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Ricorso patteggiamento: limiti e inammissibilità

Un imputato, dopo aver concordato una pena (patteggiamento) per rapina aggravata, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando una carenza di motivazione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso patteggiamento inammissibile, evidenziando che i motivi di impugnazione per questo rito sono strettamente limitati dalla legge e le censure generiche non sono ammesse, condannando il ricorrente al pagamento delle spese.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando la Cassazione lo Dichiara Inammissibile

L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una delle vie più comuni per la definizione dei procedimenti penali. Tuttavia, la scelta di questo rito comporta significative limitazioni sulle possibilità di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’opportunità di approfondire i confini del ricorso patteggiamento, chiarendo quali motivi sono considerati inammissibili. Comprendere questi limiti è fondamentale per evitare di incorrere in una declaratoria di inammissibilità e nelle conseguenti sanzioni economiche.

I Fatti del Caso: Il Patteggiamento e l’Impugnazione

Nel caso di specie, il Tribunale di Padova aveva applicato a un imputato, su richiesta concorde delle parti, una pena di quattro anni e venti giorni di reclusione, oltre a una multa di 3.200 euro, per i reati di rapina aggravata in concorso e lesioni personali. Nonostante l’accordo raggiunto, il difensore dell’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione. La difesa lamentava un vizio di motivazione nella sentenza del Tribunale, sostenendo che il giudice non avesse adeguatamente valutato la possibile esistenza di cause di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) né i criteri per la determinazione della pena (ex art. 133 c.p.).

La Decisione della Cassazione: Analisi del ricorso patteggiamento

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso totalmente inammissibile. La decisione si fonda su una valutazione netta: i motivi addotti dalla difesa non rientrano tra quelli consentiti dalla legge per impugnare una sentenza di patteggiamento. La Corte ha sottolineato la genericità delle lamentele, definendole “censure non utilmente scrutinabili in questa sede”. Il cuore della decisione risiede nel perimetro del sindacato di legittimità, drasticamente ridotto dalla riforma introdotta con la legge n. 103 del 2017.

Le Motivazioni

Il punto centrale delle motivazioni dell’ordinanza è il richiamo all’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta per deflazionare il carico della Cassazione e dare stabilità alle sentenze di patteggiamento, elenca in modo tassativo i motivi per cui si può ricorrere contro una tale sentenza. Tra questi non figurano censure generiche sulla motivazione relativa alla sussistenza di cause di proscioglimento o sulla quantificazione della pena concordata tra le parti. La Corte ha ritenuto che le doglianze del difensore fossero proprio di questa natura, ovvero tentativi di rimettere in discussione valutazioni di merito che, con la scelta del patteggiamento, l’imputato ha sostanzialmente accettato. Accettando il rito, si accetta implicitamente che non vi siano evidenti cause di non punibilità e si concorda sulla pena, rinunciando a contestarne la congruità in un secondo momento, se non per vizi specifici previsti dalla legge.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la scelta del patteggiamento è una decisione processuale con conseguenze definitive, tra cui una forte limitazione del diritto di impugnazione. Il ricorso patteggiamento è un’opzione percorribile solo in casi specifici e non può essere utilizzato per rimettere in discussione l’accordo sulla pena o per sollevare questioni di merito in modo generico. La conseguenza dell’inammissibilità è severa: il ricorrente è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a versare una somma di tremila euro alla Cassa delle Ammende. Questa pronuncia serve da monito: prima di impugnare una sentenza di patteggiamento, è cruciale una rigorosa analisi dei motivi ammessi dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., per evitare un esito sfavorevole e ulteriori oneri economici.

È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. L’impugnazione è consentita solo per motivi specificamente e tassativamente previsti dalla legge (art. 448, comma 2-bis, c.p.p.), che non includono contestazioni generiche sulla motivazione.

Quali motivi di ricorso sono stati ritenuti inammissibili in questo caso?
Sono state ritenute inammissibili le lamentele generiche sulla carenza di motivazione riguardo alla sussistenza di cause di proscioglimento e ai criteri utilizzati per la quantificazione della pena (criteri dosimetrici), in quanto non rientrano nei motivi consentiti dalla legge per questo tipo di ricorso.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, in questo caso fissata in tremila euro, da versare alla Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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