Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13329 Anno 2019
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13329 Anno 2019
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/02/2019
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TRIGGIANO il 02/06/1999
avverso la sentenza del 11/05/2018 del GIP TRIBUNALE di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
La difesa di COGNOME NOME ha proposto ricorso per o Cassazione avverso la sentenza emessa in data 11/5/2018 dal Tribunale di 1 M zche, a seguito di giudizio definito con il rito del patteggiamento, per i reati di cui agli d.P.R. 309/90; 23 legge 110/75 e 648 cod. pen. ha applicato al ricorrente pena di giustizia concordata tra le parti.
Nel ricorso si deduce carenza di motivazione in ordine alla valutazione circ la corretta qualificazione giuridica del reato di cui all’art. 73 d.P.R. 309/90.
Ebbene, l’impugnazione proposta è inammissibile.
Va rilevato che ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. Introdotto dalla legge n.103/17, in vigore dal 3 agosto 2017, l’imputato p proporre ricorso per Cassazione avverso la sentenza di patteggiamento solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al dife correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridi fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Occorre rammentare che nel procedimento di applicazione della pena, in base agli orientamenti formatisi in sede di legittimità prima della introduzi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pan., per effetto della legge n. 103 del 2017, in vigore dal 3 agosto 2017, la qualificazione giuridica ritenuta sentenza, corrispondente a quella oggetto del libero accordo tra le parti, pot essere messa in discussione, con Il ricorso per Cassazione solo quando risultava con Immediatezza, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione (così Sez. 6, n. 15009/13, Sez. 4 n. 10692/10).
Tale interpretazione deve ritenersi tuttora valida. Si è invero ribadito, a a seguito della introduzione della legge 103/2017 che: “In tema di applicazion della pena su richiesta delle parti, la possibilità di ricorrere per cass deducendo, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., introdo dall’art. 1, comma 50, della legge 23 giugno 2017, n. 103, l’erron qualificazione del fatto contenuto in sentenza è limitata ai soli casi di e manifesto, con conseguente inammissibilità della denuncia di errori valutativi diritto che non risultino evidenti dal testo del provvedimento impugnato” (cos Sez. 1, n. 15553 del 20/03/2018 Rv. 272619 – 01).
Venendo al caso in esame, li giudice ha evidenziato in sentenza la corrett qualificazione del fatto, soffermandosi in modo puntuale sulla contestazion riguardante l’illecita detenzione di sostanza stupefacente.
La decisione in ordine alla inammissibilità del ricorso deve essere adotta “de plano” poiché l’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen. prevede espressamente quale unico modello procedimentale per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso avverso la sentenza di applicazione della pena, dichiarazione senza formalità.
Alla inammissibilità del ricorso, consegue la condanna del ricorrente a pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte Costituzionale n.186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente abbia proposto ricorso senza versare in colpa n determinazione della causa di inammissibilità, segue, a norma dell’art. 616, co proc. pen. l’onere del versamento di una somma, in favore della Cassa dell Ammende, determinata, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso, nella misura di euro quattromila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e al versamento della somma di quattromila euro alla Cassa delle Ammende.
In Roma, così deciso il 27 febbraio 2019