Ricorso Patteggiamento: Quando è Inammissibile?
Il ricorso patteggiamento rappresenta una delle aree più delicate della procedura penale, dove la volontà delle parti di definire il processo si scontra con il diritto all’impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 35437/2024) ci offre un chiaro promemoria sui limiti invalicabili di questo strumento, ribadendo che non ogni aspetto della sentenza di patteggiamento può essere oggetto di critica in sede di legittimità.
Il Caso in Esame: Un Ricorso Contro il Patteggiamento
I fatti alla base della decisione sono semplici ma emblematici. Un imputato, dopo aver concordato una pena (patteggiamento) con la pubblica accusa per il reato di furto aggravato, decideva di presentare ricorso per Cassazione. Le sue doglianze non riguardavano un errore nella qualificazione del reato o un vizio della sua volontà, bensì la correttezza della motivazione della sentenza del Tribunale.
In particolare, l’imputato contestava due aspetti:
1. Il trattamento sanzionatorio applicato.
2. La mancata esclusione della recidiva.
Sostanzialmente, il ricorrente chiedeva alla Suprema Corte di riesaminare le valutazioni discrezionali del giudice di merito che avevano portato alla quantificazione della pena concordata. La sua iniziativa, tuttavia, si è scontrata con i rigidi paletti normativi che regolano l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento.
I Limiti al Ricorso Patteggiamento: L’Analisi della Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile senza neppure entrare nel merito delle questioni sollevate. La decisione si fonda su una norma precisa: l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
Questa disposizione, introdotta nel 2017, ha lo scopo di deflazionare il carico della Cassazione, limitando drasticamente i motivi per cui è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento. Secondo la legge, il ricorso è proponibile solo per motivi attinenti a:
* L’espressione della volontà dell’imputato: ad esempio, se il consenso al patteggiamento è stato viziato.
* Il difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza: se il giudice ha emesso una decisione non conforme all’accordo.
* L’erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato è stato qualificato in modo giuridicamente scorretto.
* L’illegalità della pena o della misura di sicurezza: se la sanzione applicata è contraria alla legge (es. una pena superiore al massimo edittale).
Come evidenziato dalla Corte, le lamentele del ricorrente relative alla motivazione sulla pena e sulla recidiva non rientrano in nessuna di queste categorie. Si tratta di censure che attengono al merito della valutazione del giudice, un ambito precluso al sindacato di legittimità nel contesto del patteggiamento.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Cassazione è netta e si basa su un’interpretazione letterale e teleologica della norma. Accettando il patteggiamento, l’imputato rinuncia a contestare l’accusa nel merito in cambio di uno sconto di pena. Di conseguenza, non può poi utilizzare il ricorso per Cassazione per riaprire una discussione su aspetti, come la valutazione della congruità della pena, che sono impliciti nell’accordo stesso.
La legge ha inteso blindare la sentenza di patteggiamento, rendendola attaccabile solo per vizi macroscopici e di stretta legalità. Qualsiasi tentativo di aggirare questi limiti, contestando la logicità della motivazione o le scelte discrezionali del giudice, è destinato a essere dichiarato inammissibile. La Corte ha quindi applicato l’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, che prevede la dichiarazione di inammissibilità senza formalità di procedura per ricorsi proposti al di fuori dei casi consentiti.
Le Conclusioni: Le Conseguenze dell’Inammissibilità
Le implicazioni pratiche di questa ordinanza sono significative. In primo luogo, essa ribadisce che la scelta del patteggiamento è una decisione strategica che comporta una rinuncia quasi totale al diritto di impugnazione. L’assistenza di un difensore esperto è cruciale per valutare appieno le conseguenze di tale scelta.
In secondo luogo, la pronuncia conferma la severità delle conseguenze di un ricorso inammissibile. Il ricorrente non solo ha visto respinta la sua impugnazione, ma è stato anche condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una cospicua somma (quattromila euro) alla Cassa delle ammende. Questa sanzione ha una chiara funzione deterrente: scoraggiare la presentazione di ricorsi palesemente infondati o proposti per motivi non consentiti dalla legge, al fine di non gravare inutilmente il sistema giudiziario. La decisione, pertanto, funge da monito per tutti gli operatori del diritto sulla necessità di un’attenta valutazione preliminare prima di intraprendere la via del ricorso per Cassazione avverso una sentenza di patteggiamento.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento contestando la valutazione del giudice sulla pena?
No. Secondo l’ordinanza, basata sull’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., le contestazioni sulla correttezza della motivazione del trattamento sanzionatorio o sulla gestione della recidiva non rientrano tra i motivi ammessi per il ricorso, che è limitato a vizi specifici di legalità.
Quali sono gli unici motivi per cui si può fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
Il ricorso è consentito solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. Nel caso di specie, la somma è stata fissata in quattromila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35437 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35437 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/03/2024 del TRIBUNALE di CATANIA
dato avy(so alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che l’imputato NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Catania che, all’esito del giudizio celebrato ai sensi degli artt. 444 e ss. cod. proc. pen., ha applicato all’imputato la pena concordata con la pubblica accusa in ordine alla contestazione di furto aggravato;
Ritenuto che il primo e unico motivo, con il quale il ricorrente contesta la correttezza della motivazione della sentenza in ordine sia al trattamento sanzionatorio, sia alla mancata esclusione della recidiva, va dichiarato inammissibile, giacché proposto al di fuori dei casi previsti dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., come introdotto dalla legge n. 103 del 2017, secondo cui il ricorso avverso la sentenza di applicazione della pena su richiesta è proponibile per soli motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza;
Rilevato, pertanto, che, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis cod. proc. pen., il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, senza formalità di procedura e che il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 1’8 luglio 2024