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Ricorso patteggiamento: limiti e inammissibilità

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro una sentenza di patteggiamento. Il ricorrente lamentava la mancata verifica da parte del giudice di primo grado dell’assenza di cause di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.). La Suprema Corte ha ribadito che, in seguito alla riforma del 2017, il ricorso patteggiamento è consentito solo per motivi tassativamente indicati dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., tra i quali non rientra quello sollevato. Di conseguenza, il ricorso è stato respinto con condanna alle spese e al pagamento di una somma alla Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 7 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando l’Appello in Cassazione è Inammissibile

L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una scelta strategica fondamentale nel processo penale, che offre benefici in termini di riduzione della pena ma comporta significative limitazioni sulle possibilità di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce in modo netto i confini del ricorso patteggiamento, confermando un orientamento consolidato: non tutte le presunte violazioni di legge possono essere fatte valere.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una sentenza emessa dal G.U.P. del Tribunale di Venezia, con cui veniva applicata all’imputato una pena concordata tra difesa e accusa (patteggiamento). Le accuse erano relative a reati gravi, tra cui associazione per delinquere e truffa, posti in continuazione con fatti già giudicati in una precedente sentenza della Corte d’Appello. Insoddisfatto della decisione, l’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, basandolo su un unico e specifico motivo.

L’Unico Motivo del Ricorso Patteggiamento

La difesa ha lamentato la mancanza assoluta di motivazione da parte del giudice di primo grado in merito all’articolo 129 del codice di procedura penale. Tale norma impone al giudice di pronunciare una sentenza di proscioglimento in ogni fase del processo se risulta evidente una delle cause di non punibilità. Secondo il ricorrente, il G.U.P. avrebbe dovuto verificare la sussistenza di tali cause prima di ratificare l’accordo sulla pena, omettendo di motivare sul punto. Si contestava, in sostanza, una violazione di legge per mancata verifica dell’insussistenza di cause di proscioglimento.

La Decisione della Corte di Cassazione: Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile senza neppure entrare nel merito della questione sollevata. La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa della normativa che regola l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento, in particolare sull’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha spiegato che la legge 23 giugno 2017, n. 103, ha introdotto una limitazione tassativa ai motivi per cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento in Cassazione. L’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. elenca in modo esplicito e circoscritto le uniche ipotesi di violazione di legge che possono essere dedotte, e tra queste non figura la mancata verifica delle cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. La giurisprudenza di legittimità è costante nell’affermare che un ricorso basato su motivi diversi da quelli tassativamente previsti è, per definizione, inammissibile.

I giudici hanno inoltre sottolineato, quasi a titolo di inciso, che nel caso di specie la sentenza impugnata conteneva comunque una motivazione, seppur sintetica, che dava conto degli elementi di prova sulla base dei quali si era esclusa la possibilità di un proscioglimento immediato. Questo rafforza ulteriormente la correttezza della decisione del G.U.P., ma il punto cruciale resta la barriera procedurale imposta dalla norma.

Le Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale per chi opera nel diritto penale: la scelta del patteggiamento è una via che, una volta intrapresa, chiude molte porte successive. L’accordo sulla pena implica una rinuncia a contestare nel merito l’accusa e limita drasticamente il diritto di impugnazione. Chi valuta un ricorso patteggiamento deve essere consapevole che solo pochissime e specifiche violazioni procedurali possono essere fatte valere in Cassazione. La presunta ingiustizia della condanna o la mancata considerazione di elementi a favore non rientrano, di norma, tra queste. La conseguenza dell’inammissibilità è, inoltre, onerosa: il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza di patteggiamento lamentando che il giudice non ha verificato la possibilità di un proscioglimento immediato?
No. Secondo la Corte di Cassazione, questo motivo di ricorso è inammissibile perché non rientra nell’elenco tassativo delle violazioni di legge impugnabili previsto dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

Quali sono le conseguenze se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.

La riforma legislativa del 2017 ha cambiato le regole per l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento?
Sì. La legge n. 103 del 23 giugno 2017 ha introdotto l’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., che ha limitato in modo significativo i motivi per cui si può ricorrere in Cassazione avverso una sentenza di patteggiamento, rendendo l’impugnazione possibile solo per le ipotesi di violazione di legge tassativamente indicate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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