Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 30587 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 30587 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME (CUI 06HNECR), nato in Tunisia il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/07/2023 del G.i.p. del Tribunale di Venezia
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 28/07/2023, il G.i.p. del Tribunale di Venezia ha applicato, su richiesta congiunta delle parti, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. a NOME la pena di 2 anni e 8 mesi di reclusione ed € 933,00 di multa per il reato di rapina impropria aggravata dall’avere commesso la violenza o minaccia con arma, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla suddetta circostanza aggravante.
Avverso l’indicata sentenza del 28/07/2023 del G.i.p. del Tribunale di Venezia, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore, NOME COGNOME.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, «lett. a)», cod. proc. pen., l’inosservanza o l’erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nell’applicazione della stessa legge, per avere il G.i.p. del Tribunale di Venezia operato la diminuzione di pena per le circostanze attenuanti generiche «sulla pena di anni 6 risultante dall’applicazione dell’aumento dell’aggravante di cui all’art. 628 c.p. terzo comma
1» anziché «partire con la riduzione della pena da anni 5» di reclusione, così applicando erroneamente la disposizione dell’ultimo comma dell’art. 628 cod. pen.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, «lett. a)», cod. proc. pen., l’inosservanza o l’erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nell’applicazione della stessa legge, per non avere il G.i.p. del Tribunale di Venezia «verifica se sussistano i presupposti per una sentenza 129 c.p.p. anche solo parzialmente per circostanza» aggravante dell’essere stata la violenza o minaccia commessa con armi, «atteso che nella motivazione medesima si dà atto della “scarsa qualità delle immagini delle telecamere di videosorveglianza acquisite”».
2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, «lett. a)», cod. proc. pen., l’inosservanza o l’erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nell’applicazione della stessa legge, in quanto «N’accordo dell’applicazione pena era condizionato alla modifica della misura cautelare e questa non vi è stata», il che «vizia il consenso dell’imputato all’applicazione della pena».
In base al nuovo comma 2-bis dell’art. 448 cod. proc. pen., inserito dall’art. 1, comma 50, della legge 23 giugno 2017, n. 103, il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegali della pena o della misura di sicurezza.
Ciò rammentato, si deve rilevare che il primo motivo di ricorso concerne non l’illegalità della pena – da intendere come sanzione non prevista dall’ordinamento giuridico ovvero eccedente, per specie e quantità, il limite legale – ma, in realtà, profili commisurativi di essa, atteso che la medesima pena è stata determinata partendo da una pena base (6 anni di reclusione ed C 2.100,00 di multa) che è compresa nell’ambito della forbice edittale che è prevista dal primo comma dell’art. 628 cod. pen. (da 5 a 10 anni di reclusione e da € 927,00 a C 2.500,00 di multa).
Peraltro, e in ogni caso, come è stato chiarito con la sentenza Sacchettino dalle Sezioni unite della Corte di cassazione – che era relativa proprio a una fattispecie di applicazione della pena sul richiesta delle parti -, la pena determinata a seguito dell’erronea applicazione del giudizio di comparazione tra circostanze eterogenee concorrenti è illegale soltanto nel caso in cui essa ecceda i limiti edittali generali previsti dagli artt. 23 e seguenti, nonché 65 e 71 seguenti, cod. pen., oppure i limiti edittali previsti per le singole fattispecie
reato, a nulla rilevando il fatto che i passaggi intermedi che portano alla sua determinazione siano computati in violazione di legge (Sez. U, n. 877 del 14/07/2022, Sacchettino, Rv. 283886-01).
Quanto al secondo motivo, con il quale si lamenta che il G.i.p. del Tribunale di Venezia non abbia «verifica se sussistano i presupposti per una sentenza 129 c.p.p. anche solo parzialmente per circostanza» aggravante dell’essere stata la violenza o minaccia commessa con armi, neppure esso rientra tra i suddetti menzionati casi per i quali è ammesso il ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento (tra le tantissime: Sez. F, n. 28742 del 25/08/2020, Messnaoui, Rv. 279761-01; Sez. 6, n. 1032 del 07/11/2019, dep. 2020, Pierri, Rv. 278337-01; Sez. 2, n. 4727 del 11/01/2018, Oboroceanu, Rv. 272014-01).
Quanto al terzo motivo, la Corte di cassazione ha chiarito che, in tema di patteggiamento, le parti non possono subordinare l’efficacia dell’accordo alla sostituzione della misura cautelare in atto con un’altra meno afflittiva, trattandosi di materia sottratta alla loro disponibilità, né il giudice è tenuto considerare tale aspetto, sicché può pronunciare sentenza senza dover motivare in ordine al mancato rispetto della condizione impropriamente apposta (Sez. 2, n. 39557 del 21/09/2022, COGNOME, Rv. 283852-01, con la quale è stato precisato che l’unica evenienza prevista dalla legge cui può essere vincolata la produzione degli effetti della richiesta è costituita dalla concessione della sospensione condizionale della pena. Nelo stesso senso: Sez. 6, n. 9920 del 29/01/2014, COGNOME, Rv. 259109-01), con la conseguenza che, diversamente da quanto mostra di ritenere il ricorrente, non è ravvisabile un difetto di correlazione tra la richiest che non poteva essere subordinata alla sostituzione della misura, e la sentenza.
Trattandosi di impugnazione proposta contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti dopo l’entrata in vigore della menzionata novella di cui alla legge n. 103 del 2017, il cui art. 1, comma 62, ha aggiunto all’art. 610 cod. proc. pen. il comma 5-bis, il ricorso deve essere trattato nelle forme de plano, ai sensi del secondo periodo di quest’ultimo comma.
Per le ragioni sopra indicate, il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali, nonché, essendo ravvisabili profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento della somma di C 3.000,00 in favore cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 31/05/2024.