla continuazione con il reato giudicato con la sentenza del Tribunale di Trieste, sia in relazione agli aumenti di pena da esse voluti per i reati ritenuti in continuazione.
A ciò si aggiunga che dal raffronto tra il calcolo della pena in sentenza e il conforme calcolo oggetto della richiesta ex art. 444 c.p.p., non emerge alcun difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, per come genericamente denunciato dal ricorrente.
Il corretto adempimento dell’obbligo di motivazione e l’esatta corrispondenza tra quanto chiesto dalle parti e quanto pronunciato dal giudice portano alla manifesta infondatezza del motivo.
Da quanto esposto discende il conclusivo rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 18/02/2025