Ricorso Patteggiamento: Quando è Inammissibile l’Appello in Cassazione?
La sentenza di patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una scelta processuale strategica con conseguenze quasi definitive. L’ordinanza n. 10457/2024 della Corte di Cassazione ribadisce con chiarezza i confini molto stretti entro cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento, specialmente per contestare la qualificazione giuridica del fatto. Analizziamo insieme questa importante pronuncia per capire quando l’impugnazione è destinata a essere dichiarata inammissibile.
I Fatti del Caso
Due imputati avevano concordato con la Procura una pena di due anni di reclusione e 450 euro di multa per il reato di tentata rapina in abitazione (artt. 56 e 624-bis c.p.). La sentenza di patteggiamento era stata emessa dal GIP del Tribunale di Roma. Nonostante l’accordo raggiunto, i difensori degli imputati hanno proposto ricorso per Cassazione, lamentando un presunto errore nella qualificazione giuridica del fatto e la mancata verifica da parte del giudice circa l’esistenza di cause di proscioglimento, che avrebbero dovuto portare a un’assoluzione.
La Decisione della Corte e il Ricorso Patteggiamento
La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili. La Corte ha colto l’occasione per riaffermare i principi, consolidati dopo la riforma introdotta con la legge n. 103 del 2017, che limitano fortemente le ragioni per cui si può impugnare una sentenza di patteggiamento.
I giudici hanno condannato i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 4.000,00 euro alla Cassa delle ammende, una conseguenza tipica della declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Le Motivazioni: I Limiti al Ricorso contro la Sentenza di Patteggiamento
Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma elenca tassativamente i motivi per cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento. Tra questi, figura l'”erronea qualificazione giuridica del fatto”.
La Cassazione, tuttavia, chiarisce un punto fondamentale: non basta un semplice dissenso sulla qualificazione giuridica per poter ricorrere. L’errore deve essere manifesto, cioè palese, evidente e immediatamente desumibile dal testo del provvedimento impugnato o dal capo d’imputazione, senza che sia necessario compiere alcuna indagine sui fatti o valutare elementi probatori.
Nel caso di specie, i ricorrenti chiedevano alla Corte una rilettura degli elementi di fatto, operazione preclusa in sede di legittimità e, a maggior ragione, nell’ambito di un’impugnazione contro un patteggiamento. La Corte ha specificato che se la contestazione dell’erronea qualificazione richiede un “necessario passaggio logico”, l’analisi di “aspetti in fatto e probatori che non risultino con immediatezza dalla contestazione”, il ricorso è inammissibile.
Un altro aspetto cruciale toccato dall’ordinanza riguarda l’obbligo del giudice di verificare, anche in caso di patteggiamento, l’assenza di cause di proscioglimento (art. 129 c.p.p.). I ricorrenti lamentavano un difetto di motivazione su questo punto. La Cassazione ha ribadito che, dopo la riforma del 2017, il vizio di motivazione (sia per illogicità, insufficienza o sua totale omissione) è stato escluso dai motivi di ricorso avverso la sentenza di patteggiamento. Pertanto, l’eventuale omissione della motivazione sull’insussistenza delle cause di proscioglimento non è più un vizio che può essere fatto valere in sede di legittimità.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza conferma che la scelta del patteggiamento è un atto processuale che cristallizza la situazione di fatto e di diritto, lasciando margini di impugnazione estremamente ridotti. La possibilità di contestare la qualificazione giuridica è limitata a casi eccezionali di errore macroscopico, riconoscibile a prima vista. Qualsiasi doglianza che implichi una rivalutazione del merito o un’analisi fattuale è destinata all’inammissibilità. Per gli operatori del diritto, ciò significa che l’accordo sulla pena deve essere ponderato con estrema attenzione, poiché le possibilità di rimetterlo in discussione successivamente sono quasi nulle. Per l’imputato, è fondamentale essere pienamente consapevole che, accettando il patteggiamento, rinuncia in larga misura al diritto di contestare la ricostruzione dei fatti e la loro qualificazione legale.
È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per un’errata qualificazione giuridica del reato?
No. Secondo l’ordinanza, è possibile solo quando l’errore nella qualificazione giuridica del fatto è “manifesto”, cioè palesemente ed immediatamente evidente dal testo del provvedimento impugnato, senza che sia necessaria alcuna valutazione di aspetti di fatto o probatori.
Si può contestare in Cassazione la sentenza di patteggiamento per mancata motivazione sulla sussistenza di cause di proscioglimento?
No. La Corte ha chiarito che, a seguito della riforma del 2017 (art. 448, comma 2-bis, c.p.p.), il difetto di motivazione, inclusa l’omessa motivazione sulla non ricorrenza delle cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., non è più un motivo valido per ricorrere contro una sentenza di patteggiamento.
Cosa si intende per “errore manifesto” nella qualificazione giuridica che consente il ricorso contro un patteggiamento?
