Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 25139 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 11/04/2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25139 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 40745/2024
NOME COGNOME
ORDINANZA
Sul ricorso proposto da NOME NOMECOGNOME nato a Cosenza il 01/08/1975, avverso la sentenza del Tribunale di Cosenza del 28/10/2024 visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Cosenza, sull’accordo delle parti, applicava ad NOME NOMECOGNOME per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990, la pena di mesi 4 di reclusione e 688 euro di multa.
Avverso tale sentenza l’imputato propone ricorso per cassazione, in cui si lamenta violazione di legge con riguardo alla ritenuta inapplicabilità dell’articolo 129 c.p.p. e alla qualificazione giuridica del fatto.
Il ricorso (da trattarsi ai sensi dell’art. 610, comma 5bis cod. proc. pen.) Ł inammissibile.
Deve invero rammentarsi che, secondo quanto previsto dall’art. 448, comma 2bis , cod. proc. pen. – disposizione introdotta con la legge 23 giugno 2017, n. 103 -, il Pubblico ministero e l’imputato possono ricorrere per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato stesso, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
3.1. In relazione al primo generico motivo di censura, Ł nozione consolidata che l’applicazione concordata della pena postula la rinuncia a far valere qualunque eccezione di nullità, anche assoluta, diversa da quelle attinenti alla richiesta di patteggiamento ed al consenso ad essa prestato ( ex multis , Sez. 5, n. 2525 del 24/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269072; Sez. 4, n. 8531 del 17/02/2022, COGNOME, Rv. 282761).
Va altresì ricordato che il giudice, nel pronunciare sentenza di patteggiamento, resta sempre
tenuto ad accertare l’insussistenza delle cause di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., ma l’eventuale vizio di motivazione non Ł piø censurabile con il ricorso per cassazione, nel chiaro intento del legislatore della novella di evitare ogni scrutinio della motivazione sulla colpevolezza valorizzando, per converso, il consenso prestato dall’imputato, rispetto al quale si apprezza come superfluo e contraddittorio un motivo di impugnazione sullo svolgimento dei fatti ( ex multis , ad es. Sez. 2, n. 4727 del 11/01/2018, Oboroceanu, Rv. 272014; Sez. F, n. 28742 del 25/08/2020, Messnaoui, Rv. 279761).
3.2. Quanto al secondo profilo di doglianza, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte (a partire da Sez. U. n. 5 del 19/01/2000, Rv 215825), in tema di patteggiamento, l’erronea qualificazione giuridica del fatto, così come prospettata nell’accordo delle parti recepito dal giudice, può essere denunciata in sede di legittimità in quanto la qualificazione giuridica del fatto Ł materia sottratta alla disponibilità delle parti e l’errore su di essa costituisce errore di diritto rilevante ai sensi dell’art. 606, lett. b) cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 14314 del 29/01/2010, COGNOME, Rv. 246709; Sez. 4, n. 39526 del 17/10/2006, P.G. in proc. COGNOME, Rv. 235389).
La possibilità di ricorrere per cassazione avverso la sentenza, emessa ai sensi dell’art. 444 cod.proc.pen., per errata qualificazione giuridica del fatto, deve ritenersi tuttavia limitata alle ipotesi in cui si tratti di un errore manifesto e tale, quindi, da far ritenere che vi sia stato un indebito accordo non sulla pena ma sul reato, dovendosi, per converso, escludere detta possibilità, anche sotto il profilo del difetto di motivazione, mentre deve essere esclusa tutte le volte in cui la diversa qualificazione presenti margini di opinabilità (v., ex multis , Sez. 3, n. 34902 del 24/06/2015, COGNOME, Rv. 264153; Sez. 6, n. 15009 del 27.11.2012, Bisignani, Rv. 254865; Sez. 4, n. 10692 dell’11/03/2010, COGNOME, Rv. 246394; Sez. 6, n. 45688 del 20/11/2008, COGNOME, Rv. 241666).
Dunque, l’erronea qualificazione del fatto contenuto in sentenza Ł limitata ai casi in cui tale qualificazione risulti palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, dovendo in particolare escludersi l’ammissibilità dell’impugnazione che richiami, quale necessario passaggio logico del motivo di ricorso, aspetti in fatto e probatori che non risultino con immediatezza dalla contestazione (Sez. 3, n. 28747 del 19/04/2016, Cenicola, n.m.).
Nel caso di specie, non solo tale macroscopica evidenza non occorre, ma il ricorrente neppure deduce quale sarebbe la corretta qualificazione giuridica del fatto.
Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonchØ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 11/04/2025.
Il Presidente
ALDO ACETO