Ricorso Patteggiamento: La Cassazione Conferma i Rigidi Limiti all’Impugnazione
Il ricorso patteggiamento rappresenta un’area del diritto processuale penale dove la volontà delle parti gioca un ruolo cruciale, ma con conseguenze ben definite. Scegliere il rito dell’applicazione della pena su richiesta significa accettare un percorso processuale più rapido in cambio di uno sconto di pena, ma anche rinunciare a determinate facoltà, tra cui quella di contestare ampiamente la decisione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza i confini invalicabili di questa scelta, dichiarando inammissibile un ricorso basato su una presunta carenza di motivazione riguardo la colpevolezza.
I Fatti del Caso
Tre individui, condannati dal GIP del Tribunale di Savona tramite sentenza di patteggiamento per reati connessi al traffico di sostanze stupefacenti, decidevano di impugnare la decisione dinanzi alla Corte di Cassazione. I ricorrenti lamentavano una violazione di legge e un vizio motivazionale, sostenendo che la sentenza non fornisse un’adeguata giustificazione del riconoscimento della loro responsabilità penale. In sostanza, chiedevano alla Suprema Corte una rivalutazione che, come vedremo, è preclusa dalla natura stessa del patteggiamento.
La Decisione della Corte di Cassazione e il Ricorso Patteggiamento
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili. La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla cosiddetta riforma Orlando. Questa norma elenca tassativamente i motivi per cui una sentenza di patteggiamento può essere oggetto di ricorso, circoscrivendo notevolmente il perimetro dell’impugnazione.
I giudici hanno sottolineato come le doglianze dei ricorrenti fossero generiche e, soprattutto, estranee ai motivi consentiti dalla legge. Contestare l’assenza di un ‘costrutto motivazionale a sostegno del riconoscimento di responsabilità’ equivale a rimettere in discussione il merito della colpevolezza, un’operazione non permessa in sede di legittimità dopo aver scelto il patteggiamento.
Le Motivazioni: I Limiti del Ricorso contro il Patteggiamento
Il cuore della motivazione risiede nella natura stessa del patteggiamento. La Corte ha ricordato che la richiesta di applicazione della pena implica una rinuncia, consapevole e volontaria, alla contestazione delle prove e dei fatti che costituiscono l’imputazione. L’imputato, accordandosi con il Pubblico Ministero, accetta la qualificazione giuridica del fatto e la pena proposta, chiedendo al giudice solo un controllo sulla correttezza dell’accordo e sulla non sussistenza di cause di proscioglimento evidenti (ex art. 129 c.p.p.).
L’articolo 448, comma 2-bis, c.p.p. limita il ricorso a questioni ben precise:
1. Vizi nella formazione della volontà dell’imputato (ad esempio, un consenso estorto).
2. Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza (il giudice ha deciso qualcosa di diverso da quanto pattuito).
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto (il reato è stato classificato in modo palesemente sbagliato).
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata (la sanzione è contraria alla legge).
Nessuna di queste categorie include la critica alla motivazione sulla colpevolezza. La Corte, citando una consolidata giurisprudenza, ha affermato che la motivazione della sentenza di patteggiamento, pur se sintetica, è adeguata se si basa sulla volontaria rinuncia alla contestazione probatoria, implicita nella richiesta stessa.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame è un importante monito sulle conseguenze della scelta del patteggiamento. Non è una via per ottenere uno sconto di pena mantenendo aperte tutte le porte per un’impugnazione nel merito. È una scelta strategica che chiude la fase di accertamento dei fatti. Di conseguenza, il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda. La dichiarazione di inammissibilità, con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una cospicua sanzione pecuniaria, sottolinea i rischi di un’impugnazione proposta al di fuori dei ristretti binari tracciati dal legislatore.
È possibile fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento contestando la valutazione della colpevolezza?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che il ricorso contro una sentenza di patteggiamento non può basarsi su vizi di motivazione riguardo l’accertamento della responsabilità, poiché l’adesione al rito speciale implica una rinuncia a contestare le prove.
Quali sono gli unici motivi per cui si può impugnare una sentenza di patteggiamento?
Secondo l’art. 448 comma 2-bis del codice di procedura penale, il ricorso è ammesso solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Cosa succede se un ricorso contro un patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente, quest’ultimo viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, quattromila euro) in favore della cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23849 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23849 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/05/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a BELVEDERE MARITTIMO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a SAVONA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/12/2023 del GIP TRIBUNALE di SAVONA
dato avviso alle parti; i udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME() NOME ricorrono avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il Tribunale di Savona ha applicato loro la pena concordata con riferimento alle violazioni concernenti il traffico di sostanza stupefacente loro rispettivamente ascritte.
I ricorrenti deducono rispettivamente violazione di legge e vizio motivazionale in relazione all’assenza di un costrutto motivazionale a sostegno del riconoscimento di responsabilità nei loro confronti. La difesa del COGNOME denuncia altresì difetto di motivazione in ordine al riconoscimento di responsabilità a suo carico in relazione al capo 6 della rubrica, in quanto non supportato da adeguati riscontri fattuali.
I profili di doglianza sopra richiamati sono inammissibili in quanto generici, privi di fondamento nonché esclusi dai motivi di impugnazione della sentenza di applicazione della pena su richiesta, come previsto dall’articolo 448 comma II bis cod.proc.pen., a seguito delle modifiche apportate dalla novella Orlando, applicabile ratione temporis in presenza di richiesta formulata dopo la data del 3.8.2017.
3.1 In base a tale disposizione il pubblico ministero e l’imputato possano proporre ricorso per cassazione contro la sentenza solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza;
3.2 Orbene nessuno di tali temi risulta investito nel ricorso il quale si limita ad assumere la mancata esplicitazione della esclusione di cause di non punibilità, ovvero carenze motivazionali ovvero erronea valutazione delle fonti di prova, laddove la pur sintetica motivazione, avuto riguardo alla (consapevole e volontaria) rinunzia alla contestazione delle prove dei fatti costituenti oggetto di imputazione, implicita nella domanda di patteggiamento, nonché alla speciale natura dell’accertamento devoluto al giudice del merito in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti che ne consegue, appare pienamente adeguata ai parametri indicati per tale genere di decisioni dalla ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità (cfr., tra le altre, Sez. un., n. 5777 del 27 marzo 1992, COGNOME, rv. 191135; Sez. un., n. 10372 del 27 settembre 1995, COGNOME, rv. 202270; sez. un., n. 20 del 27 ottobre 1999, COGNOME, rv. 214637).
Essendo i ricorsi inammissibili e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila ciascuno in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 15 maggio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presid nte ,