Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 31774 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 31774 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a Licata il 31/03/2003 e da NOME COGNOME nato 24/04/2003; a Licata il
avverso la sentenza pronunciata in data 13/03/2025 dal Tribunale di Agrigento;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
rilevato che il procedimento è stato trattato con il rito “de plano”;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Gli imputati NOME COGNOME nato a Licata il 31/03/2003 e NOME COGNOME nato a Licata il 24,I04/2003, per il tramite del dei rispettivi difensori, impugnano la senten di cui in epigrafe, pronunciata dal Tribunale di Agrigento il 13/03/2025 ai sensi dell’ 444 cod. proc. ;en.. fJ
Entrambi c imputati, con un unico motivo, deducono l’erronea qualificazione giuridica del fatto – rlspettivamente, per COGNOME NOME nato il 24/04/2023 con riferimento reato di lesioni personali di cui al capo 5) dell’imputazione e per COGNOME NOME na
il 31/03/2023 con riferimento al reato di tentata estorsione di cui a! cap dell’imputazione – ed il mancato approfondimento sulla sussistenza del reato e, quindi, sui motivi per i quali si è ritenuto di non applicare l’art. 129 cod. proc. pen..
Ciò premesso, i ricorsi sono inammissibili perché presuppongono questioni non consentite in presenza di una sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen.
Entrambi i ricorrenti lamentano – genericamente e apoditticamente – l’omessa motivazione della sentenza sulla qualificazione giuridica del fatto: ed invero, NOME nato il 24/04/2023, si sostiene che “la mera presenza” dell’imputato a casa della persona offesa al momento del fatto sarebbe inidonea ad imputare allo stesso la responsabilità per il reato di lesioni personali, mentre, per NOME nato il 31/03/2023, si sostiene che egli non avrebbe richiesto somme di denaro alla persona offesa, ma si sarebbe limitato a ricordarle il debito scaduto, dovendo rispondere, tuttalpiù, del reato di violenza privata.
Questa Corte ha avuto occasione di puntualizzare che «in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo, ai se dell’art. 448, comma 2 bis, cod. proc. pen. (introdotto con 1.103/2007 ed entrato in vigore a decorrere dal 03/08/2007), l’erronea qualificazione giuridica del fatto contenu in sentenza è limitata ai soli casi di errore manifesto, configurabile quando t qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilit palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, sicché è inammissibile l’impugnazione che denunci, in modo aspecifico e non autosufficiente, una violazione di legge nor immediatamente evincibile dal tenore dei capi di imputazione e dalla motiva-zione della sentenza (Sez. 4, Sentenza n. 13749 del 23/03/2022, Gamal, Rv. 283023 – 01).
I requisiti così richiesti per la deducibilità della questione relativa alla qualif giuridica sono palesemente mancanti nel caso in esame, nel quale i ricorrenti, come detto, si limitano ad affermare in maniera affatto generica che il giudice non avrebb approfondito la dinamica del fatto e, dunque, la qualificazione giuridica del fatto, se peraltro evidenziare eventuali errori connotati da evidenza ed immediatezza, come richiesto dal principio di dirltto sopra enunciato.
Quanto al motivo inerente all’art. 129 cod. proc. pen., i ricorrenti, nella specie, in del tutt ,- generica, si limitano a dolersi dell’omessa ovvero apparente motivazionc, sui presupposti per la pronuncia di sentenza ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.; anche s punto occorre ribadire che ai sensi dell’art. 448, comma 2 bis, cod. proc. pen., le ipotesi per proporre ricorso per casazione avverso la sentenza di patteggiarnento sono tassative e che, dal nove i o dei casi, è escluso il difetto di motivazione del giudice ordine all’insussistenza delle condizioni per pronunciare sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (sez. 5, n. 19757 del 16/04/2019, COGNOME, Rv. 276509).
Quanto esposto, porta alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, cui segue, ai sens dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 08/07/2025
GLYPH
Il Consigliere estensore