Per “errore manifesto” si intende un errore di diritto talmente palese da risultare con “indiscussa immediatezza” e in modo “palesemente eccentrico” rispetto al contenuto del capo di imputazione. Non rientrano in questa categoria gli errori che richiedono un’analisi degli atti processuali, una diversa valutazione dei fatti o un ragionamento interpretativo complesso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 10457 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 5 Num. 10457 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/02/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato il DATA_NASCITA NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/11/2023 del GIP TRIBUNALE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/sentite le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME COGNOME
udito il difensore
o?
RITENUTO IN FATTO
1.11 ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME e COGNOME NOME – con cui si insta per l’annullamento della sentenza emessa dal Tribunale di Roma ex art. 444 cod. proc. pen. applicativa della pena di anni due di reclusione e di euro 450 di multa in relazione al reato di cui agli artt. 56-624 bis c.p. – pe omesso controllo sulla correttezza della qualificazione giuridica del fatto e circa l’esistenza di cause di proscioglimento – è inammissibile.
Posto che a seguito dell’introduzione con la legge 23 giugno 2017, n. 103 del comma 2-bis dell’art. 448 del codice di rito, applicabile al caso di specie essendo essa entrata in vigore in epoca antecedente alla sentenza impugnata emessa il 4.4.2023, il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di patteggiamento solo per motivi attinenti l’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità del pena o della misura di sicurezza, si deve tuttavia rilevare, quanto alla qualificazione giuridica, che, già prima dell’introduzione del cornma 2-bis dell’art. 448 codice di rito, le Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, Sentenza n. 5 del 19/01/2000 Rv. 215826), così affermavano: “Con il ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento può essere denunciata l’erronea qualificazione giuridica del fatto, così come prospettata nell’accordo delle parti e recepita dal giudice, in quanto la qualificazione giuridica del fatto è materia sottratta alla disponibilità di parte e l’errore su di essa costituisce errore di diri rilevante ai sensi dell’art. 606, lett. b) cod. proc. pen.
Nondimeno, si è altresì affermato da parte di questa Corte che in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, la possibilità di ricorrere pe cassazione deducendo, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dall’art. 1, comma 50, della legge 23 giugno 2017, n. 103, l’erronea qualificazione del fatto contenuto in sentenza è limitata ai soli casi di errore manifesto, con conseguente inammissibilità della denuncia di errori valutativi in diritto che non risultino evidenti dal testo del provvedimento impugnato (Sez. 1, n. 15553 del 20/03/2018 – dep. 06/04/2018, COGNOME, Rv. 27261901). Ancora, in tema di patteggiamento, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo l’erronea qualificazione del fatto contenuto in sentenza è limitata ai casi in cui tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, dovendo in particolare escludersi l’ammissibilità dell’impugnazione che richiami come nel caso di specie – quale
necessario passaggio logico del motivo di ricorso, aspetti in fatto e probatori che non risultino con immediatezza dalla contestazione (Sez. 3, Sentenza n. 46373 del 26/01/2017 Rv. 271789; Sez. 3, Sentenza n. 34902 del 24/06/2015 Rv. 264153, Sez. 7, Ordinanza n. 39600 del 10/09/2015 Cc. Rv. 264766); laddove nel caso di specie alla stregua dell’imputazione non balza affatto evidente la erroneità della qualificazione giuridica dei fatti, dedotta peraltro dai ricorrenti maniera del tutto inammissibile, con evidenti incursioni in fatto.
Alla stregua della previsione di cui al comma 2-bis dell’art. 448 del codice di rito si è altresì concluso che è escluso il difetto di motivazione sull’insussistenza delle condizioni per pronunciare sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. Sicché, a fronte dell’onere del giudice di accertare, comunque, la descritta insussistenza di cause di proscioglimento, l’eventuale omissione della motivazione sul punto, a seguito dell’indicata riforma, non è più censurabile in sede di legittimità; e più in generale non è deducibile il vizio di motivazione per illogicità o insufficienza della stessa; ed è quindi inammissibile il ricorso pe cassazione avverso la sentenza di patteggiamento con il quale si deduca l’omessa valutazione da parte del giudice delle condizioni per pronunziare sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. ovvero la insufficienza della motivazione resa con riferimento al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche; e, anche in tal caso, ciuesta Corte provvede a dichiarare l’inammissibilità con ordinanza “de plano” ex art. 610, comma 5-bis cod. proc. pen. (così Sez. 2, n. 4727 del 11/01/2018, P.v. P_IVA; conforme Sez. 5, Ordinanza n. 28604 del 04/06/2018 Rv. 273169 -01).
Alla declaratoria d’inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese di procedimento e al versamento alla Cassa delle ammende della somma di Euro 4.000,00.
P.Q.M.
spese processuali e della somma di Euro 4.000,00 in favore ammende. della Cassa delle Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
Così deciso il 6.2.2024.