Ricorso Patteggiamento: la Cassazione ribadisce i limiti
Il ricorso patteggiamento rappresenta uno strumento di impugnazione con confini ben definiti. Con la recente ordinanza n. 5973 del 2024, la Corte di Cassazione ha riaffermato i motivi tassativi per cui è possibile ricorrere contro una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti. Questo caso offre un’importante lezione sui limiti procedurali e sulle conseguenze di un’impugnazione presentata al di fuori dei casi consentiti dalla legge.
I Fatti del Caso
Un individuo, dopo aver concordato un patteggiamento per il reato di tentato furto aggravato in abitazione, ha deciso di impugnare la sentenza del Tribunale di Trento. Tramite il suo difensore, ha presentato ricorso per cassazione. Inizialmente, il ricorso lamentava una presunta omessa motivazione sulla concessione delle circostanze attenuanti generiche. Tuttavia, nel corpo dell’atto, la difesa cambiava strategia, contestando il mancato proscioglimento dell’imputato ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale, che impone al giudice di dichiarare d’ufficio determinate cause di non punibilità in ogni stato e grado del processo.
La Decisione della Corte e i motivi ammissibili per un ricorso patteggiamento
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su una norma specifica e cruciale per chi affronta un procedimento penale: l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa disposizione, introdotta con la riforma del 2017, stabilisce un elenco chiuso e tassativo dei motivi per cui l’imputato e il pubblico ministero possono impugnare una sentenza di patteggiamento.
I motivi ammessi sono:
1. Difetti nell’espressione della volontà dell’imputato di patteggiare.
2. Mancata correlazione tra la richiesta di patteggiamento e la sentenza emessa dal giudice.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto contestato.
4. Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza disposta.
Qualsiasi altro motivo, inclusa la richiesta di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., non rientra in questo elenco e non può, quindi, essere oggetto di un ricorso patteggiamento.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte ha spiegato che la norma introdotta nel 2017 si applica a tutti i procedimenti in cui la richiesta di patteggiamento è stata avanzata dopo il 3 agosto 2017, come nel caso di specie. Di conseguenza, la doglianza dell’imputato, relativa al mancato proscioglimento, esulava completamente dai motivi consentiti dalla legge. I giudici hanno sottolineato che non è possibile contestare in Cassazione la valutazione di merito del giudice del patteggiamento circa la sussistenza di cause di non punibilità, se non nei ristretti limiti dell’erronea qualificazione giuridica del fatto.
Inoltre, la Corte ha definito le argomentazioni della difesa come “del tutto generiche e in fatto”, rafforzando la decisione di inammissibilità. Come conseguenza diretta, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto un ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. In questo caso, l’importo è stato fissato in 4.000,00 euro, una cifra determinata equitativamente in base alla colpa della parte nel causare l’inammissibilità del ricorso.
Le Conclusioni
Questa ordinanza è un monito fondamentale: la scelta del patteggiamento implica una rinuncia a far valere determinate contestazioni nelle fasi successive del giudizio. Il ricorso in Cassazione non è una terza istanza di merito, ma un controllo di legittimità, e nel caso del patteggiamento, questo controllo è ulteriormente circoscritto a vizi specifici. L’imputato e il suo difensore devono essere pienamente consapevoli che, una volta accettato il rito speciale, le possibilità di impugnazione si riducono drasticamente ai soli casi previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. Tentare di aggirare questi limiti non solo è infruttuoso, ma comporta anche significative conseguenze economiche.
È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. L’impugnazione è consentita solo per i motivi tassativamente elencati nell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
Quali sono i motivi validi per un ricorso patteggiamento in Cassazione?
I motivi validi sono: problemi legati all’espressione della volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto, e illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Cosa succede se il ricorso contro un patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
La parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito dal giudice.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 5973 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 5 Num. 5973 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME ( CODICE_FISCALE 02AAPNV ) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/07/2023 del TRIBUNALE di TRENTO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La sentenza di patteggiamento impugnata è stata pronunziata il 28 luglio 2023 dal Giudice monocratico del Tribunale di Trento nei confronti di NOME COGNOME, tratto a giudizio per rispondere di tentato furto aggravato in abitazione.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato a mezzo del difensore di fiducia lamentando – nella premessa – omessa motivazione in punto di concessione delle circostanze attenuanti generiche, ma poi contestando, nel corpo del motivo, il mancato proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.
Il ricorso è inammissibile in quanto, a norma dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., il pubblico ministero e l’imputato possono ricorrere per cassazione contro la sentenza di patteggiamento solo per motivi attinenti all’espressione della volontà del prevenuto, al difetto di correlazione tra richiesta
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e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Tale norma, introdotta con la I. 23 giugno 2017, n. 103, a mente dell’art 1, comma 51, si applica ai procedimenti – come il presente – per i quali la richiesta di patteggiamento sia stata avanzata successivamente al 3 agosto 2017.
Ne consegue che non può essere contestato il mancato proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen., peraltro criticato con argomentazioni del tutto generiche e in fatto.
4. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della parte ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. (come modificato ex I. 23 giugno 2017, n. 103), al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di Euro 4.000,00 in favore della Cassa delle ammende, così equitativamente determinata in relazione ai motivi di ricorso che inducono a ritenere la parte in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. 13/6/2000 n.186).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 11 13/11/2023.