Ricorso Patteggiamento: i Limiti Imposti dalla Cassazione
L’istituto dell’applicazione della pena su richiesta, comunemente noto come patteggiamento, rappresenta una delle vie principali per la definizione accelerata dei procedimenti penali. Tuttavia, le possibilità di impugnare la sentenza che ne deriva sono state notevolmente ristrette. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 6491 del 2024, offre un’importante occasione per fare chiarezza sui motivi che possono legittimare un ricorso patteggiamento e su quelli che, invece, ne determinano l’inammissibilità. Questo provvedimento sottolinea come, a seguito della riforma del 2017, il controllo della Corte Suprema sia limitato a vizi specifici, escludendo una rivalutazione generale delle motivazioni del giudice.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice dell’Udienza Preliminare. L’imputato lamentava tre distinti vizi:
1. L’omessa motivazione riguardo alle cause di non punibilità previste dall’art. 129 del codice di procedura penale.
2. L’errata qualificazione giuridica del fatto contestato.
3. L’illegittima condanna al pagamento delle spese processuali.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. La decisione si fonda su un’analisi puntuale dei limiti imposti dall’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla legge n. 103 del 2017. La Corte ha ribadito che l’accordo tra le parti, che sta alla base del patteggiamento, limita drasticamente le successive possibilità di contestazione, circoscrivendole a specifiche violazioni di legge.
Analisi del Ricorso Patteggiamento e dei Motivi di Inammissibilità
La Corte ha esaminato singolarmente i motivi di ricorso, spiegando nel dettaglio le ragioni dell’inammissibilità.
Primo Motivo: Il Vizio di Motivazione
Il primo motivo, relativo alla mancata motivazione sulla non punibilità, è stato ritenuto inammissibile alla luce della nuova normativa. La Cassazione ha chiarito che, dopo la riforma, non è più consentito dedurre il vizio di motivazione per contestare una sentenza di patteggiamento, neanche in relazione all’articolo 129 c.p.p. I motivi validi per un ricorso patteggiamento sono tassativamente elencati e riguardano:
– L’espressione della volontà dell’imputato.
– Il difetto di correlazione tra richiesta e sentenza.
– L’erronea qualificazione giuridica del fatto.
– L’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
Secondo Motivo: La Qualificazione Giuridica
Anche il secondo motivo è stato respinto, ma per ragioni diverse: è stato giudicato generico e manifestamente infondato. La Corte ha osservato che all’imputato erano state contestate due diverse ipotesi di reato previste dall’art. 73 del Testo Unico Stupefacenti, ma era stata applicata una pena unica senza l’aumento previsto per la continuazione. Questo, secondo i giudici, dimostra che la qualificazione giuridica era stata correttamente gestita nell’ambito dell’accordo tra le parti.
Terzo Motivo: La Condanna alle Spese Processuali
Infine, il terzo motivo è stato considerato manifestamente infondato. La Cassazione ha confermato la legittimità della condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali anche in caso di patteggiamento. Citando un proprio precedente (Sez. 6, n. 46131 del 2021), ha specificato che tale condanna è dovuta quando la pena concordata, seppur inferiore a due anni, viene posta in continuazione con una precedente condanna definitiva, portando la pena complessiva a superare la soglia dei due anni.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione centrale della decisione risiede nella volontà del legislatore, espressa con la riforma del 2017, di stabilizzare gli effetti delle sentenze di patteggiamento, limitando le impugnazioni a vizi di natura strutturale e non meramente argomentativa. L’accordo tra accusa e difesa cristallizza la valutazione dei fatti e la qualificazione giuridica, salvo errori macroscopici che rientrino nelle categorie previste dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. La Corte, quindi, non può essere chiamata a rivalutare aspetti che sono stati oggetto dell’accordo processuale, come la presenza di cause di non punibilità, se non attraverso i canali specificamente previsti dalla legge.
Le Conclusioni
Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale ormai chiaro: il ricorso patteggiamento è uno strumento a maglie strette. Gli imputati e i loro difensori devono essere consapevoli che la scelta di questo rito alternativo implica una rinuncia a far valere in sede di impugnazione una serie di doglianze, tra cui il vizio di motivazione. La sentenza di patteggiamento acquista così una maggiore stabilità, in linea con l’obiettivo di efficienza e celerità processuale che ispira l’istituto. La condanna alle spese processuali, anche in casi di continuazione con pene precedenti, è un ulteriore elemento da considerare attentamente nella strategia difensiva.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per omessa motivazione?
No. A seguito della riforma introdotta con la legge n. 103 del 2017, il vizio di motivazione, anche in relazione all’art. 129 c.p.p. (cause di non punibilità), non è più un motivo valido per ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento.
Quali sono i motivi ammessi per un ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
Secondo l’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., il ricorso è consentito solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
In un patteggiamento, si può essere condannati al pagamento delle spese processuali se la pena è bassa?
Sì. La condanna al pagamento delle spese processuali è legittima. In particolare, lo è anche quando la pena concordata, pur inferiore a due anni, viene posta in continuazione con una precedente condanna definitiva, determinando una pena complessiva superiore ai due anni.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6491 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6491 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SIRACUSA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/06/2023 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di CATANIA
43449-COGNOME , aINDIRIZZOailia-paft4;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che il primo motivo di ricorso di COGNOME NOME, in relazione alla sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 cod.proc.pen. (da trattarsi ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis cod. proc. pen.) con cui deduce l’omessa motivazione RAGIONE_SOCIALE cause di non punibilità ex art. 129 cod.proc.pen. è inammissibile.
Deve invero rammentarsi che, secondo quanto previsto dall’art. 448, comma 2bis, cod. proc. pen. – disposizione introdotta con la legge 23 giugno 2017, n. 103 -, il pubblico ministero e l’imputato possono ricorrere per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato stesso, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misur sicurezza, sícchè non è più consentita la deduzione del vizio di motivazione in relazione u ,all’art. 129 cod.proc.pen. ee
RilevatoVil secondo motivo di ricorso, che contesta96 la correttezza qualificazione giuridica del fatto è generico e’s manifestamente infondato, tenuto conto che all’imputato è contestata sia la violazione degli artt. 73 comma 1 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 che quella di cui all’art. 73 comma 4 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e che è stata applicata una pena sola senza alcun aumento per la continuazione.
Considerato che il terzo motivo di ricorso che contesta la condanna al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali è manifestamente infondato tenuto conto che è legittima la condanna dell’imputato al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del processo in ipotesi di applicazione della pena concordata, pur inferiore ad anni due, che, posta in continuazione con altra oggetto di precedente condanna definitiva, determini una pena complessiva irrogata superiore ai due anni (Sez. 6, n. 46131 del 01/12/2021, Rv. 282356 – 01).
Rilevato che pertanto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2024
Il Consig ‘ r /:- ensore I
Il Presidente