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Ricorso patteggiamento: limiti e motivi di appello

Una persona, condannata con sentenza di patteggiamento per reati legati agli stupefacenti, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando l’imprecisione sulla data di commissione dei reati. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che il ricorso patteggiamento è consentito solo per i motivi tassativamente elencati dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., tra i quali non rientra un mero difetto nella contestazione del fatto.

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Pubblicato il 27 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso patteggiamento: limiti e motivi di appello secondo la Cassazione

Il ricorso patteggiamento rappresenta un’area del diritto processuale penale con contorni ben definiti, soprattutto dopo le modifiche legislative che ne hanno limitato i motivi di impugnazione. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione (n. 39346/2024) offre un’occasione preziosa per ribadire quali sono i confini entro cui è possibile contestare una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti. Il caso analizzato riguarda un ricorso dichiarato inammissibile, poiché basato su un motivo non previsto dalla legge.

I Fatti del Caso

L’imputata, a seguito di un accordo con la pubblica accusa, otteneva dal Giudice per l’Udienza Preliminare una sentenza di patteggiamento per plurime fattispecie di reati in materia di stupefacenti, unificate dal vincolo della continuazione. Successivamente, tramite il proprio difensore, proponeva ricorso per Cassazione. Il motivo del ricorso si fondava sulla presunta “mancanza di motivazione e precisione della contestazione del tempus commissi delicti“, ovvero del momento esatto in cui alcuni dei reati sarebbero stati commessi, indicati in rubrica in anni futuri (nello specifico, il 2027).

I Limiti del Ricorso Patteggiamento: La Decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione sulla rigida interpretazione dell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta dalla Legge n. 103/2017, ha circoscritto in modo netto i motivi per cui è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento.

L’applicazione dell’art. 448, comma 2-bis, c.p.p.

I giudici di legittimità hanno chiarito che il ricorso avverso una sentenza di patteggiamento è consentito esclusivamente per i seguenti motivi:

1. Vizi relativi all’espressione della volontà dell’imputato di patteggiare.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta di patteggiamento e la sentenza emessa.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

Qualsiasi altro motivo, inclusi i vizi di motivazione, non rientra nel perimetro di ammissibilità del ricorso.

Il Motivo del Ricorso Ritenuto Inammissibile

Nel caso di specie, la doglianza dell’imputata relativa all’incertezza del tempus commissi delicti è stata qualificata dalla Corte come un mero “difetto di contestazione” e non come un “difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza”. Si tratta di una distinzione cruciale: mentre il secondo è un motivo valido di ricorso, il primo non lo è. La Corte ha inoltre sottolineato come il ricorso fosse generico e non si confrontasse con la motivazione della sentenza di primo grado, che fondava la ricostruzione dei fatti sull’analisi di cessioni documentate tramite riprese video.

Le Motivazioni

La ratio della decisione della Corte di Cassazione risiede nella natura stessa del patteggiamento. Questo rito speciale si basa su un accordo tra accusa e difesa, in cui l’imputato accetta una determinata pena in cambio di una definizione rapida del processo, rinunciando a contestare nel merito le accuse. La riforma del 2017 ha voluto rafforzare questa natura negoziale, limitando le impugnazioni a vizi strutturali dell’accordo o a palesi illegalità, per evitare che il ricorso venga utilizzato come uno strumento meramente dilatorio. La lamentela su un’imprecisione della data, quando i fatti sono comunque provati da altre fonti (come le riprese video), non incide sulla validità dell’accordo raggiunto tra le parti né sulla legalità della pena applicata. Di conseguenza, non può costituire un valido motivo per un ricorso patteggiamento.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma un orientamento giurisprudenziale consolidato: l’impugnazione della sentenza di patteggiamento è un rimedio eccezionale, esperibile solo per le violazioni di legge tassativamente indicate. Chi sceglie la via del patteggiamento deve essere consapevole che rinuncia a far valere in sede di legittimità la maggior parte delle censure relative all’accertamento del fatto e alla motivazione della sentenza. La conseguenza della proposizione di un ricorso per motivi non consentiti è severa: non solo l’inammissibilità, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

Quali sono gli unici motivi per cui si può fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
Secondo l’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, il ricorso è ammesso solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.

Un’imprecisione sulla data del reato è un motivo valido per impugnare un patteggiamento?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che un’imprecisione sul tempus commissi delicti costituisce un mero difetto di contestazione e non rientra tra i motivi tassativamente previsti dalla legge per impugnare una sentenza di patteggiamento.

Cosa succede se un ricorso contro un patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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