Ricorso Patteggiamento: La Cassazione e i Limiti dell’Impugnazione
L’istituto dell’applicazione della pena su richiesta delle parti, comunemente noto come ‘patteggiamento’, rappresenta una delle vie più comuni per la definizione dei procedimenti penali. Tuttavia, la possibilità di contestare la sentenza che ne deriva è soggetta a limiti molto stringenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza le regole che governano il ricorso patteggiamento, chiarendo quando un’impugnazione rischia di essere dichiarata inammissibile fin dall’inizio.
Il Caso in Esame: un Appello Contro il Patteggiamento
La vicenda trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal GIP del Tribunale. La pena era stata concordata in relazione a un reato previsto dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti, una fattispecie considerata di lieve entità.
L’unico motivo di doglianza sollevato dal ricorrente era la presunta carenza di motivazione riguardo alla sussistenza delle condizioni per un proscioglimento immediato, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale. In altre parole, l’imputato sosteneva che il giudice, prima di ratificare l’accordo sulla pena, avrebbe dovuto verificare e motivare l’assenza di cause evidenti che avrebbero potuto portare a un’assoluzione piena.
La Riforma e i Nuovi Limiti al Ricorso Patteggiamento
Il punto cruciale della decisione della Suprema Corte risiede nell’applicazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla legge n. 103 del 2017. Questa norma ha significativamente ristretto i motivi per cui è possibile presentare ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento. L’impugnazione è ora consentita solo per un elenco tassativo di vizi, che non include la mancata verifica delle condizioni per il proscioglimento ex art. 129 c.p.p.
La ratio della riforma è quella di dare maggiore stabilità alle sentenze concordate, evitando ricorsi dilatori o basati su motivi non essenziali rispetto all’accordo raggiunto tra accusa e difesa.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile ‘de plano’, ovvero senza la necessità di un’udienza formale, applicando l’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale. I giudici hanno sottolineato che, secondo la giurisprudenza consolidata formatasi dopo la riforma del 2017, un ricorso che deduca la violazione di legge per la mancata verifica dell’insussistenza di cause di proscioglimento è inammissibile.
La pronuncia si allinea a precedenti decisioni (come la n. 4727/2018 e la n. 28742/2020), le quali hanno stabilito che l’elenco dei motivi di ricorso previsto dall’art. 448, comma 2-bis, è esaustivo. Di conseguenza, la Corte non può entrare nel merito di doglianze che esulano da tale perimetro. L’accordo tra le parti, una volta ratificato dal giudice, acquisisce una forza che può essere scalfita solo in presenza di vizi specificamente previsti dalla legge.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza conferma un orientamento ormai consolidato e invia un messaggio chiaro a imputati e difensori. La scelta del patteggiamento comporta una sostanziale rinuncia a far valere determinate questioni nel merito, e le possibilità di impugnazione sono estremamente limitate.
La conseguenza diretta dell’inammissibilità del ricorso è stata, come previsto dall’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di quattromila euro a favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria funge da deterrente contro la proposizione di ricorsi infondati, sottolineando la serietà e le conseguenze economiche di un’impugnazione che non rispetta i rigidi paletti normativi.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento sostenendo che il giudice non ha valutato un possibile proscioglimento?
No. Secondo l’ordinanza, questo motivo di ricorso è inammissibile perché non rientra nell’elenco tassativo dei vizi per i quali l’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale consente l’impugnazione di una sentenza di patteggiamento.
Qual è il fondamento normativo che limita il ricorso contro il patteggiamento?
La limitazione deriva principalmente dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla legge n. 103 del 2017, che ha ristretto le ipotesi di impugnabilità della sentenza applicativa della pena alle sole violazioni di legge in esso specificamente indicate.
Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in quattromila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38072 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38072 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/02/2024 del GIP TRIBUNALE di BARI
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udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME ha proposto ricorso avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il Tribunale di Bà r f ha applicato la pena, ai sensi degli artt. 444 e ss. cod.proc.pen., in relazione al reato previsto dall’art.73, comma 5, d. 9 ottobre 1990, n.309.
Il ricorso va dichiarato inammissibile senza formalità di procedura in relazione all’art.610, comma 5bis, cod.proc.pen..
Difatti, l’unico motivo di ricorso attiene alla dedotta carenza di motivazione ordine alla sussistenza delle condizioni per il proscioglimento dell’imputato ai s dell’art. 129 cod.proc.pen..
Peraltro, sulla base della giurisprudenza di questa Corte, è inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza applicativa della pena con cui si deduc il vizio di violazione di legge per la mancata verifica dell’insussistenza di cause proscioglimento ex art. 129 cod., atteso che l’art. 448, comma 2bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge 23 giugno 2017 n. 103, limita l’impugnabilità de pronuncia alle sole ipotesi di violazione di legge in esso tassativamente indica con conseguente dovere della Corte di dichiarare l’inammissibilità de plano ai sensi del citato art.610, comma 5bis, cod.proc.pen. (Sez. 2, n. 4727 del 11/01/2018, Oboroceanu, Rv. 272014; Sez. F, Ordinanza n. 28742 del 25/08/2020, Messnaoui, Rv. 279761).
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrent al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro quattromila a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa dell ammende.
Così deciso il 23 settembre 2024
Il C sigliere estensore
La Prsi.erìte