Ricorso Patteggiamento: Quando la Cassazione lo Dichiara Inammissibile
L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una scelta processuale che comporta importanti conseguenze, soprattutto per quanto riguarda le possibilità di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini invalicabili del ricorso patteggiamento, chiarendo quali motivi non possono essere portati all’attenzione dei giudici di legittimità. Analizziamo insieme la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.
I Fatti del Caso: Dal Patteggiamento al Ricorso
La vicenda trae origine da una sentenza del Tribunale di Milano che, su concorde richiesta delle parti, applicava a un imputato una pena per il delitto di rapina in concorso. L’imputato, nonostante l’accordo raggiunto con la Procura e ratificato dal Giudice, decideva di presentare ricorso per cassazione. Il motivo del contendere era specifico: a suo dire, la sentenza mancava di una motivazione adeguata in merito al diniego delle circostanze attenuanti generiche, ovvero quei fattori che avrebbero potuto portare a una riduzione della pena.
La Decisione della Corte e i Limiti al Ricorso Patteggiamento
La Corte di Cassazione, investita della questione, ha risolto il caso in modo netto e senza la necessità di un’udienza formale, attraverso una procedura semplificata (de plano). Il ricorso è stato dichiarato inammissibile.
La decisione si fonda su un pilastro normativo ben preciso: l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma elenca in modo tassativo i soli motivi per cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento.
I motivi consentiti sono:
1. Problemi relativi all’espressione della volontà dell’imputato (ad esempio, se il consenso non è stato libero e consapevole).
2. Mancata corrispondenza tra la richiesta di patteggiamento e la sentenza emessa dal giudice.
3. Errata qualificazione giuridica del fatto contestato.
4. Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza disposta.
Qualsiasi altro motivo, per quanto possa apparire fondato all’imputato, non può essere oggetto di un ricorso contro una sentenza di patteggiamento.
Le Motivazioni della Sentenza
La Suprema Corte ha spiegato che la doglianza dell’imputato, relativa alla carenza di motivazione sulle attenuanti generiche, non rientra in nessuna delle categorie previste dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. La scelta di accedere al patteggiamento implica una parziale rinuncia al diritto di contestare la sentenza nel merito. La motivazione su aspetti come le circostanze attenuanti, che attengono a una valutazione discrezionale del giudice di merito, è esclusa dal perimetro del sindacato di legittimità in caso di pena concordata.
Di conseguenza, il ricorso è stato giudicato inammissibile perché proposto per motivi non consentiti dalla legge. La Corte ha inoltre condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, come sanzione per aver attivato inutilmente il sistema giudiziario con un’impugnazione priva di fondamento legale.
Le Conclusioni
Questa ordinanza conferma un principio fondamentale: il patteggiamento è un accordo che cristallizza la pena e limita drasticamente le vie di impugnazione. Chi sceglie questa strada processuale deve essere consapevole che potrà contestare la sentenza solo per vizi specifici e formali, e non per questioni relative alla valutazione del giudice su elementi come la concessione delle attenuanti. La decisione serve da monito sull’importanza di una scelta consapevole e ben ponderata al momento di optare per un rito alternativo, le cui conseguenze si estendono ben oltre la definizione della pena.
È possibile fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento per qualsiasi motivo?
No. L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale stabilisce che il ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento è possibile solo per motivi specifici: questioni relative all’espressione della volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra la richiesta delle parti e la sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto, e illegalità della pena o della misura di sicurezza.
La mancanza di motivazione sul diniego delle attenuanti generiche è un motivo valido per impugnare un patteggiamento?
No. Secondo la Corte di Cassazione in questa ordinanza, la censura relativa alla carenza di motivazione sul diniego delle circostanze attenuanti generiche non rientra tra i motivi consentiti dalla legge per impugnare una sentenza emessa a seguito di patteggiamento.
Cosa succede se si propone un ricorso per patteggiamento con motivi non consentiti?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9648 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 9648 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 14/12/2023 del GIP TRIBUNALE di MILANO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; a seguito di procedura de plano
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Tribunale di Milano, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., ha applicato a NOME la pena concordemente richiesta delle parti in relazione al delitto di cui agli artt. 110-628 cod. pen.
Il suddetto imputato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo la carenza della motivazione in ordine in particolare al diniego delle circostanze attenuanti generiche.
Il ricorso è inammissibile, perché proposto con motivi non consentiti.
Ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., è possibile «proporre ricorso per cassazione contro la sentenza solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza,
all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza».
Si deve dunque dichiarare l’inammissibilità del ricorso senza formalità di procedura, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen.
Il ricorrente deve essere pertanto condannato, ex art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 9 febbraio 2024
Il Co sigliere stensore
Il Presidente