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Ricorso Patteggiamento: limiti e inammissibilità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro una sentenza di patteggiamento per reati di droga. La decisione si fonda sul fatto che i motivi di appello non rientravano tra quelli tassativamente previsti dall’art. 448, comma 2-bis c.p.p., che limita strettamente le possibilità di impugnazione di questo tipo di sentenze. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando è Inammissibile? L’Analisi della Cassazione

Il ricorso patteggiamento rappresenta una delle questioni più tecniche e delicate della procedura penale. L’accesso a questo rito speciale offre indubbi vantaggi, ma cosa accade quando si vuole impugnare la sentenza che ne deriva? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 23242/2024, chiarisce in modo netto i confini entro cui è possibile muoversi, confermando la linea restrittiva introdotta dalla riforma del 2017.

Il Caso: Dal Patteggiamento al Ricorso in Cassazione

Un soggetto, dopo aver concordato con il Pubblico Ministero una pena di un anno e sei mesi di reclusione e 1.400 euro di multa per reati legati agli stupefacenti (previsti dall’art. 73, commi 4 e 5, del D.P.R. 309/1990), decideva di impugnare la sentenza di patteggiamento davanti alla Corte di Cassazione. La difesa, con il proprio ricorso, mirava a ottenere un’assoluzione ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale, lamentando vizi di motivazione e violazione di legge.

La richiesta, tuttavia, si è scontrata con i rigidi paletti normativi che regolano l’impugnazione delle sentenze emesse a seguito di applicazione della pena su richiesta delle parti.

I Limiti al Ricorso Patteggiamento: Le Regole dell’Art. 448 c.p.p.

Il punto cruciale della vicenda risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, modificato dalla Legge n. 103 del 2017. Questa norma ha circoscritto in maniera tassativa le ragioni per cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento in Cassazione. I motivi ammessi sono esclusivamente i seguenti:

1. Vizi della volontà: Problemi relativi all’espressione del consenso da parte dell’imputato al momento dell’accordo.
2. Errata qualificazione giuridica: Se il fatto è stato inquadrato in una norma penale sbagliata.
3. Difetto di correlazione: Mancanza di corrispondenza tra quanto richiesto dalle parti e quanto deciso dal giudice nella sentenza.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza: Se la sanzione applicata è contraria alla legge o non prevista.

Qualsiasi altro motivo, come una generica richiesta di assoluzione nel merito o una critica alla valutazione dei fatti, esula da questo elenco e non può essere portato all’attenzione della Suprema Corte.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione, con una procedura snella e senza udienza (de plano), ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno evidenziato che le censure sollevate dalla difesa non rientravano in nessuna delle quattro categorie previste dall’art. 448, comma 2-bis c.p.p. La richiesta di un proscioglimento nel merito, infatti, è incompatibile con la natura stessa del patteggiamento, che presuppone una rinuncia a contestare la propria colpevolezza in cambio di uno sconto di pena.

La Corte ha ribadito un principio consolidato, citando anche un precedente del 2018 (sentenza n. 4727/2018), secondo cui le modifiche legislative del 2017 hanno voluto limitare drasticamente le impugnazioni dilatorie o pretestuose contro le sentenze di patteggiamento, rendendo il ricorso un rimedio eccezionale e circoscritto a violazioni ben precise.

Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche dell’Inammissibilità

La decisione della Cassazione ha avuto due conseguenze dirette per il ricorrente. In primo luogo, la dichiarazione di inammissibilità ha comportato la sua condanna al pagamento delle spese processuali. In secondo luogo, è stato condannato a versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista proprio per i casi di ricorso inammissibile.

Questa ordinanza offre una lezione importante: prima di intraprendere la via del ricorso patteggiamento in Cassazione, è fondamentale un’attenta analisi dei motivi, che devono rientrare tassativamente nel perimetro delineato dalla legge. Tentare di rimettere in discussione il merito della vicenda o la valutazione dei fatti dopo aver accettato il rito speciale è una strategia destinata al fallimento, con conseguenze economiche significative.

È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. Dopo la riforma del 2017, il ricorso è ammesso solo per un numero limitato di motivi, specificamente elencati nell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

Quali sono i motivi validi per impugnare una sentenza di patteggiamento?
I motivi validi sono esclusivamente quelli attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, all’erronea qualificazione giuridica del fatto, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

Cosa succede se un ricorso contro un patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, a titolo sanzionatorio, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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