Ricorso Patteggiamento: I Limiti Imposti dalla Legge
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sui confini dell’impugnazione delle sentenze di patteggiamento, ribadendo un principio fondamentale introdotto dalla riforma del 2017. Il caso in esame offre uno spunto per analizzare quando un ricorso patteggiamento viene dichiarato inammissibile e quali sono le conseguenze per chi lo propone. La decisione chiarisce che la mancata verifica delle cause di proscioglimento non è un motivo valido per appellarsi alla Suprema Corte.
I Fatti di Causa
Il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale, su richiesta concorde della difesa e del Pubblico Ministero, aveva applicato a un imputato una pena di tre anni di reclusione e 2.000 euro di multa. Le accuse a suo carico erano di ricettazione e detenzione illecita di un’arma da fuoco priva di matricola, completa di nove proiettili.
Nonostante l’accordo raggiunto tra le parti, il difensore dell’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione contro la sentenza di patteggiamento.
L’Impugnazione e i Motivi del Ricorso Patteggiamento
Il difensore ha basato il suo ricorso patteggiamento su un unico motivo: la presunta mancanza di motivazione da parte del GIP. Secondo la difesa, il giudice non avrebbe adeguatamente verificato la sussistenza delle condizioni per un proscioglimento immediato dell’imputato ai sensi dell’articolo 129 del codice di procedura penale.
In sostanza, si contestava al giudice di merito di aver ratificato l’accordo tra le parti senza prima essersi accertato che non vi fossero palesi cause di non punibilità. La motivazione del GIP, secondo il ricorrente, si sarebbe limitata a una formula generica e stereotipata, insufficiente a dar conto del controllo giurisdizionale richiesto dalla legge.
Le motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la propria decisione sull’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta con la legge n. 103 del 2017, ha limitato in modo tassativo i motivi per cui è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento.
I giudici supremi hanno ricordato che è pacifico in giurisprudenza che non è consentito presentare un ricorso patteggiamento per lamentare la mancata verifica, da parte del giudice, dell’insussistenza di cause di proscioglimento. Il controllo del giudice sulla richiesta di patteggiamento è implicito nell’accoglimento della stessa e non necessita di una motivazione dettagliata sul punto. L’accettazione dell’accordo tra le parti presuppone già una valutazione negativa sulla presenza di evidenti cause di assoluzione.
Di conseguenza, la doglianza del difensore è stata ritenuta estranea alle specifiche ipotesi di impugnazione consentite dalla legge. L’inammissibilità del ricorso ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle Ammende.
Conclusioni
Questa pronuncia conferma l’orientamento rigoroso della Cassazione riguardo all’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. La riforma del 2017 ha voluto deflazionare il carico di lavoro della Suprema Corte, limitando i ricorsi a casi specifici e ben definiti. Non rientra tra questi la contestazione sulla completezza della motivazione relativa al controllo preliminare ex art. 129 c.p.p. La scelta del rito alternativo del patteggiamento comporta una rinuncia a far valere determinate questioni nel merito, e i margini per un successivo riesame sono, per espressa volontà del legislatore, estremamente ridotti.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento lamentando che il giudice non ha verificato le possibili cause di assoluzione?
No. Secondo l’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, non è consentito ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento per lamentare la mancata verifica dell’insussistenza di eventuali cause di proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo sollevato (mancanza di motivazione sulle cause di proscioglimento) non rientra tra le ipotesi tassativamente previste dalla legge (art. 448, comma 2-bis, c.p.p.) per poter impugnare una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente in caso di inammissibilità del ricorso?
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, come nel caso di specie, al versamento di una somma in denaro (qui 3.000 euro) in favore della Cassa delle Ammende, salvo che non vi siano ragioni eccezionali per esonerarlo.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 43119 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 43119 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto nell’interesse di NOME NOME, nato a Castellammare di Stabia il DATA_NASCITA;
contro
la sentenza del GIP del Tribunale di Torre Annunziata del 17.4.1988;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME.
FATTO E DIRITTO
Con sentenza del 16.7.2024 il GIP del Tribunale di Torre Annunziata, procedendo su richiesta avanzata dal difensore dell’imputato, acquisito il consenso del PM, ha applicato a NOME COGNOME, in relazione ai fatti di ricettazione, detenzione illecita di arma da fuoco priva di matricola e di 9 proiettili calibro 9
corto, a lui ascritti, la pena concordata nella misura complessiva di anni 3 di reclusione ed euro 2.000 di multa;
ricorre per cassazione il difensore dell’imputato lamentando mancanza di motivazione in relazione al ricorso RAGIONE_SOCIALE condizioni per addivenire al proscioglimento dell’imputato ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.; osserva, a tal proposito, che la motivazione resa dal giudice di merito si è risolta in una mera enunciazione espressa con formula stereotipata.
3.11 ricorso è inammissibile.
L’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge 23 giugno 2017 n. 103, limita l’impugnabilità della pronuncia alle sole ipotesi in esso tassativamente indicate essendo pacifico, in particolare, che non è consentito ricorrere in cassazione contro una sentenza di applicazione concordata della pena, per lamentare la mancata verifica dell’insussistenza di eventuali cause di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (cfr., Sez. F. n. 28742 del 25/08/2020, GLYPH Messnaoui GLYPH Amine, GLYPH Rv. 279761 GLYPH 01; Sez. 6, n. 1032 del 07/11/2019, COGNOME NOME, Rv. 278337 – 01).
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della somma di Euro 3.000 in favore della RAGIONE_SOCIALE non ravvisandosi ragione alcuna d’esonero.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso in Roma, il 10.10.2024