Ricorso Patteggiamento: la Cassazione e i Limiti dopo la Riforma
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha riaffermato i rigidi paletti che limitano l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. La decisione sottolinea come, a seguito della riforma legislativa del 2017, il ricorso per patteggiamento sia diventato uno strumento azionabile solo in casi eccezionali e tassativamente indicati dalla legge. Analizziamo insieme il caso per comprendere la portata di questo importante principio di procedura penale.
I Fatti del Caso
Una persona imputata per il reato di lesioni personali stradali gravi o gravissime (art. 590 bis c.p.) aveva concordato con la Procura una pena, poi applicata dal Tribunale di Milano. La pena, pari a un mese e dieci giorni di reclusione, era stata condizionalmente sospesa.
Nonostante l’accordo, la difesa ha deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, sostenendo che il giudice di merito avesse commesso un errore: non avrebbe verificato la possibile esistenza di cause di proscioglimento immediato, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale. In pratica, secondo la difesa, il giudice avrebbe dovuto, prima di ratificare il patteggiamento, controllare se l’imputata non dovesse essere assolta con formula piena.
I Limiti al Ricorso Patteggiamento nella Normativa Vigente
Il cuore della questione risiede nelle modifiche introdotte dalla Legge n. 103 del 2017 (nota come Riforma Orlando), che ha inserito il comma 2-bis nell’art. 448 del codice di procedura penale. Questa norma ha drasticamente limitato i motivi per cui è possibile presentare ricorso in Cassazione avverso una sentenza di patteggiamento. Oggi, l’impugnazione è consentita solo per i seguenti motivi:
1. Vizi relativi all’espressione della volontà dell’imputato di patteggiare.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta di patteggiamento e la sentenza emessa.
3. Errata qualificazione giuridica del fatto contestato.
4. Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza disposta.
Come si può notare, si tratta di un elenco chiuso e molto specifico, volto a garantire la stabilità delle sentenze emesse a seguito di un accordo tra le parti.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo fondato su un motivo non previsto dalla legge. I giudici hanno chiarito che la doglianza relativa alla mancata verifica delle condizioni per un proscioglimento ex art. 129 c.p.p. non rientra in nessuna delle quattro categorie ammesse dall’art. 448, comma 2-bis.
La Cassazione ha ribadito un orientamento ormai consolidato: la riforma del 2017 ha voluto limitare l’impugnabilità delle sentenze di patteggiamento alle sole violazioni di legge tassativamente indicate. Di conseguenza, un ricorso per patteggiamento che deduca un vizio di violazione di legge per la mancata verifica dell’insussistenza di cause di proscioglimento è, per definizione, inammissibile. Il controllo del giudice, in questo contesto, è circoscritto ai profili di legalità dell’accordo e non si estende a una rivalutazione del merito che è stata oggetto di rinuncia da parte dell’imputato con la richiesta di patteggiamento.
Conclusioni
Questa ordinanza conferma che la scelta del patteggiamento è una decisione processuale con conseguenze significative e in gran parte irreversibili. L’imputato, accettando di definire il processo con un accordo sulla pena, rinuncia a contestare nel merito l’accusa e, di conseguenza, limita fortemente le sue possibilità di impugnazione successiva. L’appello in Cassazione non può essere utilizzato per rimettere in discussione la fondatezza dell’accusa, ma solo per denunciare specifici e gravi errori procedurali o di diritto, come elencati dalla legge. La decisione impone quindi una riflessione attenta per la difesa sulla strategia processuale da adottare, essendo la via del ricorso successiva al patteggiamento estremamente ristretta.
È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
No. L’ordinanza chiarisce che, dopo la riforma legislativa del 2017, il ricorso è ammesso solo per un numero limitato e tassativo di motivi, escludendo una revisione generale del merito della causa.
Quali sono i motivi per cui si può impugnare una sentenza di patteggiamento?
I motivi ammessi sono esclusivamente quelli previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p.: problemi relativi all’espressione della volontà dell’imputato, mancanza di corrispondenza tra richiesta e sentenza, errata qualificazione giuridica del fatto, e illegalità della pena o della misura di sicurezza.
La mancata valutazione da parte del giudice di una possibile assoluzione è un motivo valido per ricorrere contro un patteggiamento?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la mancata verifica dell’esistenza di cause di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) non rientra tra i motivi tassativi previsti dalla legge e, pertanto, un ricorso basato su tale doglianza è inammissibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11903 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11903 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME RHO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/01/2023 del TRIBUNALE di MILANO
udita la relazione svolta dal Presidente NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale di Milano, su concorde richiesta delle parti, ha applicato a COGNOME NOME, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena, condizionalmente sospesa, di mesi uno e giorni dieci di reclusione, in relazione al reato di cui all’art. 590 bis cod. pen..
L’imputata, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso tale sentenza, deducendo vizio di motivazione con riferimento alla mancata verificata della possibilità di emettere sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen..
Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi non proponibili in sede di legittimità.
Trattandosi di sentenza che ha ratificato l’accordo proposto successivamente all’entrata in vigore dell’art. 1, comma 50, legge n. 103 del 2017, trova applicazione il comma 2-bis dell’art. 448 cod. proc. pen. che limita il ricorso per Cassazione avverso la sentenza di patteggiamento ai soli casi in esso previsti («motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena della misura di sicurezza»).
Ebbene, in tema di patteggiamento, è inammissibile il ricorso per Cassazione avverso la sentenza applicativa della pena con cui si deduca il vizio di violazione di legge per la mancata verifica dell’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod., atteso che l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge 23 giugno 2017 n. 103, limita l’impugnabilità della pronuncia alle sole ipotesi di violazione di legge in esso tassativamente indicate (Sez. 6, n. 10:32 del 07/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278337; Sez. F, Ord. n. 28742 del 25/08/2020, Messnaoui, Rv. 279761; Sez. 2, n. 4727 del 11/01/2018, Oboroceanu, Rv. 272014).
Per le ragioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ragioni di esonero – al versamento della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro quattromila alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 14 marzo 2024.