Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9050 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9050 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 12/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a TAURIANOVA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/07/2023 del GIP TRIBUNALE di MONZA
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udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
I
Con sentenza del 5 luglio 2023, il Giudice per le Indagini preliminari presso il Tribunale di Monza ha applicato a Santo Lemma, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena di anni cinque di reclusione ed euro ventimila di multa, esclusa la recidiva, per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Avverso tale sentenza – allegando vizio di legittimità – il ricorrente propone ricorso per cassazione, censurando l’omessa motivazione con riguardo alla ritenuta non applicabilità dell’art. 129 cod. proc. pen..
Il ricorso (da trattarsi ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis cod. proc. pen.) è inammissibile.
Deve invero rammentarsi che, secondo quanto previsto dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. – disposizione introdotta con la legge 23 giugno 2017, n. 103 -, il Pubblico ministero e l’imputato possono ricorrere per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato stesso, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegal della pena o della misura di sicurezza. Inoltre, l’applicazione concordata della pena postula la rinuncia a far valere qualunque eccezione di nullità, anche assoluta, diversa da quelle attinenti alla richiesta di patteggiamento ed al consenso ad essa prestato (ex multis, Sez. 5, n. 2525 del 24/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269072; Sez. 4, n. 8531 del 17/02/2022, COGNOME, Rv. 282761).
Nel caso in disamina, il ricorrente si limita a formulare deduzioni in ordine all’affermazione della responsabilità.
Non può quindi che concludersi, data la manifesta infondatezza delle doglianze, nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, equitativamente fissata in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma il 12 gennaio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente