Ricorso Patteggiamento: Quando è Inammissibile? L’Analisi della Cassazione
Il ricorso patteggiamento rappresenta uno strumento processuale con limiti ben definiti. Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione ribadisce con fermezza quali sono i confini per impugnare una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti. La decisione chiarisce che lamentele sull’eccessività della pena o sulla valutazione del giudice non costituiscono motivi validi per un ricorso, che deve invece basarsi su precise violazioni di legge.
I Fatti del Caso: L’Appello Contro la Pena Concordata
Il caso trae origine dalla decisione del Giudice dell’Udienza Preliminare (G.u.p.) del Tribunale di Siracusa, che aveva applicato a due imputati la pena concordata tra le parti per il reato di estorsione in concorso. Insoddisfatti della sentenza, entrambi gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione, sollevando questioni distinte.
Un ricorrente lamentava l’eccessività della pena applicata a titolo di continuazione tra i reati, mentre l’altro contestava la congruità della pena base. In sostanza, entrambi criticavano la misura della sanzione, ritenendola sproporzionata. Un terzo motivo di ricorso, proposto da un altro difensore, censurava la motivazione della sentenza per non aver adeguatamente considerato la possibilità di un proscioglimento immediato ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale.
I Limiti del Ricorso Patteggiamento secondo la Cassazione
La Corte di Cassazione ha trattato i ricorsi con una procedura semplificata, ritenendoli manifestamente inammissibili. Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma elenca tassativamente i motivi per cui è possibile presentare ricorso contro una sentenza di patteggiamento.
La giurisprudenza consolidata, citata nell’ordinanza, ha più volte affermato che non è ammesso un ricorso patteggiamento che si limiti a contestare la congruità della pena. Le censure relative alla commisurazione della sanzione, che attengono a valutazioni discrezionali del giudice basate sull’articolo 133 del codice penale, non rientrano nel concetto di “illegalità” della pena, unico presupposto per un’impugnazione valida in questo contesto.
Analogamente, anche il motivo relativo alla mancata valutazione delle condizioni per un proscioglimento è stato giudicato inammissibile. La Corte ha specificato che anche questa doglianza non rientra tra le violazioni di legge tassativamente indicate dalla norma che regola l’impugnazione del patteggiamento.
le motivazioni della Decisione
La Suprema Corte ha basato la sua decisione su un principio fondamentale: la scelta del patteggiamento comporta una rinuncia a far valere alcune doglianze. L’accordo sulla pena presuppone che l’imputato accetti la sanzione in cambio di uno sconto di pena, limitando di conseguenza le future possibilità di impugnazione. Permettere un ricorso basato su profili commisurativi (cioè sulla misura della pena) snaturerebbe la funzione stessa del rito speciale, trasformando la Cassazione in un terzo grado di giudizio sul merito, ruolo che non le compete.
Il ricorso è quindi consentito solo per vizi “grossolani” e specifici, come un errore nella qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione di una pena non prevista dalla legge per quel reato, o un vizio nella formazione della volontà dell’imputato. Le lamentele presentate dai ricorrenti, invece, riguardavano l’esercizio del potere discrezionale del giudice, che non può essere messo in discussione in sede di legittimità dopo un accordo tra le parti.
le conclusioni
Con questa ordinanza, la Cassazione riafferma la stabilità delle sentenze di patteggiamento, chiudendo le porte a ricorsi dilatori o pretestuosi. La decisione ha importanti implicazioni pratiche: chi sceglie il patteggiamento deve essere consapevole che la possibilità di contestare la sentenza è estremamente ridotta. L’attenzione deve essere posta sulla correttezza giuridica dell’accordo e non sull’equità percepita della pena. I ricorsi sono stati dichiarati inammissibili, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma alla Cassa delle ammende, a monito della non fondatezza delle loro impugnazioni.
È possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento lamentando che la pena è troppo alta?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che non è possibile. Il ricorso è inammissibile se contesta solo l’entità della pena concordata (profili commisurativi), poiché ciò non rientra tra i motivi di illegalità previsti dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
Quali sono i motivi per cui si può impugnare una sentenza di patteggiamento?
Il ricorso è ammesso solo per i motivi specifici ed espressamente elencati nell’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. Questi riguardano principalmente errori di diritto, come l’errata qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione di una pena illegale, o vizi relativi alla volontà dell’imputato di patteggiare.
Cosa succede se si propone un ricorso per motivi non consentiti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte. Come stabilito in questo caso, i ricorrenti vengono condannati al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 21998 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 21998 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/04/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a SIRACUSA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME nato a SIRACUSA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/01/2024 del G.u.p. del Tribunale di Siracusa visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Il G.u.p. del Tribunale di Siracusa, con sentenza in data 15 gennaio 2024, applicava nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME la pena concordata dalle parti ex art. 444 cod. proc. pen., in relazione al reato di estorsione in concorso;
rilevato che, ai sensi dell’art. 610, comma 5 bis, cod. proc. pen., i ricorsi devono essere trattati con procedura «de plano», trattandosi di impugnazioni, proposte avverso una sentenza di applicazione della pena, da dichiararsi inammissibili perché proposti al di fuori dei casi previsti dall’art. 448, co. 2 bis, cod. proc. pen.;
rilevato, infatti, che il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME, così come il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME, a firma dell’AVV_NOTAIO, con i quali si lamenta sostanzialmente l’eccessività della pena applicata a titolo di continuazione (ricorso COGNOME) e di quella fissata quale pena base (ricorso COGNOME), risultano proposti al di fuori dei casi previsti dall’art. 448, co. bis, cod. proc. pen., poiché secondo la giurisprudenza della Corte è inammissibile il ricorso per cassazione che deduca motivi concernenti non l’illegalità della pena, ma profili commisurativi della stessa, discendenti dalla violazione dei parametri di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 5, n. 19757 del 16/04/2019, COGNOME, Rv. 276509 – 01);
analogamente il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME, a firma dell’AVV_NOTAIO, che censura la motivazione della sentenza in ordine al giudizio di insussistenza delle condizioni per il proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. è formulato per ragione non consentita in quanto non compresa tra le violazioni di legge tassativamente indicate dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. (Sez. F, n. 28742 del 25/08/2020, Messnaoui, Rv. 279761 – 01; Sez. 6, n. 1032 del 07/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278337 – 01);
ritenuto, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso l’ 11 aprile 2024
Il Consigliere Estensore
La Presidente