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Ricorso patteggiamento: limiti e inammissibilità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso patteggiamento, poiché i motivi di impugnazione, relativi alla valutazione della gravità del reato ai fini della pena, non rientrano tra le casistiche tassativamente previste dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. La Corte ha ribadito che il controllo di legittimità sulla pena patteggiata è limitato alla sua ‘illegalità’ e non alla sua ‘commisurazione’ discrezionale.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando è Ammesso in Cassazione?

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini entro cui è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento. Il caso analizzato offre spunti fondamentali per comprendere perché il ricorso patteggiamento non può basarsi su una generica contestazione della misura della pena concordata. La decisione sottolinea la volontà del legislatore di limitare l’accesso al giudizio di legittimità per le sentenze emesse con questo rito speciale, circoscrivendolo a vizi specifici e tassativi.

I Fatti del Caso: L’Impugnazione della Pena Concordata

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato condannato con sentenza di applicazione della pena su richiesta per un reato previsto dall’art. 73 del d.P.R. 309/90 (legge sugli stupefacenti). L’imputato lamentava una violazione dell’art. 133 del codice penale, sostenendo che il giudice di merito non avesse adeguatamente valutato la gravità del reato nel determinare la sanzione, seppur concordata tra le parti.

La doglianza, in sostanza, non contestava la legalità della pena in sé, ma il merito della sua quantificazione, un aspetto che si presume definito dall’accordo stesso di patteggiamento.

La Disciplina del Ricorso Patteggiamento in Cassazione

La Corte di Cassazione ha immediatamente inquadrato la questione nell’ambito dell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta con la riforma del 2017, stabilisce che il pubblico ministero e l’imputato possono presentare ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento solo per un numero chiuso di motivi:

1. Vizi relativi all’espressione della volontà dell’imputato di patteggiare.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta delle parti e la sentenza del giudice.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto contestato.
4. Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza disposta.

Qualsiasi altro motivo di ricorso è, per legge, inammissibile.

La Decisione della Corte sul Ricorso Patteggiamento

La Suprema Corte, applicando rigorosamente la norma, ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno chiarito che le lamentele dell’imputato, incentrate sulla violazione dei criteri di commisurazione della pena (art. 133 c.p.), non rientrano in nessuna delle quattro categorie ammesse. In particolare, la Corte ha tracciato una distinzione netta tra “illegalità” e “commisurazione” della pena.

L’illegalità, che giustifica il ricorso, si verifica quando la sanzione non è prevista dall’ordinamento giuridico per quel reato o eccede, per specie o quantità, i limiti massimi fissati dalla legge. La commisurazione, invece, attiene alla valutazione discrezionale del giudice (e, nel patteggiamento, all’accordo tra le parti) sulla misura della pena all’interno della cornice legale. Quest’ultimo aspetto non è sindacabile in Cassazione dopo un patteggiamento.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla ratio della riforma del 2017, volta a deflazionare il carico della Cassazione e a conferire maggiore stabilità alle sentenze di patteggiamento. Consentire un ricorso basato sulla presunta eccessività della pena concordata significherebbe rimettere in discussione il cuore stesso dell’accordo tra accusa e difesa, vanificando lo scopo del rito speciale. La scelta di patteggiare implica l’accettazione della pena proposta. I motivi di impugnazione sono stati volutamente limitati a vizi strutturali dell’accordo o a errori di diritto macroscopici, come un’errata qualificazione del reato o l’applicazione di una pena non conforme alla legge. Le doglianze del ricorrente, essendo di natura prettamente valutativa e attinenti al merito sanzionatorio, sono state quindi ritenute estranee al perimetro del giudizio di legittimità.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale: l’accordo di patteggiamento cristallizza la valutazione sulla congruità della pena. Le parti, accettando il rito, rinunciano a contestare nel merito la quantificazione della sanzione, a meno che questa non sia palesemente illegale. Per gli operatori del diritto, ciò significa che la valutazione sulla convenienza del patteggiamento deve essere compiuta con estrema attenzione prima della richiesta, poiché gli spazi per un ripensamento successivo in sede di impugnazione sono estremamente ridotti e limitati a profili di pura legittimità, escludendo ogni censura sulla discrezionalità sanzionatoria.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza di patteggiamento lamentando che la pena concordata è troppo alta?
No. Secondo la Corte, non è possibile impugnare la sentenza per motivi legati alla valutazione della gravità del reato (art. 133 c.p.) o alla commisurazione della pena. Tali aspetti sono considerati parte dell’accordo tra le parti e non rientrano nei motivi tassativi di ricorso.

Quali sono gli unici motivi per cui si può fare ricorso contro un patteggiamento?
Il ricorso è consentito solo per quattro motivi specifici: problemi nell’espressione della volontà dell’imputato, mancanza di corrispondenza tra la richiesta e la sentenza, errata qualificazione giuridica del fatto, e illegalità della pena o della misura di sicurezza.

Cosa si intende per “illegalità della pena” come motivo di ricorso?
Per “illegalità della pena” si intende una sanzione non prevista dall’ordinamento giuridico per quel reato o una pena che eccede i limiti massimi legali per specie o quantità. Non riguarda la valutazione discrezionale sulla sua misura, che è oggetto dell’accordo di patteggiamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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