Ricorso Patteggiamento: Quando è Inammissibile? L’Analisi della Cassazione
Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta, è uno strumento processuale che permette di definire rapidamente un procedimento penale. Ma cosa succede se l’imputato non è soddisfatto dell’accordo raggiunto? Un recente provvedimento della Corte di Cassazione chiarisce i limiti invalicabili del ricorso patteggiamento, spiegando perché non può essere utilizzato per rimettere in discussione la valutazione dei fatti.
Il Caso in Esame: Dallo Stupefacente al Ricorso
La vicenda trae origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice dell’Udienza Preliminare di Napoli nei confronti di un imputato accusato di detenzione ai fini di spaccio di quasi 900 grammi di hashish (reato previsto dall’art. 73, commi 1 e 4, del D.P.R. 309/1990).
L’imputato, non soddisfatto della qualificazione giuridica del fatto, ha deciso di presentare ricorso in Cassazione. La sua tesi difensiva si basava sull’idea che il reato dovesse essere considerato di lieve entità (ai sensi del comma 5 dello stesso articolo), sostenendo l’irrilevanza della quantità e della tipologia della sostanza stupefacente.
I Limiti del Ricorso Patteggiamento
Il cuore della questione non risiede tanto nel merito della vicenda di spaccio, quanto nei limiti procedurali dell’impugnazione di una sentenza di patteggiamento. La Corte di Cassazione ha subito inquadrato il problema nell’ambito dell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
La Doglianza dell’Imputato
L’imputato, in sostanza, chiedeva alla Suprema Corte di effettuare una nuova valutazione dei fatti: analizzare il peso e il tipo di droga per concludere che l’episodio fosse di ‘lieve entità’. Questo tipo di richiesta, però, si scontra con la natura stessa del giudizio di legittimità e con le specifiche restrizioni previste per il ricorso patteggiamento.
I Limiti Imposti dalla Legge
La legge (in particolare la riforma del 2017) stabilisce che una sentenza di patteggiamento può essere impugnata in Cassazione solo per motivi molto specifici, ovvero:
1. Problemi relativi all’espressione della volontà dell’imputato (ad esempio, un consenso viziato).
2. Mancata correlazione tra la richiesta delle parti e la sentenza del giudice.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto.
4. Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza disposta.
Qualsiasi altro motivo, specialmente se attinente a una rivalutazione delle prove o dei fatti, è escluso.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile con una motivazione netta e precisa. I giudici hanno spiegato che la critica mossa dal ricorrente non riguardava una vera e propria ‘erronea qualificazione giuridica del fatto’, ma piuttosto ‘profili di accertamento fattuale e di valutazioni di merito’.
Chiedere di considerare il fatto come di ‘lieve entità’ sulla base del dato ponderale della sostanza stupefacente significa chiedere alla Corte di sostituire la propria valutazione a quella già compiuta nel merito, operazione preclusa nel giudizio di Cassazione e, a maggior ragione, nell’ambito di un’impugnazione contro un patteggiamento.
La Cassazione ha ribadito che il ricorrente non ha sollevato nessuna delle questioni per le quali la legge consente di impugnare un patteggiamento. La sua era una doglianza ‘non consentita’, un tentativo di ottenere una revisione del merito mascherato da questione di diritto.
Le Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Decisione
Questa ordinanza conferma un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il patteggiamento è un accordo che, una volta ratificato dal giudice, cristallizza la valutazione dei fatti. Non è possibile utilizzare il ricorso in Cassazione come una sorta di ‘terzo grado’ di merito per rinegoziare la gravità del reato.
Per gli operatori del diritto e per i cittadini, il messaggio è chiaro: la scelta del patteggiamento è una decisione strategica che comporta la rinuncia a contestare nel merito l’accusa. Le uniche porte che restano aperte per un’impugnazione sono quelle, strettissime, relative a vizi di legalità o procedurali ben definiti dalla legge. Tentare di forzarle per ottenere una nuova valutazione dei fatti porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.
È possibile fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento per chiedere una diversa valutazione dei fatti?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che il ricorso contro una sentenza di patteggiamento non può contestare l’accertamento dei fatti o le valutazioni di merito, come la qualificazione del reato in una forma meno grave basata su elementi fattuali.
Quali sono gli unici motivi per cui si può fare ricorso contro un patteggiamento?
Secondo l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., il ricorso è consentito solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Cosa succede se un ricorso contro un patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile, come in questo caso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4364 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4364 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 22/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il 31/08/1978
avverso la sentenza del 04/07/2024 del GIUDICE COGNOME PRELIMINARE di NAPOLI
dato av7rso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Con unico motivo NOME NOME deduce violazione di legge in ordine alla qualificazione dei fatti ai sensi del comma quinto dell’art. 73 d.P.R.309/1990, avverso sentenza emessa ai sen dell’art. 444 cod. proc. pen., per il reato di cui all’art. 73, commi 1 e 4, d.P.R.30 rappresentando l’irrilevanza del dato ponderale e della tipologia di stupefacente.
Il ricorso avverso sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. (da trattarsi ai dell’art. 610, comma 5 -bis cod. proc. pen.) è inammissibile. Deve invero rammentarsi che, secondo quanto previsto dall’art. 448, comma 2 -bis, cod. proc. peri. – disposizione introdotta con la legge 23 giugno 2017, n. 103 -, il pubblico ministero e l’imputato possono ricorrere cassazione contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta solo per motivi attin all’espressione della volontà dell’imputato stesso, al difetto di correlazione tra rich sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della m sicurezza.
t Peri/caso disamina, tuttavia, la doglianza GLYPH non pone una questione di erronea qualificazione giuridica del fatto, in quanto la censura investe profili di accertamento fatt di valutazioni di merito concernenti la cessione di grammi 898,68 di sostanza del tipo hashis Quindi, il ricorrente non ha posto a sostegno del suo ricorso alcuna della ipotesi per le qu attualmente consentito il ricorso per cassazione avverso sentenze di applicazione della pena richiesta, non avendo sollevato questioni attinenti all’espressione della volontà dell’impu stesso, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuri fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Si tratta di doglianze non consentite, nel giudizio di legittimità avverso sentenz applicazione della pena su richiesta.
Rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrent al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
GLYPH
Così deciso in Roma, il 22/11/2024
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