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Ricorso patteggiamento: limiti e motivi di inammissibilità

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12655/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso patteggiamento, ribadendo che i motivi di impugnazione sono tassativamente limitati dalla legge. Le censure relative alla determinazione della pena o alla mancata assoluzione nel merito non rientrano tra i vizi sindacabili, confermando la natura quasi definitiva dell’accordo tra imputato e PM.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando è Ammesso? L’Analisi della Cassazione

Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una scelta strategica fondamentale nel processo penale. Tuttavia, una volta raggiunto l’accordo, le possibilità di impugnazione sono estremamente ridotte. Con la recente ordinanza n. 12655 del 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza i confini invalicabili del ricorso patteggiamento, chiarendo quali motivi sono ammessi e quali destinati a un’inevitabile dichiarazione di inammissibilità.

Il Caso: Dalla Richiesta Concorde al Ricorso in Cassazione

Nel caso di specie, due imputati avevano concordato con la Procura l’applicazione di pene per i reati di tentata estorsione aggravata e lesioni aggravate. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, accogliendo la richiesta concorde, aveva applicato le pene pattuite, che includevano reclusione e multa, da eseguirsi in regime di detenzione domiciliare.

Nonostante l’accordo raggiunto, i difensori degli imputati decidevano di presentare ricorso per Cassazione, sollevando questioni relative alla determinazione della pena e alla presunta esistenza di cause di proscioglimento non valutate dal giudice.

I Motivi del Ricorso Patteggiamento: Le Doglianze dei Difensori

I ricorsi si fondavano essenzialmente su due argomenti:
1. La violazione dell’art. 133 del codice penale, che disciplina i criteri di commisurazione della pena, contestando la valutazione fatta dal giudice sulla congruità della sanzione base.
2. La violazione dell’art. 129 del codice di procedura penale, lamentando la mancata assoluzione nel merito, nonostante a loro dire sussistessero le condizioni per un proscioglimento.

Queste doglianze, tuttavia, si sono scontrate con i precisi limiti normativi che regolano l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, basando la sua decisione sull’interpretazione rigorosa dell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta dalla c.d. Riforma Orlando (L. 103/2017), elenca tassativamente i soli motivi per cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento.

I motivi ammessi sono esclusivamente:
* Vizi nella espressione della volontà dell’imputato: ad esempio, se il consenso al patteggiamento non è stato libero e consapevole.
* Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza: se il giudice ha applicato una pena diversa da quella concordata.
* Erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato è stato classificato in modo giuridicamente scorretto.
* Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata: se la sanzione è contraria alla legge (es. supera i massimi edittali) o non è prevista per quel tipo di reato.

La Corte ha chiarito che le censure sollevate dai difensori esulavano completamente da questo perimetro. Contestare la determinazione della pena base non significa lamentarne l’illegalità, ma entrare nel merito di una valutazione discrezionale che, con il patteggiamento, le parti hanno accettato. Allo stesso modo, una generica denuncia di mancato proscioglimento, senza specificare un vizio procedurale o un’evidenza macroscopica, non rientra tra i motivi consentiti.

Le Conclusioni: L’Insegnamento della Suprema Corte

La decisione in commento consolida un principio fondamentale: il patteggiamento è un accordo che, una volta ratificato dal giudice, assume una stabilità quasi definitiva. L’accesso al ricorso per Cassazione è un’eccezione, limitata a vizi strutturali e di legalità ben definiti. Non è una terza istanza di giudizio per rimettere in discussione l’opportunità dell’accordo o le valutazioni di merito che ne sono alla base.

Per gli operatori del diritto, questa ordinanza rappresenta un monito a ponderare con estrema attenzione la scelta del rito alternativo e a formulare ricorsi solo in presenza dei presupposti tassativamente indicati dalla legge. Per l’imputato, la consapevolezza di rinunciare a più ampie facoltà di impugnazione è un elemento cruciale nel bilanciamento dei vantaggi e degli svantaggi del patteggiamento.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per contestare la misura della pena ritenuta troppo alta?
No, non è possibile se la contestazione riguarda la valutazione discrezionale del giudice sulla congruità della pena (ad esempio, la pena base). L’impugnazione è ammessa solo se la pena è ‘illegale’, cioè se viola i limiti minimi o massimi previsti dalla legge per quel reato.

Quali sono gli unici motivi per cui si può fare ricorso per Cassazione contro un patteggiamento?
I motivi, secondo l’art. 448, comma 2-bis c.p.p., sono quattro: vizi nella espressione della volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto e illegalità della pena o della misura di sicurezza.

Cosa succede se si presenta un ricorso contro un patteggiamento basato su motivi non consentiti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione. Ciò comporta non solo la conferma della sentenza impugnata, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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