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Ricorso patteggiamento: limiti e inammissibilità

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso patteggiamento avverso una sentenza per detenzione di stupefacenti. L’imputato aveva contestato la congruità della pena, un motivo non previsto dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., che elenca tassativamente i casi in cui è possibile impugnare un accordo di pena. La Corte ribadisce che il controllo sulla motivazione della pena non rientra tra i motivi ammessi per il ricorso.

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Pubblicato il 27 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Limiti e Motivi di Inammissibilità

Il ricorso patteggiamento rappresenta una delle questioni più delicate della procedura penale, specialmente dopo le riforme che ne hanno limitato l’accesso. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 39347/2024) offre un chiaro esempio di come i motivi di impugnazione siano rigorosamente circoscritti, ribadendo un principio fondamentale: non si può contestare la congruità della pena concordata. Analizziamo insieme la vicenda e le sue implicazioni.

I Fatti del Caso: Dal Patteggiamento al Ricorso

Il caso ha origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal GIP del Tribunale di Pescara. L’imputato aveva concordato una pena per il reato di detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti, nello specifico per il possesso di circa 49,5 grammi di eroina e 4,2 grammi di cocaina.

Nonostante l’accordo raggiunto, la difesa ha deciso di presentare ricorso in Cassazione. Il motivo principale del ricorso era incentrato sulla presunta omessa motivazione da parte del giudice di primo grado riguardo alla correttezza della richiesta di patteggiamento e, soprattutto, alla congruità della pena applicata.

La Disciplina del Ricorso Patteggiamento

La questione centrale ruota attorno all’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta con la legge n. 103 del 2017, ha stabilito un elenco tassativo e invalicabile di motivi per cui è possibile presentare ricorso patteggiamento in Cassazione. L’obiettivo del legislatore era quello di deflazionare il carico della Suprema Corte, evitando impugnazioni puramente dilatorie o basate su censure di merito.

I motivi ammessi sono esclusivamente:
1. Vizi nell’espressione della volontà dell’imputato: ad esempio, se il consenso all’accordo non è stato libero e consapevole.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza: se il giudice ha applicato una pena diversa da quella concordata.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato è stato classificato in modo giuridicamente sbagliato.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza: se la sanzione applicata è contraria alla legge (ad esempio, superiore al massimo edittale).

Come si può notare, la valutazione sulla congruità, ovvero sull’adeguatezza della pena, non rientra in questo elenco.

Le Motivazioni della Suprema Corte sulla Inammissibilità

La Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha seguito un ragionamento lineare e conforme alla sua giurisprudenza consolidata. I giudici hanno sottolineato che il motivo addotto dalla difesa – la carenza di motivazione sulla congruità della pena – costituisce un vizio di motivazione, ovvero una critica alla valutazione di merito del giudice. Questo tipo di censura è esplicitamente escluso dai casi previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p.

La Corte ha ribadito che il patteggiamento è un accordo tra le parti che il giudice si limita a ratificare, dopo aver verificato l’assenza delle cause di proscioglimento, la corretta qualificazione del fatto e, appunto, la congruità della pena. Tuttavia, una volta che la sentenza è emessa, il controllo di legittimità è limitato ai soli vizi di violazione di legge indicati dalla norma. Contestare la valutazione sulla congruità equivarrebbe a rimettere in discussione il merito dell’accordo, snaturando la funzione stessa del patteggiamento e del giudizio di Cassazione.

Conclusioni: Le Conseguenze Pratiche della Decisione

La decisione in esame ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, conferma la rigidità dei presupposti per impugnare una sentenza di patteggiamento. La difesa deve essere pienamente consapevole che, una volta raggiunto l’accordo, gli spazi per un ripensamento in sede di legittimità sono estremamente ridotti. È fondamentale, quindi, ponderare con la massima attenzione la scelta del rito e i termini dell’accordo prima di formalizzarlo.

In secondo luogo, l’inammissibilità del ricorso comporta conseguenze economiche per il ricorrente, che viene condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. In questo caso, la somma è stata fissata in 4.000 euro, a testimonianza della colpa del ricorrente nell’aver proposto un’impugnazione priva dei requisiti di legge. Questa ordinanza serve quindi da monito: il ricorso per cassazione non è uno strumento per rinegoziare un accordo, ma un rimedio eccezionale per sanare specifiche e gravi violazioni di legge.

È possibile contestare la congruità della pena in un ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la contestazione sulla congruità della pena non rientra tra i motivi tassativamente previsti dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, e pertanto un ricorso basato su tale motivo è inammissibile.

Quali sono i soli motivi per cui si può fare ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
I motivi ammessi sono quattro: vizi relativi all’espressione della volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra la richiesta delle parti e la sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto, e illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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