Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 37204 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 37204 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/05/2025 del Giudice per l’udienza del Tribunale del TRIBUNALE di GENOVA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; rilevato che il presente procedimento è stato trattato con il rito “del plano”;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza resa in data 27 maggio 2025 ex art. 444 cod. proc. pen. il Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Genova applicava all’imputato COGNOME NOME la pena concordata di anno uno di reclusione ed euro 400,00 di multa in relazione ai reati di ricettazione e di indebito utilizzo di mezzi d pagamento diversi dai contanti.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del proprio difensore, chiedendone l’annullamento e articolando un unico motivo di doglianza con il quale deduceva inosservanza o erronea applicazione della legge penale nonché mancanza o manifesta illogicità della motivazione, assumendo che il giudice non aveva valutato l’applicabilità al caso di specie dell’art. 129 cod. proc. pen., né aveva accertato la possibile diversa qualificazione del fatto già qualificato nel delitto di ricettazione in quello
furto; lamentava inoltre la mancata applicazione della circostanza attenuante del risarcimento del danno.
Il ricorso è generico, e pertanto inammissibile, nella parte in cui invoca l’applicabilità dell’art. 129 cod. proc. pen.
Ed invero, secondo il consolidato orientamento del Giudice di legittimità, condiviso da questo Collegio, nel giudizio definito ex art. 444 cod. proc. pen. è inammissibile per genericità l’impugnazione nella quale sia stata lamentata la mancata verifica o comunque l’omissione di motivazione in ordine alla sussistenza di cause di non punibilità, ove la censura non sia accompagnata dalla indicazione specifica delle ragioni che avrebbero dovuto imporre al giudice l’assoluzione o il proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. (c., ex multis, Sez. 6, n. 250 del 30/12/2014, dep. 2015, Barzi, Rv. 261802 – 01; nella specie, relativa ad un patteggiamento per illecita detenzione di sostanze stupefacenti, il ricorrente aveva genericamente dedotto l’assenza ed illogicità della motivazione in ordine all’esclusione dell’immediato proscioglimento ai sensi degli artt. 129 cod. proc. pen. e 75 d.P.R. n. 309 del 1990).
Nel caso di specie la deduzione del ricorrente secondo la quale il giudice non avrebbe valutato l’applicabilità dell’art. 129 cod. proc. pen. non risulta sorretta da alcuna argomentazione specifica; di qui la sua inammissibilità.
Il ricorso contiene anche un rilievo non consentito, nella parte in cui lamenta la mancata applicazione di una circostanza attenuante e la mancata riqualificazione del fatto da ricettazione nel delitto di furto.
Ed invero, a mente del disposto di cui all’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. avverso la sentenza emessa ex art. 444 cod. proc. pen. il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione solo per motivi attinenti alla volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Occorre precisare che, secondo il consolidato orientamento del Giudice di legittimità, condiviso da questo Collegio, in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., l’erronea qualificazione giuridica del fatto contenuto in sentenza è limitata ai soli casi di errore manifesto, configurabile quando tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione (v., ex multis, Sez. 2, n. 14377 del 31/03/2021, COGNOME,
Rv. 281116 – 01; in applicazione del principio la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata che aveva erroneamente qualificato come furto aggravato un fatto che, sulla base del capo di imputazione e della motivazione della sentenza, doveva qualificarsi invece quale tentativo di rapina impropria aggravata).
La verifica sul punto, dunque, deve essere compiuta esclusivamente sulla base del capo di imputazione, con conseguente inammissibilità della denuncia di errori valutativi che non risultino evidenti dal testo del provvedimento impugnato.
In ragione dei principi indicati, nel caso di specie l’esame del contenuto del capo d’imputazione e della motivazione della sentenza impugnata non rivela la manifesta erroneità della qualificazione giuridica dei due fatti qualificati nel delitto di ricettazione, considerato che la loro riqualificazione nel delitto di fur è stata prospettata dal ricorrente in maniera del tutto apodittica e meramente ipotetica.
L’ulteriore rilievo con il quale si lamenta la mancata applicazione della circostanza attenuante del risarcimento del danno non rientra palesemente fra i motivi consentiti, elencati all’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile; il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento. In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 09/09/2025