Ricorso Patteggiamento: Quando è Inammissibile?
Il ricorso patteggiamento rappresenta uno strumento processuale con limiti ben definiti, come ribadito da una recente ordinanza della Corte di Cassazione. La decisione in esame chiarisce in modo inequivocabile quali sono i confini per impugnare una sentenza emessa a seguito di applicazione della pena su richiesta delle parti, un tema cruciale per imputati e difensori. Analizziamo insieme i contorni di questa pronuncia.
I Fatti del Caso
Un imputato, dopo aver concordato con il Pubblico Ministero una pena di sei mesi di reclusione e 1.000 euro di multa per un reato legato a sostanze stupefacenti di lieve entità (art. 73, comma 5, D.P.R. 309/1990), decideva di impugnare la sentenza del G.U.P. del Tribunale. Il suo difensore presentava ricorso per cassazione, basandolo su un unico motivo: la presunta ‘manifesta illogicità della motivazione’ della sentenza stessa.
La Decisione della Corte di Cassazione sul ricorso patteggiamento
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su una stretta interpretazione normativa, evidenziando che i motivi per cui è possibile contestare una sentenza di patteggiamento non sono a libera scelta del ricorrente, ma sono tassativamente elencati dalla legge. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 4.000 euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: i Limiti Tassativi del Ricorso Patteggiamento
Il cuore della decisione risiede nell’applicazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta con la riforma del 2017, ha lo scopo di limitare le impugnazioni dilatorie contro le sentenze di patteggiamento, stabilendo un elenco chiuso di motivi di ricorso. Essi sono:
1. Vizi del consenso: se l’espressione della volontà dell’imputato di patteggiare è stata viziata.
2. Mancata correlazione tra richiesta e sentenza: se il giudice ha emesso una decisione che non corrisponde all’accordo tra le parti.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato è stato classificato in modo errato.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza: se la sanzione applicata è contraria alla legge.
La Corte ha osservato che la doglianza del ricorrente, focalizzata sulla ‘manifesta illogicità della motivazione’, non rientra in nessuna di queste categorie. Pertanto, il motivo addotto non era ‘consentito’ dalla legge. La conseguenza diretta è stata la declaratoria di inammissibilità ‘senza formalità’, come previsto dall’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, una procedura accelerata per i ricorsi palesemente infondati.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza funge da importante monito per la difesa. Chi intende impugnare una sentenza di patteggiamento deve attentamente verificare che i motivi del ricorso rientrino in una delle quattro casistiche previste dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. Proporre un ricorso basato su motivi generici o non previsti, come la critica alla motivazione, espone l’imputato non solo al rigetto dell’impugnazione, ma anche a significative conseguenze economiche, come la condanna al pagamento delle spese e di una somma non trascurabile alla Cassa delle ammende. La strategia difensiva deve quindi essere estremamente rigorosa e tecnicamente fondata sui binari tracciati dal legislatore.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per qualsiasi motivo?
No, l’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale stabilisce che il ricorso è consentito solo per motivi specifici: vizio del consenso, difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto, o illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Cosa succede se si propone un ricorso per un motivo non consentito dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione. Questo comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come accaduto nel caso di specie (€ 4.000,00).
La ‘manifesta illogicità della motivazione’ è un motivo valido per ricorrere contro una sentenza di patteggiamento?
No, la Corte ha chiarito che la censura relativa alla motivazione, anche se manifestamente illogica, non rientra tra i motivi tassativamente previsti dalla legge per impugnare una sentenza emessa a seguito di patteggiamento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31367 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31367 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 24/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il 27/07/2000
avverso la sentenza del 19/03/2025 del GUP TRIBUNALE di NAPOLI udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 19 marzo 2025 il G.U.P. del Tribunale di Napoli ha applicato a NOME NOME, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena di mesi sei di reclusione ed euro 1.000,00 di multa in ordine al reato di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con un unico motivo, manifesta illogicità della motivazione.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivo non consentito, considerato che la dedotta censura non rientra tra quelle indicate dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. (come introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, in vigore dal 3 agosto 2017), in quanto non riguardante motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto d correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
La declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione deve, pertanto, essere pronunciata «senza formalità», ex art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen.
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che appare conforme a giustizia stabilire nella somma di euro 4.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 4.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 24 giugno 2025
Il Consigliere estensore