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Ricorso patteggiamento: limiti e inammissibilità

Un soggetto ha impugnato una sentenza di patteggiamento per un reato legato agli stupefacenti, lamentando l’entità della pena calcolata. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che il ricorso per patteggiamento è consentito solo per contestare l’illegalità della pena (se non prevista dalla legge o eccedente i limiti), e non per questioni relative alla sua commisurazione, come l’applicazione delle attenuanti.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando è Inammissibile? L’Analisi della Cassazione

Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è uno strumento fondamentale nel nostro ordinamento processuale penale. Tuttavia, le possibilità di impugnare la sentenza che ne deriva sono molto limitate. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce i confini invalicabili del ricorso per patteggiamento, specificando quando questo risulta inammissibile. Analizziamo la decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.

Il Fatto: La Contestazione sulla Misura della Pena

Il caso nasce dal ricorso di un imputato contro una sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Torino. La condanna riguardava una violazione della normativa sugli stupefacenti (art. 73 del d.P.R. 309/90). L’imputato non contestava la propria colpevolezza o la qualificazione giuridica del fatto, ma si doleva esclusivamente dell’entità della pena concordata. Nello specifico, la critica verteva sulla misura della diminuzione della pena base a seguito dell’applicazione delle circostanze attenuanti generiche.

I Limiti al Ricorso Patteggiamento secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in modo netto e senza possibilità di appello. La decisione si fonda su un principio cardine stabilito dall’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma limita drasticamente le ragioni per cui si può ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento.

Il legislatore ha stabilito che tale ricorso è consentito solo per contestare:

1. L’espressione della volontà dell’imputato.
2. Il difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza.
3. L’erronea qualificazione giuridica del fatto.
4. L’illegalità della pena.

Il motivo sollevato dal ricorrente, relativo alla quantificazione della pena e alla ponderazione delle attenuanti, non rientra in nessuna di queste categorie. Si tratta, infatti, di un profilo “commisurativo”, cioè legato alla discrezionalità del giudice nel determinare la sanzione, e non di un profilo di “illegalità”.

Distinzione tra Illegalità e Commisurazione della Pena

È fondamentale comprendere questa distinzione. Una pena è illegale quando non è prevista dall’ordinamento giuridico per quel tipo di reato o quando, per specie o quantità, eccede i limiti massimi stabiliti dalla legge. Ad esempio, se per un reato la legge prevede una pena massima di 5 anni e il patteggiamento ne applica 6, la pena è illegale.

La commisurazione della pena, invece, attiene al potere discrezionale del giudice di quantificare la sanzione all’interno della cornice edittale (tra il minimo e il massimo legali), tenendo conto di attenuanti e aggravanti. Le critiche su come questa operazione è stata svolta non costituiscono un valido motivo di ricorso contro una sentenza di patteggiamento.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ribadito un orientamento ormai consolidato, richiamando una precedente sentenza (Sez. 5, n. 19757 del 16/04/2019). Il principio affermato è che il ricorso basato su motivi che non riguardano l’illegalità della pena, ma la sua commisurazione, è inammissibile. L’accordo tra accusa e difesa sulla pena cristallizza questo aspetto, che non può essere rimesso in discussione in sede di legittimità, a meno che non si configuri una palese illegalità.

Di conseguenza, non potendosi escludere profili di colpa nella proposizione del ricorso, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle Ammende, come previsto dall’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale per i ricorsi dichiarati inammissibili “de plano” (senza udienza).

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche per la Difesa

Questa ordinanza rafforza un punto cruciale per la difesa tecnica: la scelta del patteggiamento implica un’accettazione quasi definitiva della pena concordata. È essenziale che l’accordo sulla pena sia ponderato attentamente prima di essere formalizzato, poiché gli spazi per un successivo riesame sono estremamente ristretti. Il ricorso per patteggiamento non può essere utilizzato come uno strumento per rinegoziare l’entità della sanzione; il suo unico scopo è correggere vizi gravi e specifici, come l’applicazione di una pena non conforme alla legge.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per contestare l’entità della pena concordata?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il ricorso è inammissibile se contesta solo la misura della pena (ad esempio, la diminuzione per le attenuanti generiche) e non la sua illegalità, ovvero il fatto che non sia prevista dalla legge o ecceda i limiti legali.

In quali casi un ricorso contro una sentenza di patteggiamento è considerato ammissibile?
Secondo l’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., il ricorso è ammissibile solo se si contesta l’espressione della volontà dell’imputato, il difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, l’erronea qualificazione giuridica del fatto o l’illegalità della pena.

Quali sono le conseguenze per chi propone un ricorso inammissibile contro una sentenza di patteggiamento?
Chi propone un ricorso dichiarato inammissibile, come nel caso esaminato, viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende. In questa ordinanza, la somma è stata fissata a tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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