Ricorso Patteggiamento: Quando l’Appello sulla Qualificazione del Reato è Inammissibile
Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha ribadito i severi limiti all’impugnazione delle sentenze emesse a seguito di applicazione della pena su richiesta delle parti, comunemente nota come patteggiamento. La decisione sottolinea come il ricorso patteggiamento per un’errata qualificazione giuridica del reato sia ammissibile solo in casi eccezionali di ‘errore manifesto’, un concetto che restringe notevolmente le possibilità di appello per l’imputato. Analizziamo questa importante ordinanza per comprenderne le implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso
Il caso ha origine da un ricorso presentato da un individuo condannato tramite patteggiamento a una pena di tre anni di reclusione e 14.000 euro di multa. La condanna riguardava un’ipotesi di detenzione di sostanze stupefacenti di varia natura con finalità di cessione a terzi, un reato previsto dall’articolo 73, commi 1 e 4, del d.P.R. 309/90.
L’imputato, attraverso il suo difensore, ha deciso di impugnare la sentenza di patteggiamento dinanzi alla Corte di Cassazione, contestando la qualificazione giuridica data ai fatti.
I Motivi del Ricorso e la Qualificazione del Reato
Il ricorrente lamentava una violazione di legge e un vizio di motivazione, sostenendo che i fatti avrebbero dovuto essere inquadrati nella fattispecie di minore gravità prevista dal comma 5 dello stesso articolo 73. Questa norma contempla i casi di ‘lieve entità’ e prevede pene significativamente più miti.
La difesa, quindi, non contestava i fatti in sé, ma il modo in cui il giudice di primo grado li aveva legalmente classificati, ritenendo che la corretta applicazione della legge avrebbe dovuto portare a una condanna per un reato meno grave. Questo è un punto cruciale in molti procedimenti per stupefacenti, dove la distinzione tra l’ipotesi ordinaria e quella di lieve entità può cambiare radicalmente l’esito sanzionatorio.
L’Inammissibilità del Ricorso Patteggiamento secondo la Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda sull’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla cosiddetta ‘Riforma Orlando’. Questa norma ha introdotto una limitazione specifica per il ricorso patteggiamento.
Secondo tale disposizione, quando si contesta un’errata qualificazione giuridica del fatto in una sentenza di patteggiamento, il ricorso è possibile solo se l’errore è ‘manifesto’. La Corte chiarisce che un errore è ‘manifesto’ quando la qualificazione giuridica adottata dal giudice risulta ‘palesemente eccentrica’ rispetto ai fatti descritti nel capo d’imputazione, con ‘indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità’.
Le Motivazioni della Decisione
Nel caso specifico, i giudici di legittimità non hanno riscontrato un errore di tale evidenza. La scelta tra l’ipotesi di reato ordinaria e quella di lieve entità spesso implica una valutazione discrezionale basata su vari indici (quantità e qualità della sostanza, modalità dell’azione, ecc.), che non si presta a una definizione di ‘errore manifesto’. Di conseguenza, poiché la qualificazione data dal primo giudice non era palesemente errata o illogica, la doglianza del ricorrente è stata giudicata improponibile in sede di legittimità.
La Corte ha inoltre applicato l’articolo 616 del codice di procedura penale. Essendo il ricorso inammissibile e non essendovi prova di assenza di colpa da parte del ricorrente nel proporlo, quest’ultimo è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di quattromila euro alla cassa delle ammende.
Le Conclusioni
Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato che mira a preservare la stabilità delle sentenze di patteggiamento, limitando le impugnazioni a casi di palesi violazioni di legge. Per chi accede al rito alternativo, è fondamentale essere consapevoli che la possibilità di contestare successivamente la qualificazione giuridica del reato è estremamente ridotta. La scelta di patteggiare implica un’accettazione del quadro accusatorio che può essere messa in discussione solo di fronte a un errore giuridico evidente e non opinabile. La conseguenza di un ricorso infondato, inoltre, non è solo la conferma della condanna, ma anche l’aggiunta di ulteriori oneri economici.
È sempre possibile appellare una sentenza di patteggiamento per un’errata qualificazione giuridica del fatto?
No, non è sempre possibile. A seguito della Riforma Orlando, l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale limita tale possibilità ai soli casi in cui l’errore nella qualificazione giuridica sia ‘manifesto’.
Cosa intende la legge per ‘errore manifesto’ nella qualificazione giuridica?
Per ‘errore manifesto’ si intende una qualificazione giuridica che risulta, con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione. Non si tratta di una semplice divergenza interpretativa, ma di un errore palese ed evidente.
Quali sono le conseguenze di un ricorso in Cassazione dichiarato inammissibile?
Secondo l’articolo 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, se non vi è assenza di colpa, anche al pagamento di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33775 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33775 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/01/2024 del GIP TRIBUNALE di NAPOLI NORD
V
–
ato avviso alle parti;
– udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
COGNOME NOME ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale gli è stata applicata, ai sensi degli artt. 444 e ss. cod. proc. pen., la pena di anni tre di reclusione ed euro 14.000 di multa in relazione a ipotesi di detenzione, con finalità di cessione, di sostanza stupefacente di varia natura ai sensi dell’art. 73 commi 1 e 4 dPR 309/90.
Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio motivazionale in relazione alla qualificazione giuridica del fatto in particolare alla mancata sussunzione della fattispecie ai sensi dell’art.73 comma 5 dPR 309/90.
I profili di doglianza sopra richiamati sono improponibili in questa sede. Va ricordato, in proposito, come previsto dall’articolo 448 comma 2 bis cod.proc.pen., a seguito delle modifiche apportate dalla novella Orlando, applicabile ratione temporis in presenza di richiesta formulata dopo la data del 3.8.2017 che in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., l’erronea qualificazione giuridica del fatto contenuto in sentenza è limitata ai soli casi di errore manifesto, configurabile quando tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione sez.2, 31.3.2021, PG contro NOME NOME, Rv.281116), ipotesi non ravvisabile nella specie.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 10 luglio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente