Ricorso Patteggiamento: i Limiti Imposti dalla Legge
L’istituto del patteggiamento rappresenta una delle vie alternative al processo ordinario, ma quali sono i confini per contestare una sentenza emessa con questo rito? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui motivi tassativi che rendono ammissibile un ricorso patteggiamento, confermando la stretta interpretazione normativa introdotta dalla Riforma Orlando. Questo articolo analizza la decisione e le sue implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso
Un soggetto, a seguito di un accordo con la pubblica accusa, otteneva una sentenza di patteggiamento dal Tribunale di Chieti per il reato di furto aggravato (artt. 624 e 625 c.p.). Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione avverso tale sentenza. Il motivo del ricorso si fondava sulla presunta inosservanza della legge, in particolare sulla mancata applicazione dell’articolo 129 del codice di procedura penale, che prevede l’obbligo del giudice di dichiarare d’ufficio determinate cause di non punibilità, come l’evidente innocenza dell’imputato.
La Riforma Orlando e i Limiti al Ricorso Patteggiamento
La questione centrale del caso ruota attorno all’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta con la cosiddetta “Riforma Orlando” (L. n. 103/2017), ha significativamente limitato la possibilità di impugnare le sentenze di patteggiamento. La legge stabilisce che il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso in Cassazione solo per un elenco ristretto e tassativo di motivi:
* Vizi relativi all’espressione della volontà dell’imputato.
* Difetto di correlazione tra la richiesta di patteggiamento e la sentenza emessa.
* Erronea qualificazione giuridica del fatto.
* Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza disposta.
Questa modifica legislativa mira a dare maggiore stabilità alle sentenze di patteggiamento, evitando ricorsi basati su motivi non essenziali e deflazionando il carico di lavoro della Corte di Cassazione.
Le Motivazioni
La Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha applicato in modo rigoroso il dettato normativo dell’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. I giudici hanno osservato che il motivo addotto dal ricorrente – la mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p. – non rientra in nessuno dei quattro casi tassativamente previsti dalla legge. La norma è chiara nel circoscrivere l’ambito del sindacato di legittimità sulle sentenze di patteggiamento. Poiché la richiesta di patteggiamento nel caso di specie era stata avanzata dopo l’entrata in vigore della riforma, la nuova e più restrittiva disciplina era pienamente applicabile. Di conseguenza, il ricorso, essendo fondato su un motivo non consentito, non poteva che essere dichiarato inammissibile.
Le Conclusioni
La decisione in esame conferma un principio fondamentale del diritto processuale penale post-riforma: l’accordo tra le parti nel patteggiamento cristallizza la maggior parte delle questioni, rendendo la sentenza difficilmente attaccabile, se non per vizi specifici e gravi. Chi accede a questo rito deve essere consapevole che la possibilità di impugnazione è estremamente ridotta. La conseguenza pratica di un ricorso inammissibile, come in questo caso, non è solo la conferma della sentenza, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (nella fattispecie, quattromila euro) a favore della Cassa delle ammende. Questo provvedimento serve da monito sulla necessità di valutare attentamente i presupposti di un ricorso prima di adire la Suprema Corte.
È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. Il ricorso è ammesso solo per i motivi specificamente ed esclusivamente elencati dall’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
Quali sono i motivi validi per impugnare una sentenza di patteggiamento?
I motivi validi sono: problemi relativi all’espressione della volontà dell’imputato (es. consenso viziato), mancanza di correlazione tra la richiesta e la sentenza, errata qualificazione giuridica del fatto e illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Cosa succede se si propone un ricorso per motivi non consentiti dalla legge?
Se il ricorso è basato su motivi non previsti dalla legge, la Corte di Cassazione lo dichiara inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11855 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11855 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 23/07/1982
avverso la sentenza del 14/10/2024 del TRIBUNALE di CHIETI
parti]
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RG 39116/24 -Udienza del 26 febbraio 2025 -Consigliere COGNOME
Considerato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Chieti per il reato di cui agli artt. 624 e 625 cod.pen. a carico dell’imputato.
Rilevato che il primo ed unico motivo di ricorso – con cui si contesta l’inosservanza della legge e la mancata applicazione dell’art 129 cod.pen.,- non è consentito in sede di legittimità perché, a norma dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., il pubblico ministero e l’imputato possono ricorrere per cassazione contro la sentenza di patteggiamento solo per motivi attinenti all’espressione della volontà del prevenuto, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenz all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicure
Tale norma, introdotta con la I. 23 giugno 2017, n. 103, a mente dell’art 1, comma 51, si applica ai procedimenti – come il presente – per i quali la richiesta di patteggiamento sia stata avanzata successivamente al 3 agosto 2017.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della cassa delle ammende
Così deciso il 26 febbraio 2025
Il consi re estensore
Il Presidente