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Ricorso patteggiamento: limiti e inammissibilità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso patteggiamento poiché i motivi addotti dall’imputata non rientravano tra quelli tassativamente previsti dalla legge. L’appello si basava sulla presunta mancata applicazione delle cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., una censura che non può essere fatta valere contro una sentenza di applicazione della pena su richiesta. La decisione sottolinea i rigidi confini dell’impugnazione in questi casi, portando alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: La Cassazione Fissa i Paletti dell’Inammissibilità

L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una delle vie più comuni per la definizione dei procedimenti penali. Tuttavia, le possibilità di impugnare la sentenza che ne deriva sono molto limitate. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui motivi che possono giustificare un ricorso patteggiamento, ribadendo quando questo debba essere considerato inammissibile. Analizziamo la decisione per comprendere meglio i confini di questo strumento processuale.

I Fatti del Caso: Un Patteggiamento in Continuazione

Il caso trae origine dalla decisione del Tribunale di Perugia che, su accordo tra le parti, aveva applicato a un’imputata una pena di 4 mesi di reclusione e 1.000 euro di multa. Questa condanna era stata calcolata come aumento in continuazione rispetto a una precedente sentenza irrevocabile, per reati legati agli stupefacenti (artt. 81 c.p. e 73, comma 1, d.P.R. 309/1990).

L’imputata, non soddisfatta della decisione, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge. In particolare, sosteneva che il giudice del patteggiamento non avesse correttamente valutato la possibile applicazione dell’art. 129 del codice di procedura penale, che impone il proscioglimento immediato dell’imputato quando sussistono determinate cause di non punibilità.

I Limiti del Ricorso Patteggiamento

Il cuore della questione risiede nei limiti imposti dalla legge all’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. Con la riforma introdotta dalla legge n. 103 del 2017, l’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale ha stabilito in modo tassativo i motivi per cui l’imputato e il pubblico ministero possono presentare ricorso.

Questi motivi sono:
1. Errata espressione della volontà dell’imputato.
2. Mancata correlazione tra la richiesta e la sentenza.
3. Errata qualificazione giuridica del fatto.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

Qualsiasi altro motivo, inclusa la presunta carenza di motivazione o la mancata valutazione delle cause di proscioglimento, esula da questo perimetro.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, conformandosi a un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. I giudici hanno chiarito che la scelta di accedere al patteggiamento comporta una rinuncia implicita a far valere la maggior parte delle eccezioni processuali, comprese quelle di nullità assoluta.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che, sebbene il giudice del patteggiamento sia sempre tenuto a verificare l’assenza delle cause di proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p., un eventuale vizio di motivazione su questo punto non è più censurabile in Cassazione. Il legislatore, con la riforma del 2017, ha voluto dare prevalenza al consenso prestato dall’imputato, considerando superfluo e contraddittorio un controllo successivo sulla valutazione della colpevolezza. L’accordo tra accusa e difesa, una volta ratificato dal giudice, cristallizza la situazione processuale, e il ricorso può vertere solo sui profili strettamente formali e legali elencati nell’art. 448, comma 2-bis.

Le conclusioni

La dichiarazione di inammissibilità del ricorso non è priva di conseguenze. In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto un ricorso inammissibile senza versare in colpa è condannata al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, viene condannata al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata equitativamente fissata in 3.000 euro. Questa ordinanza serve da monito: il ricorso patteggiamento è uno strumento da utilizzare con estrema cautela e solo quando si è in presenza di uno dei vizi tassativamente indicati dalla legge, per evitare sanzioni economiche significative.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per qualsiasi motivo?
No. L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale elenca tassativamente i motivi di ricorso: problemi legati all’espressione della volontà, difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto, e illegalità della pena o della misura di sicurezza.

Il giudice del patteggiamento deve verificare la possibile assoluzione dell’imputato?
Sì, il giudice è sempre tenuto ad accertare che non sussistano cause di proscioglimento secondo l’art. 129 c.p.p. Tuttavia, secondo la Corte, un eventuale vizio di motivazione su questo specifico punto non può essere contestato con il ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento.

Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
La parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 c.p.p. Nel caso specifico, tale somma è stata fissata in 3.000,00 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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